Camilla Cederna, ancora oggi, a 14 anni dalla sua morte e in occasione del centenario della sua nascita (il 21 gennaio 1911), fa discutere e accende gli animi, come sempre accade con le vicende, per troppi versi irrisolte, dei tragici anni ’70, di cui la giornalista dell’Espresso fu a suo modo una protagonista. La Cederna era di famiglia borghese lombarda e, dopo una laurea in Lettere Antiche che mostra gia’ un preciso impegno culturale e sociale, vista la tesi su ‘Prediche contro il lusso delle donne, dai filosofi greci ai Padri della chiesa’, esordisce come giornalista di moda sull’Ambrosiano, dove pochi ricordano che pubblica un articolo su ‘La moda nera’ che le costo’ una condanna dal tribunale della Rsi. Dopo il 1945 diventa per dieci anni redattrice all’Europeo e dal 1958 e’ inviata per il settimanale L’Espresso, sulle cui pagine diventa celebre firmando una rubrica di cronaca socio-mondana sul ‘Lato debole’ del mondo bene milanese. Con lo stesso titolo della sua rubrica, quando questa chiuse nel 1977, nacquero tre volumi (oggi antologizzati in uno, edito da Feltrinelli), che apparvero come un vero e proprio diario, ironico, illuminante e disperante sulla mediocrita’ di virtu’ e vizi nazionali. Lo stesso vale per i libri ‘La voce dei padroni’ e ‘Le pervestite’. Questo fino al 1969, anno dell’attentato alla banca dell’Agricoltura a Piazza Fontana, poi dell’accusa agli anarchici e della morte di Pinelli. Cederna mette allora al servizio di quella realta’ la sua intelligenza e indignazione di cronista. Si accorge che Milano e’ al centro di un momento caldo di cambiamenti e trame drammatiche che cambieranno il volto del nostro paese, come avverte che le verita’ ufficiale, la caccia ai mostri, e’ piena di contraddizioni e che c’e’ qualcosa da scoprire e denunciare prima che sia troppo tardi. Sta allora dalla parte di chi non ha armi per difendersi e va controcorrente. Nasce cosi’ l’inchiesta e poi il libro ‘Pinelli, una finestra sulla strage’, uscito nel 1971, nello stesso anno in cui lei e’ tra gli ispiratori della lettera aperta, pubblicata sull’Espresso, contro il commissario Luigi Calabresi e i magistrati che, secondo lei, non lo avevano tutelato. Quando nel maggio 1972 il commissario viene ucciso da alcuni terroristi, si dice legati a Lotta Continua, molti additano la giornalista come mandante virtuale, fomentatrice della campagna di odio che avrebbe portato all’agguato mortale. Il primo a dirle di tornare a occuparsi di moda e salotti fu Montanelli, cui lei rispose con un bellissimo pezzo in cui rivendicava il dovere di ogni giornalista di mettere in dubbio tutto, specie le versioni ufficiali. Sono le stesse accuse che tornano a galla periodicamente, anche in occasione del centenario. Vittorio Sgarbi nel ’91 la defini’ ”quasi la mandante” e lei lo cito’ per diffamazione, vincendo in primo grado e perdendo in appello e, nel 2005, quando lei gia’ non c’era piu’, in Cassazione. Non e’ il caso di entrare nel merito del discorso, basta ricordare quanto fossero ‘caldi’ quegli anni e spesso letti secondo schemi precostituiti, ma e’ giusto sottolineare la vitalita’, la coerenza, la serieta’, sino a pagare in prima persona, con cui questa donna si impegno’ in buona fede e sentendo il dovere di tentare comunque di capire almeno un pezzetto di verita’, mentre c’era chi la irrideva non come professionista, ma come una signora bene che stesse dando improvvisamente i numeri. Tutta la sua storia ora e’ in un volume della Rizzoli Bur appena arrivato in libreria, ‘Il mio Novecento’: trecento pagine che sono un’antologia del meglio del suo lavoro nell’arco di mezzo secolo. La donna che era in intimita’ con i potenti di allora, si ritrovo’ sola, con amici e solidarieta’ diverse, a percorrere una strada piu’ difficile, ma non arretro’ e forse qualcuno se ne approfitto’ senza che lei se ne rendesse conto. E’ forse il caso dell’inchiesta e del libro ‘Giovanni Leone – la carriera di un presidente’, scritto dopo lo scandalo Lockheed, che col suo straordinario successo contibuira’, assieme a una campagna stampa che non condusse solo la Cederna, alle dimissioni di Leone. Altri con lei e come lei, per esempio, attaccano il Capo dello Stato, i suoi affari di famiglia, moglie e figli. Istituzionalmente nessuno reagira’ mai, solo questi ultimi la porteranno in giudizio vincendo tutti e tre i gradi del procedimento, grazie a palesi errori e alle sue fonti (non tutte limpide) che, al momento buono, si rifiutarono di testimoniare. Quegli anni turbolenti passano e lei continua il suo lavoro, talmente vivo che ancora riesce a suscitare reazioni. Dall’Espresso passa al Corriere, torna al costume, ma sempre e ancor piu’ con un taglio ironico e spietato nel cercare di andare oltre le apparenze. Si dedica a rivedere quel che ha scritto e pubblica libri come ‘Casa nostra. Viaggio nei misteri d’Italia’ (1983), ‘Vicino e distante’ (1984), ‘De gustibus’ (1987) e ‘Il lato forte e il lato debole’ (1992). (ANSA Paolo Petroni, 20 GEN 11)
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