il creatore di E.T. e Alien
Il maestro degli effetti speciali che ha fatto sognare varie generazioni si è spento a Lamezia Terme dove viveva da dieci anni. Pittore e scultore, era entrato nel mondo del cinema quasi per caso. Vinse tre Oscar per gli effetti speciali e lavorò con grandi del calibro di Fellini, Pasolini, Lynch e Stone
ROMA – E. T. stasera, chiamando casa, non troverà più il suo papà. Carlo Rambaldi, ottantasei anni, tre premi Oscar, se n’è andato oggi, a Lamezia Terme, dove viveva da molti anni. E il mondo del cinema, con lui, perde uno degli artisti più singolari e visionari, un creatore di personaggi come ce ne sono stati pochi. Ed è stato anche uno straordinario innovatore delle tecniche di quelli che vengono ancora definiti “effetti speciali”, perché servono ad amplificare e rendere ancora più fantastica la magia del cinema.
Rambaldi è stato un maestro delle tecniche di creazione di effetti speciali realistici e di personaggi di fantasia, personaggi che con lui hanno preso vita e sono entrati a far parte dell’immaginario collettivo. E. T. ovviamente resta il più celebre ed amato, un personaggio al quale Rambaldi non ha dato soltanto un corpo ma soprattutto un’anima, un’espressività che fino ad allora nessuno era riuscito a dare ai “pupazzi” meccanici che da sempre abbiamo visto nei film. Pupazzi di un’era passata, analogica, ormai superata da quella digitale, che non ha più bisogno della creatività e dell’inventiva di geni come Rambaldi, ma di quella di programmatori in grado di far vivere personalità generate dai computer.
Per E. T., ad esempio, Rambaldi realizzò tre robot per poter girare i primi piani, due costumi che venivano indossati da attori per le scene in cui l’alieno camminava, e dei guanti per le mani, che venivano mosse da un mimo. Oggi, per ottenere gli stessi risultati si ricorre a un unico software. E questo non piaceva all’artista, che non ha mai nascosto la sua avversione per il cinema ipertecnologico: “Il digitale costa circa otto volte più della meccatronica. E.T. è costato un milione di dollari, l’abbiamo realizzato in tre mesi. Nel film ci sono circa 120 inquadrature. Se noi volessimo realizzare la stessa cosa con il computer ci vorrebbero almeno 200 persone per un minimo di cinque mesi”.
Nato a Vigarano Mainarda, in provincia di Ferrara, nel 1925, Rambaldi ha vissuto gli ultimi dieci anni a Lamezia Terme. Era profondamente legato alla Calabria, poiché la moglie Bruna ha origini crotonesi e la figlia Daniela vive anch’essa a Lamezia Terme. Laureatosi all’Accademia delle Belle Arti di Bologna nel 1951, sognava di fare l’artista. Ma fu il cinema a catturarlo, per caso, quando nel 1956 gli venne offerta la possibilità di costruire un drago per un film di fantascienza a basso budget. A Roma Rambaldi trovò la sua strada, collaborò con la televisione (suoi gli effetti speciali dell’Odissea con Bekim Fenhu) e pian piano con il cinema, coinvolto da registi piccoli e grandi, per progetti di ogni genere. Il successo vero lo conobbe nel 1975 con Profondo Rosso. Poi il grande salto, con de Laurentiis che lo volle per la relizzazione di King Kong di John Guillermin: fu il suo primo Oscar.
Da li in poi fu Hollywood la sua patria, Burbank per la precisione, dove aprì il suo laboratorio, la sua bottega. Lì per anni sviluppò progetti sempre più fantasiosi, “meccatronica” come lui ama definirla, che gli valsero altri due Oscar, quello per Alien di Ridley Scott nel 1980 e quello per E. T. di Steven Spielberg nel 1983. Ma lavorò anche con Fellini, Ferreri, Pasolini, Orson Welles, Dario Argento, David Lynch e Oliver Stone, mise a segno decine di film dell’orrore e inventò l’immagine degli alieni che noi oggi quasi consideriamo come vera in Incontri ravvicinati del terzo tipo.
E che la “verità” dei suoi effetti speciali fosse davvero fuori dall’ordinario lo dimostrò la causa intentata da un gruppo di associazioni animaliste a lui e al regista Lucio Fulci per una scena particolarmente cruenta di La lucertola con la pelle di donna, nella quale sembrava che venissero squartati dei cani. Gli animalisti erano convinti che i cani fossero stati uccisi davvero, Rambaldi dovette portare i suoi modelli in tribunale per dimostrare che non era così, talmente realistiche erano le immagini del film e i suoi pupazzi.
Carlo Rambaldi, insomma, ha saputo metterci paura, ci ha fatto sognare, ci ha fatto incontrare personaggi che altrimenti non avremmo mai pensato di poter vedere illudendoci che potessero esistere davvero, ha costruito parte del nostro immaginario, di certo quello di un paio di generazioni di appassionati di cinema che lo ricorderanno sempre per la sua genialità, per la sua inventiva, per la sua arte. ( ERNESTO ASSANTE 10 agosto 2012)
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