l’Italia diventa il primo paese palm free in Europa. Battuta la lobby industriale. Il silenzio delle istituzioni

odp1701 - 2016 
 ANNO DELL'OLIO DI PALMA

Se fossimo in Cina il 2016 verrebbe ricordato come l’anno dell’olio di palma o meglio, dell’addio all’olio di palma, in onore della scritta che compare su migliaia di prodotti alimentari venduti nei supermercati. Si tratta di una dicitura volontaria scelta dalle aziende che hanno cambiato ricette per venire incontro alle richieste dei consumatori. Un anno fa Paolo Barilla, presidente di Aidepi, lasciando intravedere un complotto promosso da ignoti, prevedeva un cambiamento di ricette, anche se la sua associazione continuava a condurre una campagna favorevole all’olio di palma. La lobby degli industriali alla fine ha perso, perché ha voluto ignorare i segnali del mercato e il lavoro di denuncia portato avanti in prima persona da Il Fatto Alimentare e da Great Italian Food Trade con i migliori nutrizionisti contro l’invasione dell’olio di palma. Per convincere gli italiani, abbiamo raccontato i fatti, abbiamo scritto che l’olio tropicale (presente sino a due anni fa nel 95% dei prodotti da forno e in moltissimi altri alimenti come il latte in polvere per neonati e i dadi da brodo) era il secondo olio più utilizzato nel paese dopo quello di oliva. Abbiamo spiegato che si tratta di un grasso di qualità mediocre a causa dell’eccessiva presenza di acidi grassi saturi, tanto da non essere venduto al supermercato e di essere sempre stato nascosto sulle etichette dietro la scritta “grassi vegetali”. Abbiamo detto che le coltivazioni di palma sono ancora realizzate distruggendo le foreste tropicali in Malesia e Indonesia uccidendo così gli oranghi. Abbiamo riportato il parere di cinque agenzie internazionali, tra cui l’Efsa e l’Istituto Superiore di Sanità italiano, che denunciava l’eccessiva presenza nella dieta delle persone e dei bambini.

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