anais - ANAIS 
 NIN & HENRY MILLER

LA PASSIONE CHE DIVORA
di Alina Rizzi “Costruzioni Variabili

Siamo ancora capaci di vivere un’intensa storia d’amore, di lasciarci travolgere dai sentimenti, di perdere il controllo del cuore per immergerci nel delirio della passione? Di abbandonarci, come scriveva Montale recensendo “Un Amore” di Buzzati, a quel “sentimento amoroso che molti diranno patologico, ma che in realtà tutti gli uomini che non hanno gli occhi e il cuore foderato di una cotenna di lardo hanno almeno virtualmente provato” ?
Terra di incognite e tormenti, di brama e di esaltazione, la passione ha alimentato da sempre gli epistolari di poeti e scrittori che, immuni alla polvere del tempo, a noi giungono con tutta la carica poetica e sensuale che li generò.
Quelle che seguono, di Anais Nin ed Henry Miller, sono tratte dal volume “Storia di una passione” (Bompiani).

Clichy, 21 marzo 1932
Anais,
tutto quello che posso dire è che sono pazzo di te. Ho cercato di scrivere una lettera ma non ce l’ho fatta. Ti scrivo in continuazione – nella mia testa- e i giorni passano e mi chiedo che cosa penserai tu. Aspetto con impazienza di vederti. Martedì è troppo lontano. E non solo martedì – mi chiedo quando verrai e se passerai la notte con me. quando potrò averti per un bel po’? E’ un tormento per me vederti solo poche ore, e poi dover rinunciare a te. Quando ti vedo, tutto quello che avrei voluto dirti se ne va in fumo – il tempo è così prezioso e le parole sono estranee. Ma tu mi rendi così felice perché posso finalmente parlarti. Amo la tua vivacità, i tuoi preparativi di fuga, le tue gambe come una morsa, il calore fra le tue cosce. Sì, Anais, voglio smascherarti. Sono troppo galante con te. Voglio guardarti a lungo e con ardore, toglierti gli indumenti, coccolarti, esaminarti. Lo sai che ti ho guardata appena? Sei rivestita ancora di una sacralità eccessiva.
La tua lettera, ah quegli svarioni! Mi fanno sorridere. E mi inducono anche ad adorarti. E’ vero, non ti apprezzo abbastanza. Verissimo. Ma non ho mai detto che tu non apprezzi me. Devi esserci un errore, nel tuo inglese. Affermarlo sarebbe troppo egoistico da parte mia.
Anais, non so come dirti ciò che provo. Vivo in un perenne stato di attesa. Arrivi, e il tempo vola come in un sogno E’ solo quando te ne vai, che mi rendo davvero conto della tua presenza. E allora è troppo tardi. Tu mi instupidisci.
Cerco di immaginarmi la tua vita a Louveciennes, ma non ci riesco. Walter Pach? Un ebbro sogno- e a parte questo non mi piace, non so dire perché. Il tuo libro? Anche questo sembra irreale. Soltanto quando tu arrivi e ti guardo, l’immagine si fa più chiara. Ma tu te ne vai così presto – non so che pensare. Sì, vedo con chiarezza la leggenda puskinniana. ti vedo con gli occhi della mente seduta su quel trono, gioielli attorno al collo, sandali, grandi anelli, unghie dipinte, strana voce spagnola intenta a vivere una sorta di menzogna che non è proprio una menzogna, piuttosto una fiaba.
Questa sera ha indossato i miei calzoni di velluto e mi sono accorto che sono macchiati. Ma in nessun modo riesco ad associare la macchia alla principessa di Louveciennes che tien corte con chitarristi, poeti, tenori e critici. Non ho fatto molti sforzi per togliere la macchia. Ti ho rivista entrare in bagno e appoggiare la testa sulla mia spalla. Non riesco a vederti intenta a scrivere An Unprofessional Study.
Tutto questo è un po’ ebbro, Anais. Mi sto dicendo: “Ecco qui la prima donna con la quale posso essere assolutamente sincero.” Ricordo che tu mi hai detto: “Potresti ingannarmi. E io non me ne renderei conto.” Quando vado per i boulevard e ci penso – potrei ingannarti, sì, e mi piacerebbe farlo. Voglio dire che non posso mai essere completamente fedele – non è da me. Amo troppo le donne, o la vita – se le une o l’altra, non so. Ma tu ridi Anais, amo sentirti ridere. Tu sei l’unica donna che abbia il senso dell’allegria, una saggia tolleranza – semplicemente, dai l’impressione di spronarmi a tradirti. Ti amo per questo. E che cosa te lo fa fare – amore? Oh, è bello amare ed essere liberi allo stesso tempo.
Non so che aspettarmi da te, ma è qualcosa che ha del miracoloso. Intendo chiederti tutto, anche l’impossibile, perché tu mi incoraggi a farlo. Sei davvero forte. Mi piace persino il tuo inganno, il tuo tradimento. Mi sembra aristocratico. ( La parola “aristocratico” suona così male in bocca a me?)
Sì, Anais, pensavo come fare a tradirti, ma non ci riesco. Voglio te. Voglio spogliarti, involgarirti un tantino, ah non so quel che dico. Sono ubriaco perché tu non sei qui. Vorrei battere le mani e, voilà, ecco Anais. Voglio possederti, usarti. Voglio chiavarti, voglio insegnarti cose. No, non ti apprezzo, Dio me ne guardi! Forse voglio addirittura umiliarti un tantino – ma perché? perché? Perché non mi getto in ginocchio e mi limito ad adorarti? Non posso. Ti amo in allegria.
Questo ti va?
E, cara Anais, io sono tante cose. Tu ora vedi solo quelle buone – o, perlomeno, tu mi persuadi a crederlo. Ti voglio per un’intera giornata almeno. Voglio andare in giro con te, voglio possederti. Non sai quanto insaziabile io sia. O quanto vile. E quanto egoista!
Con te mi sono comportato sempre tutto ammodino. Ma ti avverto, non sono un angelo. Penso soprattutto di essere un po’ sbronzo. Ti amo. Adesso vado a letto – mi costa troppa fatica restare sveglio. Ti amo. Sono insaziabile. Ti chiederò di fare l’impossibile. Che cosa sia, non lo so. Probabilmente tu me lo dirai. Sei più svelta di me. Amo la tua fica, Anais – mi fa impazzire. E il modo con cui pronunci il mio nome! Buon Dio, è irreale. Senti, sono proprio sbronzo. Mi fa male essere qui solo. Ho bisogno di te. Posso dirti qualsiasi cosa? Posso, sì? Vieni al più presto e chiavami. Godi con me. Serrami tra le tue cosce, riscaldami.
Henry

Louveciennes, 11 giugno 1932
(Henry,)
Cose che ho dimenticato di dirti: il quena è uno strumento simile a un flauto usato dagli indios sudamericani. E’ fatto di ossa umane. Deve la sua origine all’adorazione che un indio nutriva per l’amata, e quando lei morì egli costruì un flauto con le sue ossa. Ha un suono più penetrante dei soliti flauti.
Che ti amo, e che quando mi sveglio al mattino uso la mia intelligenza per scoprire altri modi di apprezzarti.
Che quando torna June lei ti amerà di più perché io ti ho amato. Sono nuovi lauri sulla tua già coronatissima testa.
Che ti amo.
Che ti amo.
Che ti amo.
Sono diventata un’idiota proprio come Gertrude Stein. E’ questo che l’amore combina alle donne intelligenti. Non sono più neanche capace di scrivere lettere.
Anais

Achensee, 5 agosto 1932
Henry,
amor mio, fai a pezzi la lettera che ti ho spedito ieri. Tra due carezze di Hugh, ti bramo disperatamente. Bramo la tua forza e la tua dolcezza, le tue mani, ogni cosa di te, e non so più quelle che ricordo e quelle che desidero. Ma mi fa impazzire immaginare, sentire o mettere per iscritto tutto questo con il volto di Hugh costantemente interposto tra me e la carta – “Fiorellino mio, che cosa stai scrivendo? A che cosa stai pensando? – Il suo trucco è di chiedermi ogni ora o giù di lì: “Mi ami?” Tutto questo mi tormenta e mi paralizza. Questa notte ho sognato che tornavo – forse ti piacerebbe venire a Louveciennes. Sarò sola in casa. Henry, Henry, ricordo ogni cosa – la giornata nei boschi, e la notte a Clichy, e il tosaerba. (Non importa quel che tu hai detto quella notte. Voglio che tu abbia da me l’esperienza di essere amato.)
Anais

Achensee, 6 agosto 1932
Oh Henry, sono rimasta così sconvolta dalla tua lettera, stamane. Quando l’ho ricevuta, tutti i sentimenti artificialmente repressi mi hanno travolto. Il semplice tocco della lettera è stato come se tu mi avessi preso tra le braccia, e adesso puoi capire che cosa ho provato leggendola. Hai detto tutto quanto poteva toccarmi e ero bagnata e a tal punto impaziente che farò di tutto per guadagnare una giornata.
Il biglietto che ti accludo, che ti ho scritto ieri sera due ore dopo averti spedito la mia lettera, ti aiuterà a capire quel che succede. Comunque, dovresti aver ricevuto il telegramma circa allo stesso tempo. Io ti appartengo! Avremo una settimana come mai ce la siamo sognata. “Il termometro scoppierà!” Voglio sentire ancora il tumultuoso pulsare dentro di me, il sangue impetuoso, ardente, il lento, carezzevole ritmo e l’improvvisa, violenta spinta, la frenesia delle pause quando odo il suono della pioggia…e come mi sussulta nella bocca, Henry. Oh, Henry, non riesco a sopportare di scriverti – ti voglio disperatamente, voglio spalancarti le gambe, mi sciolgo e palpito. Voglio fare con te cose talmente pazzesche che non so come dirle.
Hugo mi sta chiamando. Risponderò al resto della lettera questa sera.
Anais

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