L’inizio del mondo, la colonna sonora delle prime pagine della Genesi.
È Dio stesso che agisce piano, quasi ha paura di sbagliare, si meraviglia di sé, di ciò che dal suo volere lentamente prende forma. Come se il tempo che intercorre fra l’idea e la materia che si fa mondo, si fa pregno di ripensamenti, di paura… la paura di Dio, la meraviglia di Dio!
E poi il respiro, il ventaglio di luce che s’apre sul mondo diventa la linfa che irrora la roccia, la rende fertile di vita che più non s’arresterà.
È l’uomo delle origini, che piano s’alza in piedi, incredulo di tutto ciò che vede fra i suoi piedi e l’orizzonte. Piano volge lo sguardo ora sulla terra da dove s’alza, poi più in là fra l’erba alta che fruscia, poi al vento che non si vede, e oltre oltre fin dove le nuvole prendono lo slancio verso il cielo.
E teme il primo uomo di fare il primo passo, il primo respiro, il primo gesto, si sente oppresso dall’infinito, ha pudore del suo stesso desiderio.
È il germoglio che lentamente si fa strada nel buio della roccia di fuoco, cerca un varco con tenacia, cosa cerca di preciso non sa, e si radica e sugge l’umore dalla roccia, e intanto sale in silenzio fino a raggiungere la sinfonia della luce e non è più seme ma fiore incauto e scarlatto sul nero manto di lava, incantato, ubriaco del mondo che ha intorno, richiama a sé i petali, ha pudore del suo stesso miele.
Sono gli stessi strumenti dell’orchestra, odorosi ancora di resina, timorosi di sbagliar nota, di non ricordare il suono e il silenzio della foresta dove crebbero ascoltando la sinfonia del Maestro; rispondono piano alle sollecitazioni discrete, prudenti, dei musicisti, timorosi anch’essi, preoccupati d’essere sfacciati, di coprire per troppo entusiasmo il respiro della vita che sboccia, l’eco che sale a fatica, il battiro del Creatore.
Wilma Vedruccio
La casa del sale, storie di un altro Salento, Kurumuny, 2013
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