(con particolare riferimento al suo volume di traduzione poetica “Poesia Tedesca”)*
di Letizia Lanza

L.L. Abbiamo l’opportunità di rivolgere alcune domande al professor Claudio Angelini, critico, romanziere, poeta e traduttore di poesia. Professore, limitiamoci per il momento a quest’ultimo aspetto della sua attività di scrittore, quello cioè di traduttore di poesia. Lei ha di recente pubblicato un volume con l’editore Sovera, intitolato Poesia Tedesca, che già sembra essersi imposto all’attenzione di persone e ambienti qualificati. Vuole gentilmente parlare un po’ di lei, e dirci come ha avuto idea di questo libro?
C.A. Dirò solo qualcosa di me. Mi laureai alla Sapienza di Roma in Lettere moderne con il celebre anglista Mario Praz, dopo aver superato Lingua e Letteratura francese con Giovanni Macchia, altro grande nome, il quale mi interrogò, ricordo, su Baudelaire, che doveva diventare uno dei miei poeti prediletti. Dati anche gli esami del corso di laurea in Filosofia, ho poi insegnato nei licei, e ho cominciato alcune collaborazioni con giornali e riviste. Sin da piccolo mi sentii attratto dalla poesia, dal potere della parola, e dall’umanesimo in generale. Ho pubblicato finora una dozzina di libri, fra poesia e prosa, ottenendo anche qualche riconoscimento importante. Del resto, avevo una tradizione familiare da rispettare. Mio padre, Ennio, era stato anche lui un letterato e scrittore, che si era da giovane entusiasmato di D’Annunzio e lo aveva seguito, come legionario, nell’impresa di Fiume. Era poi divenuto un ardente ufficiale dei Bersaglieri. Suo padre, Angelo, filosofo, docente, saggista, era stato un intimo di Terenzio Mariani e Benedetto Croce.

Anche da parte della famiglia di sua madre aveva una tradizione da rispettare, vero professore?
Gli antenati Angelini erano d’origine abruzzese-marchigiana (ma io sono nato a Roma, come tutti e due i miei genitori). La famiglia materna Jero proveniva dal profondo sud. Il nonno Francesco era calabrese di Reggio, e aveva sposato una giovane appartenente alla illustre casata catanese dei Maravigna. Letterato anch’egli, fu ai suoi tempi apprezzato autore di teatro, e molti suoi drammi furono rappresentati, negli anni venti-trenta, su vari palcoscenici d’Italia. Uno dei suoi figli, Fulvio, promettente avvocato, cadde ventiquattrenne in Libia nel 41, decorato di medaglia d’oro al V.M. Quanto a mia madre Adelaide, cara dottoressa Lanza, ecco un argomento, se non erro, a cui lei è sensibile. Mia madre aveva studiato musica, ma fu soprattutto una pregevole pittrice, che, dopo avere sposato mio padre, abbandonò ogni attività per dedicarsi solamente al marito e ai figli.

È vero, questi casi mi appassionano. Comunque, per tornare a noi, professor Angelini, è molto interessante tutto ciò, ma ancora non vedo un legame con il libro di cui dovremmo parlare, quello con le sue traduzioni di poesia tedesca.
Ha ragione. Ma vede, sono tutte cose collegate. Il filosofo Angelo era tra l’altro uno studioso di lingue, classiche e moderne. Mio padre, che ebbe vari fratelli, fu forse l’unico che seguì le orme di suo padre. Conosceva anche lui le lingue classiche e le più importanti lingue moderne. A lui debbo se fin da bambino cominciai ad amare gli scrittori, italiani e stranieri. Naturalmente, gli debbo anche le prime conoscenze di lingua e letteratura tedesca. Era più che altro amante della cultura e della civiltà francese, ma indubbiamente la lingua tedesca esercitava un certo fascino su di lui; forse perché era un militare.

E com’è maturata in lei l’idea di tradurre da poeti tedeschi? Ci stava pensando da molto?
Dopo aver già tradotto poeti francesi, inglesi, spagnoli, e inoltre greci e latini, ho sentito che finalmente potevo cimentarmi con i tedeschi. Li avevo lasciati per ultimi, perché non mi sentivo ancora pronto, cioè stilisticamente tanto scaltrito da rendere graditi a orecchi italiani i valori espressivi di quella lingua, che risulta alquanto ostica ai nostri connazionali rispetto ad altre europee più familiari, quali il francese, lo spagnolo o lo stesso inglese. Certo, ero mosso anche dal desiderio di riconfermare agli italiani il grande spessore concettuale, e spirituale in senso lato, della poesia tedesca e di determinati autori, a me molto cari, ma diciamo che l’aspetto nuovo del libro è l’attenzione particolarmente riservata alle proprietà di forma e di stile di quella poesia, non sempre facili da cogliere e alquanto messe in ombra dai contenuti stessi. Ora è noto, come diceva Croce, che la poesia è unione inscindibile di forma e contenuto; una buona traduzione è quella che si sforza di mantenere e di riproporre tale unità. Non so se è il mio caso, ma posso dire che la scelta della forma isometrica, nel rendere soprattutto i valori fonici, musicali d’un testo poetico, è di grande aiuto.

La sua decisione è giunta anche in seguito a qualche circostanza favorevole, verificatasi negli ultimi tempi?
Se intende riferirsi alla successione di un papa tedesco al soglio di Pietro, sì, è probabile che abbia costituito un incentivo. Mi piace dell’attuale pontefice la densità dei concetti, la preparazione dottrinale che poggia anche su solide basi umanistiche; tra l’altro ha dato nuovo impulso al latino, che, come il tedesco, è la lingua della chiarezza e della logica. Si tratta di valori accomunanti, universali, come quelli della poesia. La nostra è l’epoca in cui la comunicazione diventa sempre più scienza di massa. Cerchiamo di farci prendere, tutti, da quanto c’è di positivo, da quanto, grazie a ciò, possa contribuire ad elevare la nostra condizione di uomini. Ovviamente l’appello alle coscienze più sensibili, in sottofondo, rimane sempre.

Professor Angelini, la ringraziamo, ed auguriamo successo al suo libro.
Molto gentile, grazie a lei.

*N.D.R per chi volesse approfondire l’argomento può collegarsi al sito http://www.claudioangelini.it

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