Ogni giorno sale sui tacchi color crema e carta da zucchero, indossa il vestito acquistato a Marsiglia e con la sua bici portatrice di libri trasforma gli angoli in cui si ferma, offrendo a chi passa la possibilità di regalarsi una suggestione, una pagina, una voce
Per fare il suo mestiere bisogna conoscere la strada, imparare a capirla, a sceglierla, a percepirne gli umori. Chiara Trevisan, “lettrice vis à vis”, ogni giorno sale sui tacchi color crema e carta da zucchero, indossa il vestito acquistato a Marsiglia e inforca la sua bici: “Questi abiti sono un po’ la mia divisa. Li uso solo per lavorare. Però non sono così diversi da quelli di tutti i giorni. In fondo, in parte, sono sempre io”.
Chiara scende per le vie e le piazze di Torino, ogni giorno, meteo permettendo. Vive i suoi angoli e le persone trasportando per la città sabauda la sua libreria, catalogata, letta, pensata, diversa a seconda del periodo dell’anno, del momento. Pronta ad offrirla a chiunque sia attratto dalla sua proposta.
La lettrice vis à vis legge: per chi è abbastanza curioso da fermarsi a capire, per chi deve rispondere ad una domanda e crede nel potere della letteratura, per chi la sceglie. Due sgabelli, un carretto colmo di volumi e una scatola con titoli, concetti, frasi in cui riconoscersi. Un angolo di poesia in mezzo alla gente indaffarata per le vie del centro, tra gli acquisti del weekend, le corse al lavoro e le incombenze della vita quotidiana.
Chi si ferma probabilmente sente il bisogno di un momento magico o di affidarsi fiducioso alla scoperta di sé attraverso la lettura di un brano che in qualche modo era destino trovasse proprio lui. “La scelta è personale. A volte il momento diventa intimo. Per alcuni si trasforma in una sorta di terapia, difficile da chiudere”. Lavorare per strada vuol dire anche questo e la lettrice lo sa: “Incontro molte anime. A volte è dura mettere un limite quando la lettura permette di creare un legame, anche profondo. Capita di commuoversi insieme”.
Come ogni artista, Chiara Trevisan si scontra con il favore del pubblico, con la percezione della gente. Ci sono gli scettici che credono che il suo lavoro sia inutile, i curiosi, gli impauriti che non vogliono essere coinvolti e la guardano di sottecchi, quelli che la ringraziano per il suo coraggio di credere nella cultura. Chi riesce ad osservare senza cambiare espressione. Le hanno anche consigliato di emigrare, magari in Francia dove il suo lavoro, utile alla collettività, sarebbe pagato dalle amministrazioni locali.
Poi ci sono i maleducati che si lasciano andare a commenti e apprezzamenti che nulla hanno a che vedere con la lettura: “Ogni giorno faccio uno sforzo per convincermi a uscire perché non è facile avere a che fare con tutto questo. Ma era un sogno che avevo da tempo ed era il momento di realizzarlo”. Da dodici anni Chiara crea spettacoli ma solo da marzo si è lanciata in questo progetto. Da allora ha imparato molto su di sé e sugli altri, soprattutto l’arte di aspettare: “Ci sono giorni in cui si fermano in pochi e attendo ore. Guardare la gente, i luoghi, per me è utile. Però molto dipende dalla mia attitudine. In alcune giornate non è facile stare ferma a osservare”.
La lettrice di strada è il suo mestiere. Ha quarantun anni, è la madre separata di una bambina di undici che l’ha aiutata a scegliere le scarpe anni Trenta che compongono il suo “costume”. È una donna che lavora, con serietà e passione: “In Italia vivere di cultura e arte, che sia nei locali, a domicilio o per strada, è molto difficile. Io chiedo un’offerta libera ma devo mangiare e pagare l’affitto. La mia idea è unica nel suo genere e ci credo molto ma se non comincerà ad andare meglio sarò costretta a rinunciare”.
Le strade, insegna la “lettrice vis à vis”, di per sé non sono né belle né brutte, né buone né cattive. Dipende da cosa ci metti dentro. E anche lei, nel suo piccolo, con la sua bicicletta portatrice di libri trasforma gli angoli in cui si ferma. Offrendo a chi passa la possibilità di regalarsi una suggestione, una pagina, una voce. Tutta per sé.
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