di Fausta Genziana Le Piane
Le sillogi poetiche di Adriana Centi sono piene di storie umane, spesso tragiche e rappresentative della condizione umana sulle quali la Poetessa si china con animo empatico rendendole magiche e universali nel tentativo di esorcizzare il dolore.
Adriana racconta la storia di tutti (Virgole e punti): si legga per esempio Ritratto, la storia di una fanciulla (fanciulla cara) che ha tutto per essere felice (braccia lunari/tendevi alla vita) ma della cui esistenza un avaro destino s’impossessa, lasciandoci di lei solo una foto ingiallita.
Su tutto e su tutti si posa una pioggerellina di malinconia e tristezza per questa vita piena di affanni e lamenti, così rapida, breve e spesso intrecciata di sofferenza, dolore e solitudine: c’è la sofferenza delle donne violate (Leso, non vibra il giovane corpo, Dolore); c’è il dolore della delusione della bimba che scopre che alla sua bambola manca il cuore (La bambola), di chi scopre di non aver vissuto abbastanza (Laddove andrò), dell’estate (Addio) o della festa (Compleanno) che finiscono, della quiete finale che allontana il fragore degli anni (L’approdo), dei giorni gettati al vento (Il carnevale della vita); c’è la solitudine – mai scelta, ma subita – della casa vuota, senza canto, della malattia e della vecchiaia (Candidi capelli e così radi/che quasi si contano, Solitudine) ecc.
Vorrei analizzare soprattutto due poesie, Nella tenue luce e Domani. Nella prima, la poetessa lancia il grido di una morte penosa, raccontata con una tale delicatezza e partecipazione da farci sentire intrusi in quella camera d’ospedale dove si consuma la vita e l’attesa delle pantofole – bellissima metafora del calore della vita.
Nella seconda, pochi tratti evocano una tragedia istantanea, uno stridere di ruote, un urto violento, un incidente capace di ribaltare in un attimo il corso di una vita racchiusa nel foglietto con scritto domani… t’aspetto – un domani che non ci sarà più.
La solitudine e la solitudine nella malattia sono frutto del nostro tempo, della sua indifferenza, e maturano silenziosamente nell’ambiente cittadino.
Già il grande Poeta francese Charles Baudelaire (1821-1867) aveva additato i mali della grande metropoli cantando nelle liriche della sua raccolta intitolata Les fleurs du mal, I fiori del male, soprattutto nella sezione Tableaux parisiens, Quadri parigini, le vittime, i deboli, i diseredatati, Les sept vieillards, I sette vecchi, Le cygne, Il cigno e Les sept vieilles, Le vecchiettine dove – in perfetta assonanza con Adriana -, cita:
Nelle pieghe sinuose delle vecchie metropoli
Ove tutto, anche il tragico, si svolge in incantesimo,
Soglio spiar, seguendo il mio fatale umore,
Delle strane creature, seducenti e decrepite.
Quei mostri sbilenchi, un tempo furon donne,
Eponina o Laide! – Mostricini ingobbiti
O distorti, bisogna amarli! Son pure anime
Sotto i panni strappati, sotto misere gonne (…) (1)
Con l’andare del tempo, nelle due ultime raccolte, Kaos e L’ultimo, sempre più la pietà (dal latino pietas) è il sentimento che induce la Centi ad amare e rispettare il prossimo. La Poetessa è in cerca di risposte e si china pensosa e con commozione sulla sorte umana indagata con stupore: i vinti (La medaglia), i diseredati, i soli, i feriti (Cappuccetto rosso), gli emarginati insomma presenti nei suoi libri, testimoniano il lungo e sofferto cammino umano. Adriana Centi va alla ricerca, come Baudelaire, di quell’anima, di quell’anima su cui la frase Domani i funerali getta la luce dell’indifferenza (che porterà via con sé anche gli animali) del mondo di oggi che calpesta e dimentica:
Ieri è venuta la Croce rossa
ha portato via la signora del primo piano
e non è più tornata.
Oggi i parenti han vuotato la casa
chiuse le imposte la porta a doppia mandata.
Domani i funerali.
Il gatto che ha capito tutto già se n’è andato
e il cane? Il cane un timidone pelo lustro
ancora tutto profumato spera in un nuovo padrone
ma nessuno lo vuole: peccato!
Una così bella bestia finirà al canile.
Ieri è venuta la Croce rossa
ha portato via la signora del primo piano
e non è più tornata. (2)
Meno male che esistono i Poeti che, con la loro sensibilità e lungimiranza, fanno sognare e contrastano un mondo di tempesta/sotto un cielo nero/dove una luna cattiva/di gelide stelle è sovrana.
Fausta Genziana Le Piane
(1) Charles Baudelaire, Les Fleurs du mal, Mursia, 1980
(2) Dalla raccolta “Kaos”
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