Nel febbraio del 1937 il Club Alpino Italiano – Sezione Aspromonte aveva ricevuto in concessione dal Corpo Reale del Genio Civile quello che a tutti è noto come Rifugio CAI “Riccardo Virdia”. Il Rifugio, sito in Gambarie (1.310 m. slm) a poche decine di metri dalla centrale piazza Mangeruca, era stato intitolato nel 1968 ad un socio del Club Alpino, all’epoca vicepresidente della Sezione, che aveva perso la vita per soccorrere uno sciatore in difficoltà. Per oltre mezzo secolo l’immobile è stato destinato ad usi volti alla valorizzazione della nostra montagna con manifestazioni sciistiche di ambito extraregionale, trekking, campeggi. Ha accolto spesso appassionati provenienti dalla Sicilia ed in particolare dalla vicina Messina. Senza dimenticare scopi socialmente utili su richieste di varie Amministrazioni. Fra gli altri, il Rifugio ha ospitato abitanti del comune di Africo in occasione dell’ormai tristemente nota alluvione del 1956; il Corpo Forestale dello Stato, l’Ufficio Postale, una Stazione Meteo dell’Aeronautica Militare ed altri usi di pubblica utilità. Il CAI, quindi è sempre stato attento alle problematiche e alle istanze provenienti dal territorio. Purtroppo, di recente, abbiamo dovuto constatare che la logica dello Stato, orientata più verso il profitto che non verso il sociale, si pone in contrasto con la salvaguardia delle tradizioni e di quelle Associazioni di puro volontariato che tentano di dare il loro contributo per lo sviluppo e la promozione del territorio e, in particolare, della montagna, scopo primario sancito all’art. 1 dello Statuto del CAI. Di qui la legislazione che impone alle Amministrazioni di mettere a frutto il proprio patrimonio immobiliare, talvolta senza guardare in faccia le tradizioni, la storia, i meriti e addirittura i benefici e i valori di cui alcune Associazioni sono portatrici. Se questo è il quadro sociale e normativo, ispirato alla sola logica del profitto, non possiamo biasimare gli Amministratori locali se, nel quadro del riordino del patrimonio immobiliare, dopo oltre 70 anni di assoluto disinteresse, abbiano richiesto la restituzione del Rifugio sic et simpliciter, senza proporre o accordare valide alternative, almeno nell’immediato, per aiutare il CAI nella propria opera meritoria, rivolta a grandi e piccini, di promozione della nostra montagna. In questi 70 anni invece la Sezione Aspromonte del CAI si è prodigata per la manutenzione (ordinaria e straordinaria, particolarmente onerosa in montagna), del Rifugio che, in caso contrario, oggi sarebbe uno dei tanti ruderi sparsi per l’Aspromonte.
Certamente la Sezione Aspromonte non poteva restare a guardare senza tentare di salvare una parte importante della propria storia e di quella di Gambarie. Possiamo affermare infatti, senza tema di smentita, che il CAI ha contribuito notevolmente allo sviluppo turistico di Gambarie. La stessa stazione sciistica, con i suoi contrastati impianti, è stata fortemente voluta dai soci del CAI negli anni ’50/’60, che si sono prodigati presso le varie Amministrazioni per la relativa realizzazione. Ed il Rifugio “Virdia” è stato quindi il nucleo centrale attorno al quale, per lunghissimo tempo, si è sviluppata l’azione del CAI. L’attuale presidente dott. Alfonso Picone Chiodo, i consiglieri e tutti i soci hanno ritenuto proprio dovere, una volta fallite le lunghe, onerose ed estenuanti trattative con l’Amministrazione interessata e ricevuta la massima solidarietà sia da altre Istituzioni sia anche da alcuni consiglieri provinciali, ricorrere come ultima spiaggia all’Autorità Giudiziaria, sia ordinaria che amministrativa. In un primo tempo è stato ottenuto un provvedimento di censura dell’operato dell’Amministrazione Provinciale da parte del Tribunale Amministrativo Regionale; successivamente la lentezza della giustizia e le conseguenti lungaggini processuali hanno giocato a favore dell’Amministrazione Provinciale. Constatato infine l’orientamento negativo dell’Autorità Giudiziaria Ordinaria, non restava che salvare il salvabile, con la sola certezza di avere agito in perfetta buona fede ed avere fatto quanto in proprio potere per salvaguardare un pezzo della storia del CAI e della tradizione della montagna reggina. Si è quindi raggiunto un accordo con l’Amministrazione Provinciale per concludere senza danni i procedimenti giudiziari già intrapresi ma il Rifugio “R. Virdia” è irrimediabilmente perso in favore di una fra le tante attività di ristorazione presenti in loco, che avrebbe potuto tranquillamente essere svolta in altri locali. E’ stata però quanto meno manifestata la volontà degli organi amministrativi di riprendere la collaborazione con il CAI che, in verità, negli anni pregressi alle suddette vertenze, era stata sempre proficua per entrambi. Staremo quindi a vedere se alle parole seguiranno i fatti. Intanto è bene si sappia che non esiste più nella provincia reggina alcun Rifugio del CAI e, per il momento, non esiste più un Rifugio “Riccardo Virdia”.
Chi entri in contatto con l’immobile che per tantissimi anni e per la stessa collettività è conosciuto come Rifugio CAI, sappi che non si tratta più del Club Alpino Italiano.
Nelle altre montagne calabresi continuano invece ad operare i rifugi delle sezioni di Catanzaro, Cosenza e Castrovillari che, insieme ad altre 758 strutture presenti nelle montagne italiane, offrono un totale di 22.681 posti letto.
La nostra speranza è che comunque, con l’aiuto delle istituzioni, sia possibile continuare a ricordare il sacrificio generoso di Riccardo Virdia con un segno tangibile e sia possibile riconoscere i meriti e l’attività volontaria e appassionata della locale Sezione del Club Alpino Italiano.
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