(Diario di un’adultera)
(Travenbooks, dicembre 2005)
Alina Rizzi
Una recensione
di Serena Scionti
Nel 1857 Flaubert pubblica Madame Bovary; da allora, molte donne hanno letto ed emulato nella fantasia i turbamenti amorosi dell’appassionata francese. Epigona di Emma («sono una signora bovary tra tante»), la giovane donna adultera, protagonista dell’ultimo romanzo di Alina Rizzi, cita esplicitamente la sua antesignana, e con lei «le eroine di tutti i libri che aveva divorato, e la lirica legione di quelle adultere». Come Bovary si presenta quale diario scandito dai mesi, un lunario di umori femminili; protagonisti ne sono l’io narrante, l’amante Lorenzo, il marito Emilio. Accanto a loro, evocati sono Anaïs Nin e Henry Miller, Sartre e la De Beauvoir, l’amante di Marguerite Duras, Lolita, gli esteti di D’Annunzio e i romantici di Colette, fino alla Dickinson e all’infelice capinera di Verga. «Perdo tempo a fantasticare sulle vite altrui», ammette la donna, immaginando l’esito della sua storia adulterina, vissuta e contemporaneamente scritta: «la scrittura diventa un sedativo», quando la vita angoscia. «Scrivere sta diventando un’abitudine a cui non so rinunciare. Mi dà un’emozione sensuale la vista dell’inchiostro che penetra la carta immacolata». Non l’eros, è il protagonista delle pagine di Alina Rizzi, ma il pensato, il detto e lo scritto intorno alle sensazioni d’amore: l’abbandono, lo sfruttamento del corpo, il disincanto («ho imparato a non cercare atmosfere perdute che solo la letteratura sa ricreare»). Il tempo diviso fra il marito e l’amante la costringe a «vivere in equilibrio come funamboli», in una solitudine che solo raramente si appaga di gioie, poiché «l’amore è come una marea, avanza e si ritrae». L’arrogante Lorenzo, tra rieterati silenzi e gelido pragmatismo conduce in alberghetti sordidi dalla moquette consunta la sua bambolina compiacente, e «nella sua mente lui scava gallerie di insicurezza». Il gioco dell’adulterio non ha regole né vittorie, la sfida è «la tacita intesa di chi ruba istanti clandestini». L’unione con Lorenzo, che cresce tarpata come un bonsai, è «come una malattia che avvelena il sangue», una parentesi all’interno di «un matrimonio che comincia a sfaldarsi come un fiore appassito», ma che saprà ritrovare le sue radici. Emilio infatti, pur intuendone la doppia vita, sa aspettare la sua Bovary fino al finale: la moglie di Lorenzo, scoperta la relazione, intima alla rivale di sparire. Lo smarrimento costringe allora la protagonista ad un doloroso riorientamento di identità e alla costruzione di un nuovo percorso col marito, dal quale si intravede il germoglio di un figlio.
… per informazioni: Alina Rizzi
Commenti