È morto nella sua Fermo, aveva 87 anni. Si ispirava a Robert Capa e a Henri Cartier-Bresson. Tra i suoi ritratti Castro, Aragon, Grass, Neruda, Ionesco e molti altri.

don - ADDIO 
 A DONDERO, UN FOTOGRAFO LIBERO

Mario Dondero, vera leggenda di quella fotografia che coniuga reportage con la parola umanità è morto a 87 anni nella sua Fermo. La fotografia è sempre stata per Mario una straordinaria scusa per incontrare il mondo e raccontare le mille storie della commedia umana.
Ha sempre avuto la stessa idea d’impegno civile dei grandi della storia del reportage come Robert Capa e Henri Cartier-Bresson, pensando alla fotografia come a quell’esperienza in cui bisogna «mettere sullo stesso asse, occhio, testa e cuore». Anche per questo Mario Dondero è stato un vero protagonista della cultura europea: nato a Milano nel 1928 ma di origini genovesi (di qui la sua appassionata fede per il Genoa), entra a 16 anni, nelle brigate partigiane della Val D’Ossola e non a caso gli danno il nome di battaglia «Bocia.
Poi, a Milano, è protagonista di quella stagione straordinaria del Jamaica, in cui a Brera si viveva la «vita agra», piena di speranze e sogni raccontata da Luciano Bianciardi. E già allora Dondero è a suo modo un personaggio tra Piero Manzoni, Lucio Fontana, Camilla Cederna, Ugo Mulas, Carlo Bavagnoli, Uliano Lucas, Alfa Castaldi, Gianni Berengo Gardin. (di Gianluigi Colin)

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Mario Dondero

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