Ha fatto della bioedilizia e della bioarchitettura due realtà in grado di rappresentare una filiera davvero sostenibile, per l’ambiente e per i lavoratori, e per questo si merita il premio internazionale ‘Donna per l’Ambiente 2013 Mimosa d’Oro’. E’ Daniela Ducato, l’imprenditrice che il 9 marzo presso la sede dell’Unione Industriali di Parma riceve il riconoscimento ”per aver fatto della ricerca ambientale il fulcro di un progetto imprenditoriale etico e straordinariamente innovativo”, si legge nella motivazione del premio istituito dall’associazione Donne Ambientaliste e sostenuto dalle maggiori associazioni e fondazioni per l’Ambiente, come Greenpeace, Legambiente, Wwf, Fai, Donne Ambiente Italia.
Daniela Ducato ha avuto il merito di creare il polo produttivo per la bioedilizia più importante d’Italia. Un distretto di filiera che oltre a realizzare materiali ‘green’ innovativi come edilana, edilatte e ortolana, editerra, ha dato vita al protocollo ”La Casa Verde Co2.0”, unico nel suo genere nel campo dell’edilizia, aggregando oltre 40 eccellenze green della Sardegna e 32 produttori di altre regioni, allargando così la piattaforma di scambio e di condivisione di materiali, competenze e innovazioni dell’edilizia sostenibile con oltre 400 materiali prodotti ‘buoni, puliti e giusti’.
Un progetto di collaborazione e di scambio che fa guadagnare le aziende, in reputazione e in materia prima. La rivoluzione ‘verde’ parte dal linguaggio, “trasformando la parola ‘scarto’, che indica una perdita, in ‘eccedenza’, che invece indica una ricchezza”, spiega all’Adnkronos la Ducato. Le eccedenze delle aziende che fanno parte del polo invece di essere buttate via si trasformano in materia prima per altre aziende: gli scarti della lavorazione casearia vengono impiegati per la realizzazione di pitture, quelli della lavorazione del miele per farne collanti; le eccedenze di paglia dalla filiera dell’agricoltura finiscono nei prodotti per l’architettura, mentre i panifici utilizzano forni a crudo realizzati con materie naturali da un’azienda locale.
Tutto questo accade in Italia, “non perché crediamo nel km zero in sé, ma perché un aspetto poco raccontato della bioedilizia è lo sfruttamento del lavoro nei Paesi in via di sviluppo”, aggiunge. Prima regola del polo sardo: preoccuparsi di come viene realizzato un determinato prodotto, certificarne la sostenibilità di tutti i processi e dei materiali, e preferire il riutilizzo al riciclo, senza quindi impiegare altra energia per processi di smaltimento o per il trasporto.
Oltre alle materie, alle competenze, alle risorse, “il polo produttivo condivide anche la ricerca scientifica, così non si spreca denaro”, aggiunge la Ducato che, a proposito di denaro, sottolinea che le aziende che entrano a far parte del polo devono anche presentare la tracciabilità della spesa di denaro pubblico, non devono cioè comportare sprechi o eccessi di denaro pubblico, spesso non tracciabili nel settore dell’edilizia. “Se l’utilizzo fatto del denaro pubblico non è etico, l’azienda non può entrare a far parte del polo, il nostro distretto non utilizza denaro pubblico, ma cammina sulle sue gambe”.
A giugno in Korea la Ewha Womans University, l’università femminile più grande al mondo, assegnerà a Daniela Ducato il premio per le produzioni europee per la green economy con un riconoscimento speciale per l’impegno profuso a favore dei prodotti inclusivi della capacità delle donne, rispettosi del pianeta. Nella città di San Paolo del Brasile il polo produttivo di Casa Verde Co2.0 è riuscito a far nascere un originale distretto multiculturale del design, che nonostante le distanze sarà a filiera corta, ed eviterà sprechi alimentari grazie ad un uso inconsueto e innovativo della terra cruda. A marzo il più grande Network dell’Emisfero Sud del Mondo, dedicherà al progetto di Casa Verde CO2.0 un reportage sul Made in Italy dell’edilizia e inizierà il percorso in Sardegna nelle Case a Corte del Comune di Guspini dove è nata la prima idea della filiera Italia-Brasile Co2.0 a spreco zero.
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