(AGENPARL) – Roma, 09 mar – “Negli istituti penitenziari femminili del Lazio Civitavecchia, Rebibbia, Latina e Paliano le donne detenute sono circa il 10% della popolazione carceraria della regione, parliamo di donne giovani, meno giovani, straniere o italiane che si sono trovate a fare i conti con la detenzione carceraria, la sanzione più severa che il nostro attuale ordinamento giuridico prevede, una realtà che Leda Colombini conosceva molto bene, tanto da dedicare a queste donne gran parte della sua vita con un amore che non è venuto mai meno”, ad affermarlo Federica De Pasquale, vice presidente della Consulta Femminile per le Pari Opportunità della Regione Lazio che ha partecipato oggi a Roma in Campidoglio all’incontro organizzato per ricordare Leda Colombini. “Quando, lo scorso 14 febbraio al Senato è stata udita nella Commissione Straordinaria per la tutela dei Diritti Umani l’Associazione ‘A Roma Insieme – Leda Colombini’ ho avuto modo di avere un quadro ancora più chiaro di quella che è l’esperienza totalizzante della detenzione carceraria, un evento che sottrae una moglie, una madre, una figlia dal proprio ambiente, per collocarla in una società alternativa. In questo contesto – sottolinea – ancora più tragico è il problema dei bambini da o a 3 anni detenuti insieme alle madri, come ho potuto constatare di persona all’interno della sezione di detenzione femminile dell’istituto di Rebibbia.
Oggi – precisa Federica De Pasquale – in Italia i bambini detenuti sono 55 e di questi 15 si trovano proprio nel carcere di Rebibbia, è mia convinzione che neppure uno solo di questi piccoli debba vivere una tale esperienza che considero come una violazione dei diritti umani. Le loro giornate fino all’età di tre anni sono scandite dai rumori e tempi del carcere e questo non possiamo più permetterlo. Occorre – conclude la vice presidente – andare oltre il concetto della detenzione negli Icam, gli istituti di custodia attenuati per le detenute madri, perché – spiega – restano comunque strutture penitenziarie. Spero che presto il Ministro della Giustizia possa dar seguito a quella parte della normativa nazionale che prevede la detenzione in strutture come le case famiglia, sicuramente luoghi più a misura di bambino, così come auspico una migliore regolamentazione per quanto riguarda i criteri per le visite e l’assistenza”, conclude.

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