CATERINA D’INGHILTERRA, REGINA RIPUDIATA
di Nadia Angelini

Non è consentito, in alcun modo, il non arrendersi a verità evolutivo-storiche che appartengono totalmente all’umana condizione di essere donna.
E’ stata una marcia faticosa, dolorosa a volte, delineata e magistralmente ottemperata, che ha prodotto resoconti che nessuno mai avrebbe reputato possibili.
Proviamo a tornare con la mente a tutti gli esempi che la storia ci propone…
Non resta che prendere atto di ciò che i nostri trascorsi insegnano.
Noi, donne di questo secolo, assai tormentato per la verità, finalmente viviamo in piena libertà di pensiero e di azione,il nostro femminile!
Ammettiamo in onestà che, sotto il nostro cielo, siamo in grado di respirare ed esprimerci nella pienezza di ogni nostro intento!
Sebbene ancora rimangano rivoli di pregiudizi, che non sono pienamente accettabili, sostanzialmente siamo parte di ogni interesse rapportabile al nostro tempo.
Mi appartiene la curiosità di ricercare storie di donne che, in positivo o in negativo, possano rappresentare esempi a cui fare riscontro per quanto riguarda il lungo viaggio che iniziò con Eva.
Ecco… Si è portati a credere che sedendo su un trono non si possa dire di avere tutto (questo non è del tutto vero neanche ai nostri giorni).
Caterina d’Inghilterra proprio per la scarsa importanza che ricopriva l’esser donna in quel tempo, fu anche colei che fu piegata ed ineluttabilmente dovette soccombere alle, a dir poco, immorali brame di suo marito Enrico VIII che le preferì la sua dama di compagnia, Anna Bolena.
La storia ci riporta la figura di una donna gentile, cristianamente educata dai suoi genitori Ferdinando ed Isabella d’Aragona, che arrivò al matrimonio con Enrico casta; sebbene avesse sposato, quasi bambina, il fratello di lui Arturo di cui Caterina restò vedova.
Questo suo primo vincolo, che nessuna traccia aveva lasciato sia nel corpo che nella sua anima, rappresentò invece un fardello del quale lei pur se innocente, portò il peso.
Costei, ferita come Regina, vide umiliata la sua femminilità,ebbe il dolore di non veder sopravvivere ai numerosi parti che tuttavia aveva sopportato, i suoi figli maschi. Non potè offrire al suo Re che una figlia femmina, della quale fu poi messa in discussione la legittimità dalla stesso padre che, per motivi di successione e per la passione che lo univa ad Anna Bolena, desiderava avere un erede maschio per il trono.
Prostrata nel suo dolore le fu dato soltanto di ribellarsi e rifiutare il convento per lasciare campo libero a colei che avrebbe preso il suo posto.
Si ritrovò a supplicare il marito pubblicamente affinché non negasse la sua verginità quando ne era divenuta sposa.
Non ebbe dall’uomo che amava alcun accento di pietà; subì l’offesa di vedere salire al trono d’Inghilterra Anna Bolena che il re sposò nel 1533, anche se il Papa Clemente VII non concesse mai l’annullamento del suo matrimonio con Caterina. EnricoVIII fu definitivamente allontanato dalla chiesa cattolica due anni dopo il suo matrimonio. Caterina, sebbene provata nel suo orgoglio non si allontanò mai più dall’Inghilterra; rimase e, sempre, rivalse i suoi diritti di legittima moglie e quelli di sua figlia Maria, futura Regina d’Inghilterra.
Si può ammirarne la fermezza d’animo, la rettitudine di pensiero,quest’amore che, a piene mani, donò all’uomo che amava… Non è neanche lontanamente accettabile la sorte che il destino le riservò.
Ha percorso il suo tempo,con il sentimento che,solo, poteva appartenerle: conservando intatta la sua dignità di donna, rivendicando i suoi diritti di madre, ma in quanto dolore!
Si, credo che sia lapalissiano il motivo che mi porta a credere che lo scorrere del tempo, l’andar dei secoli e degli accadimenti, abbiano generato forze nuove, innovatrici e più consone alla condizione femminile.
Siamo un esercito che non combatte con armi d’offesa; noi donne siamo un popolo forte e gentile.
Non più spettatrici dei nostri destini…Viviamo appieno il nostro tempo e, finalmente, possiamo misurarci alla pari (o quasi) con coloro che vivono gli stessi nostri problemi, ma che il fato ha deciso di sesso opposto.

ENRICO VIII
di Maddalena Rispoli

Dal quadro di Hans Holbein il Giovane, Enrico VIII ci guarda con aria fredda e altera, con le pupille perse nel vuoto, con la barba a completamento del viso grasso tendente al flaccido, con il collo taurino, con il naso troppo largo e dritto sulle labbra che nella parte inferiore sembrano essere risucchiate all’interno della bocca. Il tutto completato da barba e capelli rossicci di qualità molto sottile. Non c’è che dire, l’aspetto a dispetto della ricchezza degli abiti, non ispira attrazione né desiderio di alcun genere anche perché l’adipe che si indovina sotto i ricchi paludamenti non invitano a pensieri d’amore. Eppure quest’uomo è passato alla storia come uno “sciupafemmine”, un Barbablù che ebbe la possibilità di suggere i migliori fiori di splendide donne(eccezion fatta per la moglie- cognata Caterina d’Aragona) eliminandole poi ad opera compiuta. Enrico VIII non amava le donne, se ne serviva e poi le cancellava, a buon bisogno, con un sol colpo… di mannaia! Odiò anche la figlia Elisabetta perché femmina e possibile “gonnella “al trono, disgrazia che paventava moltissimo e che puntualmente si verificò poiché essa divenne regina ed applicò contro gli uomini ciò che il padre aveva fatto contro le donne.
Il Nostro nacque nel Palazzo di Greenwich il 28 giugno del 1491, secondo figlio di Enrico VII e Elisabetta di York, ad 11 anni divenne erede al trono per la morte del fratello Arturo e crebbe con il padre severo e avido il quale pensò bene, morendo, di lasciargli un tesoro reale molto ingente ed una corona ben salda. Da parte sua il giovane fu musicista completo, eccellente sportivo nel “tennis reale”, forte scommettitore e incallito giocatore di dadi, amante di splendidi edifici a cui dedicò parte delle sue sostanze. Si servì sempre di quanto poteva essergli utile ricorrendo anche ai più infamanti mezzi su cui aleggiava la morte, ottimo rimedio per i casi difficili da risolvere legalmente.
Amò il denaro e per questo procurò lo Scisma con la Chiesa di Roma mascherando la rottura con la richiesta di divorzio,rivolta direttamente al Papa e da questi prontamente negata, da Caterina d’Aragona la cui presenza era peccaminosa poiché moglie del defunto fratello e punita da Dio per la vergognosa unione con l’assenza di figli maschi. In realtà le casse dello Stato, dissanguate dalla precedente politica espansionistica e dall’aumento delle tasse avevano necessità di essere impinguate ed i possedimenti della Chiesa e dei Cattolici erano un bocconcino troppo prelibato perché Enrico VIII , da buon giocatore, non vi ponesse il bramoso occhio. Fu come fu,ogni opposizione venne repressa nel sangue ed un periodo drammatico si aprì sul suolo inglese infangato da torture e condanne a morte per i dissenzienti mentre nel 1536 una Legge del Parlamento permetteva ad Enrico di incamerare i possedimenti dei monasteri con un reddito di Lire 200. Era solo l’inizio di una razzia che si frenò solo quando si vide il fondo della botte.
Intanto con l’avidità cresceva e con essa la sua poderosa mole, tormentata da una voracità irrefrenabile che lo condusse all’obesità(la vita misurava ben 137 centimetri) a cui si aggiunse il tormento della gotta non disgiunta dalla sifilide. Una ferita alla coscia, ricevuta in una giostra del 1536, si ulcerò gradualmente portandolo alla morte il 28 gennaio del 1547 nel Palazzo di Whitehall mentre in strada il popolino, forse cantava :”Re Enrico ottavo a sei mogli fu sposato:una è morta,una superstite, due divorziate, due decapitate.”