«C’è solo un uomo a Parigi che sappia vestirsi, è Modigliani (…). E’ un fatto molto curioso: da ubriaco, non lo si vede mai sul boulevard Saint-Denis, ma sempre all’angolo tra boulevard Montparnasse e Raspail».
(Pablo Picasso)

La celebre poetessa russa Anna Achmatova (Anna Andreevna Achmatova pseudonimo di Anna Andreevna Gorenko, Bol’soj Fontan, 1889-Mosca, 1966) ebbe l’occasione di conoscere Amedeo Modigliani (Livorno, 1884-Parigi, 1920) che le fece conoscere le vieux Paris derrière le Panthéon, di notte, quando c’era la luna: “Conosceva bene la città…”, dice Anna.
Nel 1906, Modigliani si trasferì a Parigi, che all’epoca era il punto focale dell’avant-garde, dove sarebbe diventato l’espressione dell’artista tragico, creando una leggenda postuma. Sistematosi a Le Bateau-Lavoir, una comune per artisti squattrinati di Montmartre, fu ben presto occupato dalla pittura, inizialmente influenzato dal lavoro di Henri de Toulouse-Lautrec, finché Paul Cézanne cambiò le sue idee. Modigliani è famoso per il suo lavoro rapido: si dice completasse un ritratto in una o due sedute. Una volta terminati, non ritoccava mai i suoi dipinti. Eppure, tutti coloro che posarono per lui dissero che essere ritratti da Modigliani era come farsi spogliare l’anima. Nel 1909, Modigliani fece ritorno a Livorno, malaticcio e logorato dal suo stile di vita dissoluto. Non restò in Italia a lungo, e raggiunse Parigi, questa volta affittando uno studio a Montparnasse. Nel 1910 Anna arriva a Parigi e conosce Amedeo che in quel periodo vide pochissimo, solo alcune volte. Poi, nel 1911 Anna ritornò a Parigi, dopo essere rientrata in Russia, e notò in lui un grande cambiamento: “In qualche modo, era tutto incupito, dimagrito”: “Lo conobbi che era povero, tanto che non si sapeva come facesse a vivere; come artista non aveva riconoscimento alcuno. Abitava allora nell’Impasse Falguière. Era povero, così al Giardino del Lussemburgo sedevamo sempre sulle panchine, e non sulle sedie che venivano noleggiate (…). Mi parve circondato da un compatto anello di solitudine. Non ricordo che salutasse mai qualcuno, nel Giardino del Lussemburgo o nel Quartiere Latino dove più o meno si conoscevano tutti (…)”…Quando c’era la pioggia (come spesso a Parigi), Modigliani camminava con un enorme ombrello nero molto vecchio. Talvolta sedevamo sotto questo ombrello su una panchina del Giardino del Lussemburgo, pioveva, una calda pioggia estiva, vicino sonnecchiava le vieux palais à l’italienne, e noi a due voci recitavamo Verlaine, che tanto amavamo e sapevamo a memoria, felici di ricordare le stesse poesie”.
Quale fu la reciproca attrazione? Cosa li accomunò oltre all’amore per la poesia (Verlaine, Laforgue, Baudelaire, Mallarmé)?
Modigliani vedeva in Anna un’estranea semplicemente…lo colpiva più di ogni altra cosa la capacità di indovinare i pensieri, di vedere i sogni altrui, e le altre piccolezze, alle quali sono abituati coloro che la conoscono: Amedeo con lei riusciva a comunicare. “Probabilmente io e lui capivamo una cosa fondamentale: tutto quello che avveniva era per noi la preistoria della nostra vita: la sua molto breve, la mia molto lunga”. Modigliani in quel tempo scolpiva, amava gli aviatori e sognava l’Egitto. L’artista fece nove ritratti della Achmatova,

aa - ANNA 
 ACHMATOVA, AMEDEO MODIGLIANI E LE ROSE ROSSE…

disegnò la sua testa in acconciatura di regina egizia o di danzatrice: “Mi disegnava non “dalla natura”, ma a casa mia, e mi regalava questi disegni. Ne ricevetti sedici. Mi chiedeva di metterli in cornice e di appenderli, nella mia stanza di Carskoe Selo. E lì furono distrutti, nei primi anni della rivoluzione. Si salvò quello che meno degli altri fa presentire i suoi futuri “nudi”…”.
Terminiamo con un curioso aneddoto: “Una volta non fummo chiari nel fissare un appuntamento e io, passando da lui, non lo trovai a casa. Decisi allora di aspettarlo. Tenevo tra le braccia un mazzo di rose rosse. Una finestra sopra le porte chiuse del laboratorio era aperta, e da lì iniziai a gettare rose nell’atelier. Poi, senza attendere il suo ritorno, me ne andai. Quando ci incontrammo, egli mi manifestò il suo stupore: come avevo potuto penetrare nella stanza chiusa, senza la chiave? Gli spiegai quello che avevo fatto, “Non è possibile: erano sparse per terra così bene!”.

Da: Anna Achmatova, Amedeo Modigliani e altri scritti, SE, Milano, 2004

Fausta Genziana Le Piane

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