Aveva 91 anni. Una carriera da giornalista, aveva diretto Noi Donne prendendo il posto di Miriam Mafai. Poi l’idea di uno sportello per denunciare la violenza “sommersa”
In tempi in cui, neppure molto tempo fa, la parola femminicidio non era certo diffusa come oggi e la violenza contro le donne, specie quella domestica, non era tema del giorno, Giuliana Massari Dal Pozzo fondò a Roma nel 1988, come sportello temporaneo del Comune, il Telefono Rosa per raccogliere le richieste di aiuto. Quella donna, drammaticamente lungimirante, è morta a Roma a 91 anni: Telefono Rosa è adesso una realtà autorevole, radicata con sedi in tutta Italia e un’attività che da accoglienza telefonica è diventata più in generale di formazione alla cultura anti-violenza di genere. Nel 2007 il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano l’aveva nominata Grande Ufficiale della Repubblica, proprio per la sua “attività meritoria” in aiuto delle donne vittime di violenza.
Le origini e le prime esperienze giornalistiche
Era nata a Siena nella contrada dell’Oca, dopo qualche tempo passato nelle redazioni dell’Unità e di Paese Sera, tra la fine degli anni 60 e i 70 aveva affiancato e poi preso il posto di Miriam Mafai, un’altra toscana, nella direzione del settimanale Noi Donne. L’organo ufficiale dell’Unione donne italiane, fondato nel 1944, viveva a partire da quegli anni il picco di diffusione, autorevolezza, punto di riferimento per le donne militanti. Con lei divenne una rivista che si scrollava di dosso l’ufficialità e anticipava i temi del femminismo ancora sotterraneo. Per oltre un ventennio, nella rubrica di posta delle lettrici, “Parliamone insieme”, Giuliana Dal Pozzo affrontò le questioni del divorzio, dell’aborto e degli anticoncezionali in un’epoca in cui era addirittura reato parlare di quella che veniva definita con una circonlocuzione “interruzione della maternità”. Nel 1969 un’inchiesta sul maschio di sinistra rompeva un altro tabù, mettendo in luce le ipocrisie della parte progressista.
La denuncia della violenza “sommersa”
Poi l’intuizione nel 1988 del Telefono Rosa, un’associazione di volontarie per le donne vittime della violenza fra le pareti domestiche e sui luoghi di lavoro. Sull’argomento pubblicò anche un libro, “Così fragile, così violento” in cui la violenza degli uomini veniva raccontata dalle donne. Era allora, più di oggi, una violenza “sommersa”, di cui non si trovava traccia nei verbali degli operatori sanitari o delle forze dell’ordine. C’erano in una stanza cinque volontarie con un quaderno e una penna ad alternarsi nell’ascolto di donne che chiamavano chiedendo aiuto da tutta Italia. Nasceva così una nuova forma di servizio sociale, prima ancora di promuovere convegni, iniziative, campagne di comunicazione dove oggi lavorano decine di volontarie, avvocate penaliste e civiliste, psicologhe, mediatrici culturali di diversa nazionalità.
Le opere più importanti
Premio Saint-Vincent per il giornalismo, la Dal Pozzo è stata anche autrice dell’enciclopedia “La donna nella storia d’Italia”, di vari saggi, di un romanzo, “Ilia di notte”, scritto con Elisabetta Pandimiglio, e del diario “La Maestra. Una lezione lunga un secolo”. I funerali si svolgeranno a Roma, nella chiesa Mater Dei, in via della Camilluccia 120, martedì 17 alle ore 10.30.
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