di Veronica Tosetti
Chi pensava che i cori da stadio tipo «faccela vedè», accompagnati da altri prevedibili epiteti, fossero ormai roba di altri tempi, dovrà ricredersi. Come ha dimostrato lo spiacevole caso di CRLN (si legge Caroline). Ma i problemi non riguardano solo le artiste. E c’è chi corre ai ripari
Chi pensava che i cori da stadio tipo «faccela vedè», accompagnati da altri prevedibili epiteti, fossero ormai roba di altri tempi, dovrà ricredersi. «Non siamo più nel Medioevo», ha dovuto ricordare CRLN -si legge Caroline, ed è una giovane cantante indie hip hop- a chi, il 6 agosto scorso all’Indigeno Fest di Messina, l’ha sommersa di insulti sessisti durante il suo show di apertura al concerto di Gemitaiz.
La giovane marchigiana, classe ’93, è la prima artista donna dell’etichetta hip hop MacroBeats.
E ha deciso di denunciare pubblicamente l’accaduto, ma soprattutto il «silenzio» dei colleghi maschi presenti quella sera, che hanno assistito alla scena e non sono intervenuti in alcun modo.
A mobilitarsi, invece, sono state le donne della musica, che, a tutti i livelli, si battono per ottenere spazi e abbattere i pregiudizi. Pochi giorni dopo è stata lanciata la divisione italiana di Shesaid.so, un network internazionale che esiste dal 2014 e che ha l’obiettivo di mettere in relazione tutte le donne che lavorano nell’industria musicale. Si ritiene che le donne in questo ambito siano poche, ma non è affatto così, e l’iniziativa con quest’unico scopo: «Banalmente perché l’unione fa la forza», dichiara Jeanny Ricci, co-founder e creative director di Strawboscop, agenzia di servizi in ambito musicale, già parte del gruppo di Shesaid.so a Barcellona e Berlino e promotrice del suo arrivo in Italia. «Creare un network è importante per le donne in qualsiasi contesto», continua Ricci, «e in quello della musica in particolare: non essendoci uguaglianza di genere a livello lavorativo, le donne spesso si trovano disgiunte, il che contribuisce a mantenerle in una posizione di debolezza». Fino al 2014 di quel progetto esisteva solo un sito web e forum, che poi si è esteso formando delle sedi locali: Londra è stata la prima e ne è considerata la sede, poi sono nate quelle di Barcellona, Berlino e Los Angeles. A lato degli eventi che si svolgono nel mondo (ad esempio sono stati organizzate molte iniziative sul work balance, per le donne con figli, oppure tutoring su base volontaria), online le professioniste possono scambiarsi opportunità di lavoro, richieste e collaborazioni. «Il fatto che tutto questo sia succedendo oggi non è un caso», conclude Ricci, «l’attenzione sulle questioni di genere è forte e proprio cavalcando quest’onda è possibile far udire una voce rimasta inascoltata». Proprio sulla scia delle discussioni sollevate dal caso di CRLN, il lancio è stato anticipato di qualche settimana: sul gruppo Facebook in meno di 24 ore sono arrivate quasi 200 persone, numeri che continuano a crescere. «Parlare è l’unico modo per attivare un cambiamento» è il leit motiv che ricorre tra i suoi membri. E così fanno, tutte.
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