L’esempio dell’Istituto Cerboni di Portoferraio: sospensione e lavori socialmente utili per l’alunno violento, come punizione per aver picchiato il compagno di classe
L’esterno dell’Istituto Cerboni (Il Tirreno)
Unire l’utile all’utile. A poco valgono rimproveri e note sul registro per recuperare gli studenti con comportamenti aggressivi: per la preside dell’istituto tecnico Giuseppe Cerboni di Portoferraio, sull’isola d’Elba, nulla è più rieducativo per i bulli che mandarli ad assistere i deboli, certa che il contatto con il dolore e la sofferenza di chi sta peggio possa cambiare il loro atteggiamento più di qualunque altra coercizione. Del resto la punizione, come il carcere, dovrebbe avere proprio la funzione di fornire un’altra opportunità di reinserimento, e non limitarsi all’espiazione di un castigo. E così -come riporta l’edizione online del Tirreno- un ragazzino, alla sesta nota in condotta per aver rifilato un pugno a un compagno, è stato prima sospeso dalle lezioni (misura che, magari, avrebbe anche gradito) e poi spedito al centro anziani della cittadina, gestito dalla cooperativa psichiatrica Altamarea, ad aiutare i malati di Alzheimer nelle loro piccole faccende quotidiane.
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