Esiste l’opposto di misoginia? Considerato che c’è un termine per indicare gli uomini che odiano le donne, esiste anche il contrario?
Tratto dall’Accademia della Crusca
… Per indicare l’avversione morbosa per le persone di sesso maschile, già esiste, almeno da quattro decenni, il termine misandrìa, come testimoniano le edizioni relativamente recenti di alcuni vocabolari di lingua (VOLIT, il cui volume relativo porta la data 1989, ZINGARELLI dall’edizione 1997, GARZANTI 2003, GRADIT 2007, Vocabolario Treccani online; ma non Devoto-Oli 2014 e Sabatini-Coletti 2008) e GDLI (il volume in questione è datato 1978). È voce dotta, usata soprattutto nell’ambito della psicologia, risalente alla seconda metà del secolo scorso: al 1957 per ZINGARELLI 2016, al 1976 per GRADIT (per quanto, stando a Google libri, la prima attestazione risalirebbe al 1938 nel “Bollettino di filologia classica”, voll. 45-49, in riferimento alle Danaidi, come anche nel volume dell’anno successivo della stessa rivista). Non sono attestati però l’aggettivo e il sostantivo per indicare ‘relativo alla misandria, caratterizzato da misandria’ e ‘che, chi prova repulsione o una profonda avversione nei confronti delle persone di sesso maschile’, corrispondenti a misògino, che riveste entrambe le funzioni grammaticali, e a misantropico e misantropo.
È interessante notare che misogino, secondo l’Etimologico, risale al XVIII secolo e misoginia ne è derivato nel secolo successivo (anche se il DELI lo dà già attestato in A Worlde of Wordes, il dizionario anglo-italiano di John Florio del 1598) e che misantropo risale al XVI secolo, misantropico al XVIII e misantropia agli inizi dell’Ottocento (per quanto sia testimoniato un suo uso seicentesco nelle Voci italiane d’autori approvati dalla Crusca nel Vocabolario d’essa non registrate… di Gian Pietro Bergantini, come ricordato nel DELI). Quindi, a parte usi sporadici precedenti, le forme misantropo e misogino, indicanti l’individuo che ha un atteggiamento di avversione nei confronti dei suoi simili o delle donne in particolare, precedono nell’uso il sostantivo astratto.
Nel caso di misandria, molto più tardo –di almeno un secolo stando ai dizionari– rispetto a misoginia e misantropia, il rapporto parrebbe rovesciato. Ciò si verifica anche in altre lingue: in inglese misandrist (secondo l’OED attestato per la prima volta nel 1952) è successivo di quasi un secolo a misandry, la cui prima testimonianza è del 1885. In spagnolo la prima attestazione di misandria sul relativo corpus di Google libros risale al 1957 (“Misandria y misogynia no son caminos hacia Dios…” nella rivista argentina “Criterio”) e dieci anni dopo è registrata nel Diccionario bachiller: con los vocablos y disposiciones más recientes de la Academia Española, mentre misándrico, che riveste sia il ruolo dell’aggettivo sia quello di sostantivo, appare nel 1981. Diversamente in francese (cfr. Trésor de la Langue Française) misandre risalirebbe al 1970 e misandrie al 1974; sembrerebbe quindi trattarsi di forme tarde e pressoché contemporanee tra di loro. Eppure, almeno per il francese, ci sarebbe un “antenato” particolare in forma di antroponimo che risalirebbe al XVII secolo: Lucilla Spetia nel suo Riccardo Cuor di Leone tra oc e oïl (BdT 420,2) (“Cultura neolatina”, vol. 56, 1996, pp. 101-155: p. 147 n. 125), descrivendo i Fabliaux attribuiti al re d’Inghilterra: “Sono racconti di carattere seicentesco, in cui i personaggi che vivono situazioni tipiche delle favole (posseggono bacchette o vestiti magici), sono entità simboliche (si chiamano infatti Prudhomme, Longuevie, Misandre, ecc.)”. (28 Gennaio 2017)
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