Ecco come è cambiata la vita fuori dagli Studios
La sveglia suona presto. Del resto il caldo, la tenda e il traffico sulla Tuscolana non aiutano a dormire. Ma per gli occupanti di Cinecittà non è un problema. C’è la lotta, iniziata un mese fa, contro il piano industriale presentato dal loro presidente Luigi Abete. In piedi all’alba per cercare una via d’uscita: impedire la costruzione di un albergo, un parcheggio e un centro benessere. I racconti: “Abbiamo bisogno di autofinanziarci e lo facciamo vendendo magliette e ciack. Ma non basta” DI S. IANNO’ LE FOTO
In piedi all’alba per cercare una via d’uscita: impedire la costruzione di un albergo, un parcheggio e un centro benessere, che i lavoratori definiscono “speculazione edilizia”, mentre Abete la ritiene indispensabile per aumentare l’appeal degli Studios. Ma soprattutto per fermare la riorganizzazione aziendale che prevede lo spacchettamento della società, con i dipendenti costretti a emigrare in altri capannoni. Senza nessuna garanzia per il futuro. Per il pluripresidente anche questa scelta è inevitabile: “L’unico modo – ha spiegato nella conferenza stampa del 25 luglio alla Casa del Cinema – per non far partire le lettere di licenziamento per 50 persone che sono in esubero”.
IL “RITO” DELLA RASSEGNA STAMPA – Si parte con il caffè. E lo smog delle auto che invadono la Tuscolana. La colazione è pronta, preparata da chi ha dormito nella propria casa. La rassegna stampa, un rito irrinunciabile per capire a che punto è la lotta. Dal 4 luglio, da quando sull’ingresso degli studi cinematografici campeggia lo striscione “Cinecittà okkupata”, qualcosa è cambiato. L’appello firmato dal mondo dello spettacolo, le visite dei segretari dei maggiori sindacati (Susanna Camusso Cgil, e Angeletti Uil), l’intervento della politica. Con il prefetto Giuseppe Pecoraro che spinge per l’apertura di un tavolo di confronto e la Regione Lazio che approva una mozione per far tornare in mani pubbliche un marchio che da oltre 70 anni esporta film e cultura nel mondo.
UNA SQUADRA – Cinecittà è ormai sveglia, ognuno al suo posto per dare il proprio contributo. C’è Simona che si occupa della comunicazione, Stefano che cerca di far quadrare i conti, Patrizia addetta alla raccolta firme. Intanto è l’ora del cambio turno. E c’è chi non perde tempo e prepara un aperitivo in attesa del pranzo. Che arriva poco dopo: insalata di riso e melone, è il menù di questo torrido sabato d’agosto. Subito dopo, Stefano collega il suo i-phone alla cassa. “La musica – dice – è la mia passione”. E apre il registro delle spese. “Questa lotta – racconta – ha un costo fisico ed economico. Abbiamo bisogno di autofinanziarci e lo facciamo vendendo magliette e ciack. Ma non basta”. Qualcuno lascia una sottoscrizione, le organizzazioni sindacali promettono un contributo. Comunque poco per i 140 lavoratori senza stipendio a luglio, a causa del mese di sciopero. Il “ragioniere” è specializzato nella ristrutturazione delle pellicole. “Abbiamo restaurato Roma Città Aperta – ricorda – che gira il mondo per mostrare le tecniche per salvaguardare i film che hanno fatto la storia. Il guadagno è stato di circa 120mila euro. Ma da allora il nostro reparto è stato completamente svuotato”.
“CHIUDONO IL CINEMA PER L’INTRATTENIMENTO” – Le paure prendono corpo: “L’obiettivo – pensano in molti – è di chiudere al cinema per aprire all’intrattenimento, con la costruzione di un albergo e la creazione di una società ad hoc che realizza le scenografie per i parchi tematici” (la Cat, ndr). “Inoltre, nel corso degli anni, non sono stati ristrutturati i teatri, anche se era esplicitato nel contratto firmato nel 1997 dallo Stato – proprietario al 20 per cento degli studios – e il gruppo guidato da Abete”. Lo rivela Marcello, esperto di attrezzature e mezzi tecnici, ceduto a un’altra azienda del settore, la Panalight. C’è chi sfrutta l’ombra di un albero e organizza una partita a carte. Arriva il gelato, regalo di Willy, la gelateria di via Caio Lelio.
RACCOLTA FIRME A QUOTA 10MILA – Mentre Patrizia è all’ingresso del presidio. Il suo compito è quello di raccogliere le firme per il sostegno alla lotta. Sono a quota 10mila. “Non lo facciamo per presentare una petizione popolare, ma per dimostrare che le persone hanno a cuore questo posto, che è un luogo di cultura pubblico: un bene comune da non disperdere” afferma. Accende l’ennesima sigaretta. Da 25 anni nell’amministrazione della società, è una delle 87 persone di Cinecittà digital Factory fittate alla Deluxe, multinazionale inglese della post produzione. “Alla fine del contratto, 3 anni per i laboratori e 5 per l’audio, – racconta preoccupata Patrizia – non sappiamo che fine faremo, nessuna garanzia”. Nella conferenza stampa fiume di 10 giorni fa, Abete ha promesso che “chi non sarà assunto tornerà in via Tuscolana”. Il timore di molti è che invece passi la palla alla Deluxe, costretta a spedire le lettere di licenziamento.
L’ASSEMBLEA – Nel pomeriggio, l’assemblea: si discute in vista della riunione del martedì, quella in cui si decide se continuare o meno la lotta. Anche se in realtà il confronto è permanente. Paolo, vice responsabile della falegnameria e 20 anni in quei teatri, è incollato al computer: cerca il modo per far avere le ferie ai suoi colleghi. Per recuperare qualche soldo in busta paga. Ma non c’è alternativa: “Tre giorni fa – racconta – è arrivata la lettera del direttore generale Giuseppe Basso che sospende la concessione delle giustificandoli con i ritardi nelle lavorazioni”. Che aggiunge: “Quello che proprio non capisco è come si possa ammortizzare la spesa di circa 3milioni per l’affitto delle strutture, svuotandole e cedendo il lavoro ad altri”. E fa pensare il minimo capitale sociale della Cat: “20mila euro – continua – il costo di un carico di legno per una scenografia e fino ad ora abbiamo avuto una sola commessa per il parco sulla Pontina, quello da realizzare negli ex studi di De Laurentiis”.
LA LOTTA NON VA IN FERIE – È quasi ora di cena. Arrivano i panini e qualcuno inizia a preparare la brace. A sera, si balla, si guarda un film o si ascolta un concerto organizzato dagli attivisti del centro sociale Spartaco, che da subito hanno aderito alla lotta, fondando il comitato Cinecittà Bene Comune. È buio, chi ha il turno sa che non dormirà: è sabato e fino a tardi le auto saranno la colonna sonora della notte, che chiude questa storia di quotidiana occupazione. Non la lotta dei lavoratori di Cinecittà. Che non va in ferie. (4.08.2012)
di Santo Iannò
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