FB IMG 1705948523049 - Recensione de I rondoni di Fernando Aramburu

Recensione de I rondoni di Fernando Aramburu

Settecentodieci pagine che s’ingurgitano a sorsate rapide – opportunamente scandite da dodici capitoli ulteriormente suddivisi in agilissimi e brevi paragrafi – e che lasciano, alla fine, ancora voglia di bere. Questo romanzo, uscito presso Guanda nel 2021, sembra corposo, sì, e invece è leggerissimo. In esso poderosi temi esistenziali – amore, morte, amicizia, genitorialità – sono trattati con la leggerezza del volo di un rondone a primavera nel cielo terso di Madrid. E’ un libro drammatico e insieme spassosissimo.
Toni è un professore di liceo cinquattraquattrenne, separato da dieci anni e con un figlio ventenne problematico e dallo stile di vita alternativo. Guadagna bene ma l’ambiente della sua scuola lo deprime, i colleghi sono odiosi, la preside è una despota esaltata dal vuoto esercizio di un potere attuato attraverso l’intimidazione dei docenti. L’unico amico di Toni è Bellagamba, soprannome che lui gli ha affibbiato a sua insaputa dopo l’amputazione di un arto a seguito dell’attentato di Atocha del 2004. L’anziana madre di Toni è malata di Alzheimer e vive in una casa di riposo; il fratello, più giovane di lui e in costante sovrappeso, nell’infanzia è stato oggetto della gelosia aggressiva e mortificante di Toni, e nell’età adulta di avversione e risentimento. Il padre, che morì quando Toni aveva appena iniziato i suoi studi universitari, era un accademico che, ai tempi della dittatura, era stato perseguitato e torturato e che più tardi divenne alcolista e tiranno in famiglia, sottoponendo la moglie a restrizioni e maltrattamenti e i figli a un tirocinio educativo improntato a maschia brutalità. Amalia è l’ex moglie di Toni: bellissima, sensuale, opportunista, destinataria di un desiderio erotico persistente e forse mai ricambiato. Toni ha anche una deliziosa cagnolina di nome Pepa, compagna inseparabile e irrinunciabile, come pure lo è, per altri versi,Tina, la sua docile e prestante bambola sessuale. In quest’ordinario e precario quadro esistenziale, la lama della riflessione filosofica allarga lo squarcio del disagio ed esaspera la ricerca di senso: «La vita è un’invenzione perversa […] Mi piacerebbe che Dio esistesse per chiedergliene conto […] Non ho intenzione di delegare alla Natura la decisione sull’ora in cui dovrò restituire gli atomi che ho avuto in prestito». La decisione, infatti, la prende lui: il 31 luglio 2019 si toglierà la vita. I dodici capitoli in cui si dipana la vicenda corrispondono ai dodici mesi che intercorrono tra la determinazione presa e la messa in atto del proposito e anche, con necessaria approssimazione etologica, tra la migrazione dei rondoni verso l’Africa e il loro ritorno nei cieli d’Europa. Intanto però accadono diverse cose che Toni comincia ad annotare su un brogliaccio. S’intensificano i ricordi legati al passato, in particolare all’infanzia, e premono certe riflessioni sulla vita e sulla morte, anche occasionate dagli autori trattati in classe con gli alunni. Continuano gli incontri con l’amico Bellagamba nel bar di Alfonso per il consueto giro di birre e per quello nuovo di intenzioni suicidarie. Alla visita settimanale al mercato rionale ora segue spesso una consumazione veloce in compagnia di Águeda. Lei è una vecchia storia di gioventù, anzi, per Toni un «episodio privo della minima rilevanza biografica». I due si sono rincontrati per caso, dopo circa un quarto di secolo, nel parco pubblico in cui stavano facendo passeggiare i rispettivi cani. Águeda ha cinquantasette anni, non si trucca, è sprovvista di un punto vita e di qualsiasi femminea attrattiva, indossa un impermeabile orribile e indumenti impataccati, chiacchiera senza tregua, è impegnata socialmente e politicamente, è generosa, ingenua, sincera. Poiché forse al politicamente corretto è ancora preclusa almeno la memorialistica domestica, sulla totale mancanza di fascinazione erotica di Águeda Toni può esprimersi così nei suoi appunti: «Costretto a scegliere, preferirei accoppiarmi con un cartello stradale»… Lei invece non lo ha mai dimenticato e tenta approcci maldestri. Con imbarazzanti e contorte anse verbali gli chiede e ottiene un bacio a stampo, gli massaggia la schiena e ne approfitta per sfiorargliela con le labbra, lo tocca continuamente con la scusa apparente di assecondare la comunicazione, fa battutine salaci… Lui sembra del tutto distaccato e unicamente attratto dal vortice del nulla. Eppure… Chissà.
I rondoni è un bellissimo romanzo pieno di tante cose senza mai il rischio della noia o della saturazione. Aramburu parla di noi, del nostro male di vivere. E lo fa spesso con ironia, attraverso trovate e battute fulminanti, strappandoci gustose risate. Risate che non seppelliscono, nonostante il fil noir, funebre, della storia. È un libro scritto benissimo, con una coerenza interna inappuntabile. Il rapporto di Toni con la cagnolina Pepa è certo uno dei punti forti del romanzo: ci lascia un’indicibile voglia di emozioni vere, di coccole, di feste, di umide effusioni, che leniscono e curano anche la solitudine di cui, circondati da tanta gente, non sappiamo di soffrire.

Cristiana Bullita

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