Si è tenuta a San Bassano (CR), il giorno 12 settembre 2008, la nostra prima conferenza informativa sugli effetti devastanti provocati dalle fibre di amianto ed i rischi che potrebbero sorgere se fosse realizzata la discarica di amianto nel territorio di Cappella Cantone in provincia di Cremona.
Il convegno ha avuto un ottimo risultato sia sul piano quantitativo che qualitativo.
Ha costituito anche l’occasione per stabilire alcuni rapporti politico-organizzativi con altre realtà che si occupano di questo problema e di tematiche analoghe.
Il convegno é stato introdotto da una relazione di MARIELLA MEGNA, di cui vi alleghiamo copia, e dai successivi contributi di FULVIO AURORA di Medicina Democratica,
DANIELA TROLLIO, del Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio e dell’ avv. FEDERICO RIBOLDI.
Al termine del convegno si è confermato l’impegno a lavorare per creare le condizioni affinché la discarica di materiale di amianto non sia realizzata.

Mariella Megna
per Cittadini contro l’amianto

Cittadini contro l’amianto della provincia di Cremona
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CITTADINI CONTRO L’AMIANTO
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CONVEGNO SULL’AMIANTO
San Bassano (CR), 12 settembre 2008

RELAZIONE INTRODUTTIVA
Mariella Megna

Cittadini contro l’amianto

La ditta Cavenord srl, con sede legale a Bergamo, ha intenzione di realizzare una discarica di rifiuti speciali contenenti amianto in località Cascina Retorto, comune di Cappella Cantone (CR). La località scelta é una cava di inerti in fase di esaurimento.
Quando si parla di Cavenord, o di Seraco, si parla dei Fratelli Testa. La Cavenord è una partecipata dei Fratelli Testa e la Seraco è una piccola azienda acquistata dai Fratelli Testa. La ditta Testa è in pratica l’operatore che possiede la maggiore potenzialità estrattiva dell’intera provincia di Cremona perché ha delle cave aperte nelle zone di Cappella Cantone località Retorto, San Bassano, Formigara, Santa Maria dei Sabbioni. (Per inciso la Seraco figura nel 2004 come contribuente di Forza Italia per un importo di 10mila euro).
La Regione Lombardia ha avviato il 22 agosto 2007 la procedura per il VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) con annuncio pubblicato su La Cronaca di Cremona.
I sindaci di Cappella Cantone, San Bassano, Soresina, Formigara, Casalmorano, Castelleone, oltre al consiglio e alla giunta provinciale, hanno espresso parere contrario a questa discarica. Una delegazione di amministratori comunali e provinciali ha avuto già due incontri al Pirellone con gli assessori competenti, che sono Boni della Lega e Buscemi di Forza Italia. Da questi incontri è scaturita la decisione di rinviare il tutto a fine settembre 2008. Nel frattempo sui quotidiani locali sono state pubblicate dichiarazioni di contrarietà alla discarica anche da associazioni di categoria degli agricoltori, quali la Coldiretti e Libera, e da Lameri, la multinazionale del cereale che ha due stabilimenti a San Bassano.
Queste le motivazioni sostenute dall’amministrazione provinciale davanti alla Regione Lombardia (secondo quanto dichiarato dall’assessore provinciale all’ambiente Biondi in un’assemblea pubblica) per indurla a fermare l’autorizzazione alla realizzazione della discarica:

– incoerenza con il piano cave provinciale che prevede per la zona interessata un recupero ambientale-agricolo,
– incoerenza con il piano rifiuti provinciale (che però è in attesa di approvazione da parte della Regione Lombardia) che non prevede discariche di rifiuti di amianto,
– mancanza di distanza minima tra discariche. Il piano rifiuti in attesa di approvazione prevede una distanza minima tra discariche di 5 chilometri mentre la nuova discarica sarebbe a meno di 500 metri dalla discarica ormai chiusa di rifiuti solidi della vicina frazione di Corte Madama in comune di Castelleone;
– la zona é soggetta ad allagamenti dovuti all’esondazione del Riotorto (in settembre 2007 vi è stata un’esondazione i cui danni sono stati ingenti e che ha provocato la chiusura del raccordo della Paullese proprio in prossimità della discarica in questione) e ci sono falde affioranti che alimentano il torrente Riotorto e la Roggia Montalbana (uno studio geologico era stato fatto nel 1992, commissionato dal comitato contro la discarica di rifiuti solidi di Corte Madama);
– la zona é a vocazione agro-alimentare, con coltivazioni di mais destinato alle vacche da latte. Imoltre adiacente alla discarica in progetto vi é il Parco del Serio morto che potrebbe avere come conseguenza un depauperamento;
– la coesistenza in uno stesso contesto di attività di escavazione e di discarica sono potenzialmente pericolose.

I nostri amministratori locali sono uniti e tutti contrari alla discarica, quindi, secondo loro, noi cittadini dovremmo dormire sonni tranquilli. A fine settembre ci sarà la conferenza dei servizi in cui saranno raccolti tutti i pareri degli enti coinvolti e siccome i nostri sindaci diranno NO il problema si risolverà.
Bene, la questione è molto più complessa.
I cittadini sono e devono essere gli attori principali di questa faccenda, ma in realtà sono stati scarsamente informati e stimolati alla partecipazione attiva. E’ una sorta di circolo vizioso che noi respingiamo in partenza.
Autorizzare una discarica di amianto comporta responsabilità altissime perché è in gioco la vita o la morte delle persone, oltre alla qualità della vita delle stesse. Occorre, in questo caso, “disturbare il manovratore”. Quindi, chi meglio dei cittadini stessi in prima persona possono tutelare la propria salute, controllando che altri interessi non prevalgano?
A questo punto è legittimo porsi un interrogativo: le istituzioni locali vogliono realmente impedire che in questo territorio si compia un ulteriore attentato alla salute dei cittadini?
L’esclusione sistematica dei cittadini dalle decisioni principali fa sorgere forti perplessità e preoccupazione su come è stata gestita finora la questione e su dove si voglia andare a parare.
Il sindaco di Cappella Cantone era stato informato dalla stessa ditta Testa dell’intenzione di realizzare la discarica già il 15 febbraio 2006 e anche l’amministrazione provinciale lo sapeva. Il sindaco di San Bassano è stato informato della cosa dal sindaco di Cappella Cantone nell’aprile 2006. Per cui quando è stata avviata il 22 agosto 2007 la procedura dalla Regione Lombardia, gli enti interessati avrebbero dovuto subito attivare tutti i mezzi che la legge mette a disposizione per esprimere dissenso. Per esempio, informare che il progetto è a disposizione di qualsiasi cittadino in Comune, in Provincia e in Regione e che qualsiasi cittadino ha 60 giorni di tempo dall’avviso pubblico per presentare osservazioni.
La partecipazione dei cittadini assume un ruolo rilevante nella procedura di VIA che deve considerare oltre agli aspetti tecnici e scientifici anche la molteplicità di interessi e conflitti legati alla realizzazione dell’opera. E anche le linee guida della Regione Lombardia per l’individuazione da parte delle Province delle aree per il recupero e smaltimento dei rifiuti prevede fra le altre voci “una buona accettazione da parte dei cittadini”. Questo dice la legge. NON E’ VERO che la protesta dei cittadini è controproducente o inutile e NON E’ VERO che saranno valutate nell’istruttoria solo le incongruenze normative, come qualche funzionario della Regione ha dichiarato ai nostri amministratori.
Inoltre la Regione può indire un’inchiesta pubblica a cui sono chiamati ad intervenire il Proponente dell’opera e gli Enti locali interessati e a cui può partecipare qualsiasi cittadino.Tutto questo deve avvenire però prima della conferenza di servizi che è prevista entro fine settembre.
Perché gli amministratori non ce l’hanno ancora detto?
Come partecipazione diretta dei cittadini in Regione è arrivata solo la petizione popolare con un numero ancora insufficiente di firme perché scarsamente pubblicizzata, ed avviata, per esempio, dal comune di San Bassano solo dopo l’11 marzo 2008.
Pensiamo che l’opposizione delle istituzioni locali sia condotta con insufficiente determinazione.
Lo dimostra il fatto che in ogni occasione pubblica gli esponenti delle stesse si premurano e si agitano nell’affermare l’assoluta non necessità che siano costituiti comitati di cittadini che seguano la questione.
Se non c’è un’opposizone vera, sia sul piano sociale che su quello politico, la Regione Lombardia molto probabilmente ha deciso di dare l’autorizzazione alla costruzione di questa discarica.
Ci consigliano di aspettare fino a fine settembre per vedere cosa uscirà dalla conferenza dei servizi, invece il momento di agire per i cittadini è ora e subito e siamo molto in ritardo per i motivi che ho appena spiegato.
Tutta la vicenda ha dei risvolti non chiari.
La ditta Cavenord dei Fratelli Testa aveva già cercato nel 2005 di acquisire il terreno in località Retorto per realizzare la discarica, ma aveva ricevuto il diniego del proprietario, la Fondazione Robbiani. E’ tornata poi all’attacco comprando nel 2007 il terreno adiacente da un privato, per una cifra doppia di quella di mercato e poi ha avanzato la domanda in Regione. Ci chiediamo il perché di tanta ostinazione. Si è portati a pensare che la ditta aveva già avuto delle assicurazioni sulla fattibilità della discarica.
Il progetto prevede una capienza di 200mila mc di rifiuti. Il bacino della cava Ritorto è di 850mila mc e c’è la possibilità che una volta avviato il procedimento di autorizzazione si possa ottenere un ampliamento del sito.
La Regione Lombardia prevede di smaltire da qui al 2010 circa 800 mila mc di rifiuti di amianto e allora ci chiediamo: li vorrà smaltire in gran parte qui da noi?
E ci chiediamo ancora: perché gli enti preposti al controllo e tutela del territorio non pianificano e programmano le località idonee per realizzare le discariche e poi valutano le domande, invece di lasciare ai privati la prerogativa di proporre siti a loro certo convenienti economicamente, ma non altrettanto sicuri per la salute dei cittadini?
Perché gli interessi privati devono prevalere su quelli pubblici?
La nuova discarica di Cappella Cantone sarebbe, ed è, addirittura improponibile se si osservassero le linee guida che la stessa Regione Lombardia ha emanato, con la delibera di giunta n. 8/6581 dello scorso 1 febbraio 2008, per l’individuazione da parte delle Province delle aree per il recupero e smaltimento dei rifiuti (per chi vuole documentarsi la delibera è pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia del 15 febbraio 2008, 4° supplemento straordinario). Secondo questa normativa non ci sarebbero le condizioni per garantire la tutela delle risorse idriche, un buon impatto ambientale nel medio-lungo periodo, e nemmeno la re-distribuzione della pressione ambientale all’interno del territorio lombardo, in quanto la nuova discarica di Cappella Cantone potrebbe accogliere da un terzo fino a oltre la metà dei previsti 800mila metri cubi di rifiuti di amianto da smaltire provenienti da tutta la Lombardia, sarebbe la più grande della Lombardia e tra le più grandi di Europa.
Anche a Cingia de’Botti dovevano costruire una discarica, in partenza anche più grande di quella di Cappella Cantone, ma in un mese la questione si è risolta. La Regione ha avviato la procedura il 25 aprile 2008 e l’ha chiusa il 23 maggio 2008 con la seguente motivazione: procedura non avviabile per mancanza di elementi minimi. Noi sappiamo che contro questa discarica il presidente della provincia Torchio si è subito attivato e ha dichiarato alla Provincia il 13 maggio 2008 che non è possibile avviare una discarica in un territorio che sarà interessato dalla costruzione di due autostrade.
E che dire del caso di Treviglio del 2003? 2500 cittadini hanno presentato un esposto contro il progetto di realizzazione di una discarica di rifiuti industriali speciali e cemento-amianto nell’ex cava Vailata di via Palazzo e l’ufficio VIA ha espresso parere contrario per eccessiva vicinanza alla città, falde acquifere affioranti e accesso stradale pericoloso.
Il sito scelto dai Fratelli Testa per realizzare la discarica non è sicuro, e non è vero che lo smaltimento dei rifiuti di cemento amianto non compromette la salute dei cittadini.
Non si tratta di essere pregiudizialmente contrari alle discariche di amianto. Lo sappiamo bene che una volta ricoperto, o meglio ancora, una volta chiusa la discarica il cemento-amianto non costituisce più un alto fattore di rischio per l’uomo. Ma chi afferma che la discarica di amianto non è assolutamente pericolosa dice il falso o non conosce a fondo il problema.
Il cemento-amianto è uno dei tanti rifiuti contentente amianto. E’ considerato non pericoloso perché rispetto ad altri rifiuti contenenti amianto è in matrice stabile e quindi le fibre possono dispedersi più difficilmente, ma è pur sempre un rifiuto speciale che va movimentato il meno possibile.
Il conferimento in discarica del rifiuto di amianto è una fase delicata dell’operazione di smaltimento che può produrre aerodispersione di fibre a causa, per esempio, di contenitori non bonificati o peggio ancora di involucri lesionati che all’atto dello scaricamento potrebbero perdere il loro contenuto, mettendo a rischio gli addetti della discarica, ma anche le popolazioni circostanti perché i venti trasportano facilmente e velocemente le fibre di amianto.
Le prescrizioni da seguire per smaltire il cemento amianto sono molto minuziose. Per citarne alcune: va movimentato il meno possibile, posizionato su pallets, avvolto in telo plastico resistente a strappo o, se di piccola pezzatura, in big-bag con chiusura ermetica ed etichettato con il cartello “a”, caricato ed imballato ordinato e stabile. Deve poi essere stoccato in pile che non devono superare i 3 metri di altezza, se un involucro è danneggiato deve essere subito sostituito, le ruote dei camion devono essere lavate…quindi così sicuro non è lo smaltimento del cemento-amianto.
Gli abitati di Corte Madama (frazione di Castelleone), Oscasale (frazione di Cappella Cantone) e San Bassano sono al massimo fra 1 o 2 chilometri di distanza. L’Istituto Superiore della Sanità calcola che gli effetti di una discarica siano riscontrabili dalla sua ubicazione fino ad una distanza che va da un minimo di 3 chilometri di raggio ad un massimo di 7 chilometri. In questo caso sarebbero coinvolti anche gli abitati di Formigara, Soresina, Castelleone, Casalmorano.
Il Piano Amianto della Regione Veneto prevede che la distanza dai centri abitati in relazione alla direttrice dei venti dominanti deve essere oggetto di uno specifico studio
L’art 5 della direttiva CEE 91/156 prevede che lo smaltimento dei rifiuti deve essere effettuato secondo il principio di prossimità negli impianti appropriati più vicini. Per evitare la dispersione per via aerea delle fibre di amianto, che è pericolosissima, l’amianto va smaltito il più possibile vicino al luogo dove è prodotto. Invece a Cappella Cantone cosa si vuole fare? Attivare un notevole afflusso di camion provenienti da tutte le parti della Lombardia su un’arteria a scorrimento veloce e molto trafficata (SS415 Paullese) aumentando i rischi di incidenti. Non solo. C’é da considerare anche che in vicinanza della discarica in progetto, e sempre sulla Paullese, aumenterà il traffico di camion perché è in costruzione una centrale a biomasse, nel comune di Castelleone (comune confinante). Inoltre il tragitto dalla Paullese alla discarica è molto lungo e i fattori di rischio aumentano ancora di più.
Nelle linee guida della Regione Lombardia per la gestione del rischio amianto del maggio 1998 si legge: “Il problema dello smaltimento dei rifiuti contententi amianto (RCA) deve essere gestito nell’ottica di una minimizzazione del possibile rilascio e dispersione di fibre nell’atmosfera e del contenimento dei possibili inquinamenti delle falde acquifere”.
Nel Piano Regionale Amianto Lombardia (PRAL), approvato nel dicembre 2005, si legge: “Le attività che attualmente possono generare esposizione ad amianto sono quelle di manutenzione di edifici, di impianti e macchine, di bonificia e di smaltimento.”
E la relazione della Cattedra di Medicina Legale e delle Assicurazioni dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” afferma che: “le procedure di dismissione dell’amianto, ancorché eseguite nel rispetto delle normative vigenti e, quindi, con massima protezione individuale degli addetti, potrebbe avere, comunque, determinato una abnorme dispersione di cancerogeni nell’ambiente, favorendo l’estensione della patologia alla popolazione finora considerata non a rischio.”
E ancora cito il verbale della Commissione Tecnica Provinciale per L’Ambiente della Provincia di Treviso del 9/11/04, relativo al diniego della discarica di rifiuti di amianto Falzè di Sernaglia della Battaglia, in cui si legge che “il rappresentante dell’ULSS n.7 ha sottolineato che la discarica di rifiuti di amianto va ascritta fra le attività insalubri di prima classe di cui al Testo Unico delle Leggi Sanitarie”. Inoltre l’ULSS n.7, con parere del 24/09/2003, ha scritto che “la nuova attività comporterà un peggioramento generale della qualità della vita ed un possibile incremento del rischio di salute per i residenti nei pressi del sito…Sotto il profilo del rischio connesso alla manipolazione dei materiali contenenti amianto il rischio puo’ essere apprezzabile (e quindi non nullo) anche a livello di fibre disperse inferiori al limite di rilevabilità delle metodiche di monitoraggio previste dalla norma”.
Quindi il rischio per le persone c’è in prossimità delle discariche di amianto, ma anche il danno ambientale è notevole.
Nel corso del convegno del 1999 tenutosi a Bruxelles sul problema amianto è stato evidenziato che occorre approfondire il problema del comportamento in discarica dei rifiuti di amianto a breve e a lungo termine considerando che l’amianto non si degrada. E’ quindi necessario considerare l’impatto ambientale a lunghissimo termine dello smaltimento in discarica.
Non è quindi così scontato che l’amianto non inquini e non faccia male all’ambiente, e allora diciamo assolutamente NO ad una discarica dove ci sono falde affioranti, sorgive e soprattutto in una zona a vocazione agro-alimentare.
Non ci conforta assolutamente sapere che il progetto è stato redatto da validi professionisti. Il progetto può essere valido, ma è il sito che non va bene e non abbiamo garanzie della professionalità dei gestori della discarica.
La normativa regionale prevede che le operazioni di smaltimento siano effettuate da tecnici e coordinatori in possesso di attestato di abilitazione.
I responsabili tecnici devono avere un patentino rilasciato dopo aver frequentato non meno di 50 ore di appositi corsi di formazione.
In Italia non si contano più gli esempi di incuria e degrado già documentabili per le discariche di amianto.
Un esempio eclatante è il comune di Paese in provincia di Treviso dove una discarica di amianto abbandonata a se stessa sta avvelenando gli abitanti da tre anni.
Nel 2006 é stata dichiarata illegale dal Consiglio di Stato, ma nel frattempo la società che gestiva il sito è fallita. Nel 2005 i comitati territoriali hanno inoltrato esposti ai NOE (Nuclei operativi ecologici dei carabinieri) di Treviso, e il risultato, almeno fino a dicembre 2007, è stato che ventimila tonnellate di rifiuti hanno continuato a rimanere accatastati uno sopra l’altro, riparati solo da alcuni teli, del tutto deteriorati e a diretto contatto con l’aria, in barba a tutte le norme, regole e codici di comportamento che in Italia continuano a rimanere per la più parte solo sulla carta e non producono quasi mai l’individuazione dei colpevoli e il conseguente risarcimento per i danni procurati.
E non crediamo più alla favola dei controlli.
Ci sono effettivamente diversi enti presposti al controllo dell’aria, dell’acqua e del sottosuolo, ma guardiamo vicino a noi, al caso TAMOIL di Cremona. I cittadini hanno saputo solo dopo anni e anni che i pozzi di approvvigionamento di alcune piscine erano inquinati da idrocarburi!
Il Piano Regionale Amianto Lombardia (PRAL) prevede l’installazione di apparecchi di prelievo per il monitoraggio dei livelli di concentrazione di fibre di amianto nell’aria, almeno una per provincia.Sono state installate? Sono stati resi noti i risultati?
Sempre il PRAL prevede campagne di informazione per il cittadino ad opera della Regione, delle province e dei comuni. Sono state realizzate?
Addirittura la Regione Lombardia aveva previsto somme ingenti da stanziare per la costruzione di un portale sul rischio amianto che non risulta mai essere stato attivato.
E delle procedure di emergenza da adottare in caso di rilascio accidentale di fibre di amianto nell’aria a causa di prevedibili incidenti con cadute di rifiuti di amianto, rotture dei nylon di protezione, errori umani ecc…ne vogliamo parlare visto che non ho ancora sentito nessun amministratore o politico locale che si è occupato di questi ed altri problemi enunciati?
Uno studio del 1997 a cura della Fondazione Maugeri di Pavia suggerisce che, in generale, per le discariche venga effettuata l’analisi del percolato ogni 6 mesi per accertare che nel giacimento non siano stati conferiti rifiuti differenti da quelli ammessi e, nello specifico, per quelle di amianto un’autocertificazione trimestrale relativa alle misure della dispersione nell’ambiente e alle misure dell’esposizione del proprio personale a fibre di amianto aerodisperso. Questo studio afferma che i fattori di rischio per la salute e l’ambiente sono molto bassi, ma solo se i responsabili e gli operatori della discarica organizzano e svolgono il lavoro con competenza e con mezzi adeguati. I rischi quindi esistono e, difatti, tutti gli addetti devono indossare tuta e mascherina. Ma i residenti nella zona vicino alla discarica o gli ignari automobilisti che transitano sulla Paullese, invece, come si devono proteggere in caso di incidente?
A Ivrea l’amianto è stato smaltito per lungo nei campi con falsi certificati di trasporto e falsi certificati di analisi emessi dall’azienda
Per tutti questi motivi ed altri ancora che emergeranno dagli interventi di stasera invitiamo i cittadini alla più ampia mobilitazione possibile, aderendo al nostro comitato e inviando lettere di protesta in Regione Lombardia.
Se le adesioni saranno in numero adeguato prevediamo anche di organizzare una manifestazione di protesta. Se non riusciremo a bloccare l’apertura della discarica questo dipenderà prevalentemente dalla disattenzione e sottovalutazione del problema da parte dei cittadini. Allora, a questo punto, ognuno dovrà assumersi le proprie responsabilità anche verso le generazioni future.
Noi pensamo che la lotta dovrà continuare anche nella sfortunata ipotesi che la Regione approvi il progetto. In quel caso la mobilitazione potrà prevedere anche l’occupazione del sito da parte dei cittadini della zona, contestualemente alla raccolta di firme per indurre i comuni a ricorrere al TAR.

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