Urge togliere di mezzo BASHAR AL-ASSAD per procedere allo sfruttamento del bacino di gas e petrolio sotto il Mediterraneo levantino…
Mediterraneo del sud est.. Nel cui sottosuolo si celano ricchezze ancora sconosciute (a noi, ma conosciute a chi sa..)
È ormai chiaro che un giacimento di petrolio e di gas si trova nelle acque del Levante mediterraneo, ed è costituito da più sacche che coprono l’est mediterraneo dal delta del Nilo alla Grecia e tutti cercano di impadronirsi della più grossa fetta possibile.
Questa scoperta promette a Israele l’indipendenza energetica per i prossimi cento anni e sta per fare da detonatore a una serie di conflitti latenti che prima affioravano periodicamente e che adesso rischiano di aumentare di intensità e rendersi permanenti.
Ad una situazione politica complicatissima da tre quarti di secolo, la sorte è andata a versarci sopra una quantità immane di petrolio e gas.
PRIMO CONFLITTO:
Esiste una Convenzione delle Nazioni Unite del 1982 sul diritto del mare che stabilisce i criteri di attribuzione delle risorse sottomarine, ma sia Israele che gli Stati Uniti rifiutarono a suo tempo di firmarlo.
Il giacimento si trova nel mare condiviso da Grecia, Turchia, Cipro, Israele, Siria e Libano, a non voler conteggiare la Palestina che con la sua striscia di Gaza può avanzare anch’essa dei diritti. Tranne Cipro che era sotto protettorato inglese e nessuno ha toccato, gli altri paesi sono divisi da contenziosi e guerre recenti o lontane.
SECONDO CONFLITTO:
Cambia completamente la situazione geopolitica del golfo persico, del Nord Africa, della Turchia, della Grecia e Cipro (e si capisce perché adesso qualcuno li vorrebbe fuori dalla U E magari per farne strame) . I gasdotti e gli oleodotti Nabucco e Southstream, si rivelano investimenti rischiosi dal punto di vista del profitto. La Russia dovrà in futuro puntare più sul mercato asiatico (India e Cina) per i suoi idrocarburi che sull’Europa mediterranea.
TERZO CONFLITTO:
Israele che è lo scopritore dei due primi giacimenti TAMAR (2009) e LEVIATHAN (2010) avanza pretese egemoniche sul tutto, mentre il Libano sostiene che il mare sotto il giacimento è anche suo.
Conviene comunque affidarsi a una cronistoria.
Tutto comincia nel 2009 con la scoperta di un giacimento, chiamato poi TAMAR (dattero in arabo e in yiddish) da parte della Noble Energy, partner texano di Israele nella ricerca sottomarina. Il ritrovamento è situato a circa 80 Km a ovest di Haifa.
Coi suoi 238 miliardi di metri cubi di gas naturale di eccellente qualità, TAMAR cambio la prospettiva energetica di Israele che fino a quel momento aveva una striminzita previsione di riserve a tre anni più un rifornimento infido dal gasdotto (40% del fabbisogno) egiziano che l’autorità egiziana del Petrolio ha appena disdettato accusando i contraenti di corruzione e di ribasso anomalo dei prezzi.
La scoperta –sempre della Noble Energy– l’anno successivo del nuovo giacimento LEVIATHAN che ha ridotto TAMAR a una pozzanghera, ha complicato enormemente il problema (prima solo Israelo-libanese) coinvolgendo tutti i paesi affacciati sul mediterraneo orientale e forse fino alla Puglia ed alla Sicilia.
A questo punto entra in ballo l’USGS (United States Geological Survey) che presenta le sue stime su LEVIATHAN.
”Le risorse petrolifere e di gas del Bacino del Levante sono stimate a 1,68 miliardi di barili e 3450 miliardi di metri cubi di gas. Inoltre, sulla base di studi e perforazioni, l’USGS ha stimato ” le riserve non ancora scoperte del Bacino del Nilo in termini di petrolio e di gas, a 1,76 miliardi di barili e a 6850 miliardi di metri cubi di gas naturale”.
Il totale delle riserve del mediterraneo orientale in totale assommerebbe a 9700 miliardi di metri cubi di gas e a 3,4 miliardi di barili.
Ed adesso passiamo alle notizie sulla Siria e scopriamo che il capo riconosciuto dell’opposizione “legittima” al governo di Assad è un tal Sheikh Ahmad Moaz al-Khatib, impiegato della Shell… Mi ricorda un qualcosa che è successo anche da noi, in Italia, dove l’impiegato di banche internazionali, un certo monti mario, è stato nominato presidente del consiglio…
Paolo D’Arpini
da Altra Calcata
LA SHELL E I “RIBELLI” SIRIANI
Totalmente sconosciuto al grande pubblico internazionale solo una settimana fa, Sheikh Moaz al-Khatib è stato nominato presidente della Coalizione nazionale siriana, che rappresenta l’opposizione filooccidentale al governo di Damasco. Descritto da una intensa campagna di pubbliche relazioni come un’alta personalità morale senza legami partigiani o economici, in realtà è sia un membro dei Fratelli musulmani che un dipendente della compagnia petrolifera Shell.
La frammentazione dell’esercito dell’opposizione siriana riflette i conflitti tra gli Stati che cercano un “cambio di regime” a Damasco. Particolarmente noto è il Consiglio Nazionale (CNS), anche noto come Consiglio di Istanbul perché è stato creato lì. Controllato con pugno mano di ferro dal DGSE francese e finanziato dal Qatar. I suoi membri, che hanno avuto il diritto di soggiornare in Francia e varie agevolazioni, sono costantemente messi sotto pressione dai servizi segreti che gli dettano qualsiasi intervento. Il Comitato di Coordinamento Locale (CCL) è formato da civili locali che sostengono la lotta armata. Infine, l’Esercito libero siriano (ELS), inquadrato principalmente dalla Turchia, incorpora la maggior parte dei combattenti, tra cui le brigate di al-Qaida. L’80% delle sue unità riconosce come guida spirituale il takfirista saudita Sheikh Adnan al-Arour.
Cercando di recuperare un ruolo egemone e di ristabilire l’ordine in questa cacofonia, Washington ha invitato la Lega Araba a convocare una riunione a Doha, per liquidare il CNS e costringere il maggior numero possibile di piccoli gruppi ad aderire a una singola struttura: la Coalizione nazionale delle forze di opposizione e della rivoluzione. Dietro le quinte, l’ambasciatore Robert S. Ford ha distribuito cariche e prebende. In ultima analisi, è emersa alla presidenza della Coalizione una personalità che non era mai stata citata dalla stampa: Sheikh Ahmad Moaz al-Khatib.
L’ambasciatore Robert S. Ford.
Robert S. Ford è considerato il massimo esperto di Medio Oriente presso il Dipartimento di Stato. E’ stato assistente di John Negroponte dal 2004 al 2006, quando il capo delle spie in Iraq applicava il metodo che aveva sviluppato in Honduras: l’uso intensivo degli squadroni della morte e dei Contras. Poco prima degli eventi in Siria, è stato nominato dal Presidente Obama ambasciatore a Damasco, insediandolo nonostante l’opposizione del Senato. Immediatamente applicava il metodo di Negroponte in Siria, con i risultati che conosciamo. La moglie dell’ambasciatore Robert S. Ford, Alison Barkley, sovrintende alla logistica dell’ambasciata degli Stati Uniti in Arabia Saudita.
Se la creazione della Coalizione nazionale serve a Washington per riprendersi il controllo dell’opposizione armata, non affronta la questione della rappresentatività. Subito le varie componenti dell’ELS si sono dissociate. In particolare, la Coalizione esclude l’opposizione ostile alla lotta armata, tra cui il Coordinamento Nazionale per il Cambiamento Democratico di Haytham al-Manna.
La scelta di Sheikh Ahmad Moaz al-Khatib risponde a un bisogno apparente: per essere riconosciuti dai combattenti è necessario che il presidente della Coalizione sia un religioso, ma per essere accettato dall’Occidente, deve apparire un moderato. Soprattutto in questo periodo di intensi negoziati, è necessario che questo presidente possa contare su forti competenze per discutere sul futuro del gas siriano, ma non deve parlarne in pubblico. Gli spin doctors statunitensi hanno subito rinnovato il fascino di Sheikh Ahmad Moaz al-Khatib. Alcuni media ne hanno già fatto un leader “modello”. Quindi, un grande giornale statunitense lo descrive come “un prodotto unico della sua cultura, come Aung San Suu Kyi in Birmania” [1].
Ecco il ritratto che ne traccia Agence France Presse (AFP):
“Lo sceicco Ahmad Al-Khatib Moaz, l’uomo del consenso. Nato nel 1960, lo sceicco Ahmad Moaz al-Khatib è un moderato religioso, un tempo imam della Moschea degli Omayyadi di Damasco, e non appartiene ad alcun partito politico. E’ questa indipendenza e la sua vicinanza a Riad Seif, ispiratore dell’iniziativa per una vasta coalizione, che ha fatto di lui un candidato ampiamente riconosciuto per la leadership dell’opposizione. Sufi dell’Islam, il religioso ha studiato relazioni internazionali e diplomazia, e non è legato ai Fratelli musulmani o a una qualsiasi forza di opposizione islamista.Più volte arrestato nel 2012 per aver chiesto pubblicamente la caduta del regime di Damasco, gli è stato proibito di parlare in moschea dalle autorità siriane, ed ha trovato rifugio in Qatar. Originario di Damasco, ha svolto un ruolo decisivo nella mobilitazione nella periferia della capitale, soprattutto a Douma, molto attiva sin dall’inizio della mobilitazione pacifica nel marzo 2011.”Shaykh al-Khatib è una figura di spicco che ha un reale sostegno popolare”, ha detto Khaled al-Zayni, membro del Consiglio nazionale siriano (CNS)” [2].
La verità è ben diversa. In realtà, non vi è alcuna prova che lo sceicco Ahmad Moaz al-Khatib abbia mai studiato relazioni internazionali e diplomazia, ma ha un retroterra ingegneristico in geofisica e ha lavorato per sei anni presso al-Furat Petroleum Company (1985-91). Questa società è una joint venture tra l’azienda nazionale e le compagnie petrolifere estere, tra cui l’anglo-olandese Shell, con il quale ha mantenuto dei legami. Nel 1992 ha ereditato dal padre, sceicco Muhammad Abu al-Faraj al-Khatib, la carica di prestigioso predicatore della Moschea degli Omayyadi. È stato subito sollevato dal suo incarico e gli è stato proibito di predicare in tutta la Siria. Tuttavia, questo episodio non accadde nel 2012 e non ha nulla a che fare con gli eventi in corso, ma avvenne venti anni fa, sotto Hafez al-Assad. La Siria allora sosteneva l’intervento internazionale per liberare il Kuwait; a parte il “rispetto del diritto internazionale”, Damasco voleva farla finita con il rivale iracheno e avvicinarsi all’Occidente. Lo sceicco, a sua volta, si era opposto a “Desert Storm” per gli stessi motivi enunciati da Usama bin Lade, al quale si richiamamava all’epoca, tra cui il rifiuto della presenza occidentale nella terra saudita, considerata un sacrilegio. Ciò lo portò a pronunciare discorsi antiebraici e antioccidentali.
Successivamente, lo sceicco ha continuato l’attività di educazione religiosa, in particolare presso l’Istituto olandese a Damasco. Ha intrapreso numerosi viaggi all’estero, soprattutto nei Paesi Bassi, Regno Unito e Stati Uniti. Infine, si stabilì in Qatar. Nel 2003-04 è tornato in Siria come lobbista della Shell per l’aggiudicazione di concessioni su petrolio e gas. Era ritornato in Siria agli inizi del 2012, per istigare il quartiere di Douma (sobborgo di Damasco). Arrestato, poi graziato, ha lasciato il paese a luglio e si è stabilito a Cairo. La sua famiglia è di tradizione sufi, ma a differenza delle pretese di AFP, è un membro dei Fratelli musulmani e l’ha anche dimostrato alla fine del suo discorso inaugurale a Doha. Con la solita tecnica della Fratellanza, adatta non solo la forma ma anche la sostanza del suo discorso al pubblico. A volte, è a favore di una società multi-religiosa, a volte per il ripristino della sharia. Nei suoi scritti ha definito il popolo ebraico come “nemico di Dio” e i musulmani sciiti come infedeli, epiteto che equivale alla condanna a morte.
In ultima analisi, l’ambasciatore Robert S. Ford ha giocato bene. Washington, ancora una volta ha ingannato i suoi alleati. Come in Libia, la Francia si è assunta tutti i rischi, ma dal grande accordo che si annuncia la Total non trarrà alcun beneficio.
Thierry Meyssan
Vedi dello stesso autore: http://www.voltairenet.org/article176737.html
NOTE:
[1] “A model leader for Syria?” editoriale del Christian Science Monitor, 14 novembre 2012.
[2] “Un religieux, un ex-député et une femme à la tête de l’opposition syrienne”, AFP, 12 novembre 2012.
http://www.eurasia-rivista.org/la-shell-e-i-ribelli-siriani/17922/
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