di Giovanni Bignami Astrofisico
Circa un anno fa era uscita la notizia che la stella “Trappist 1” aveva intorno a sé tre pianeti molto interessanti. E’ una stellina a 40 anni luce da noi, molto “cool”, anzi “ultracool” secondo gli scopritori, nel senso che è piccola (grande come Giove) e molto fredda, tre volte più fredda del Sole. Niente di speciale: come lei ce ne sono decine di miliardi nella nostra Galassia. Di originale ha solo il nome, Trappist, ispirato alla umiltà da fraticello (trappista) del piccolo telescopio belga da 60 cm (quasi amatoriale), col quale era cominciata la ricerca, appunto alcuni anni fa.
Adesso, un anno dopo, usando i grandi telescopi europei e per ultimo il telescopio spaziale Spitzer della NASA, la stellina trappista rivela di avere intorno un totale di sette (almeno) pianeti, che girano su orbite ben allineate nello stesso piano, proprio come fanno gli otto pianeti del nostro sistema solare. E’ un sistema planetario piccolo ma molto armonico: i periodi delle orbite (gli “anni” dei pianeti trappisti, che durano in realtà solo pochi dei nostri giorni) sono multipli interi tra di loro. I periodi di rivoluzione (gli “anni”) sono, per esempio, 2, 4, 6, 9 e 12 giorni (dei nostri) per almeno cinque dei pianeti. Molto elegante. Nulla si sa sulla durata del giorno per quei pianeti: non li abbiamo ancora visti ruotare: chissà che musica suonano.
Tre trappisti hanno masse simili alla Terra
Ma almeno tre dei trappisti hanno raggi e masse simili alla Terra e sono abbastanza vicini al loro pallido solicello da ricevere la stessa energia che la Terra riceve dal Sole. Su di loro, quindi, la temperatura alla superficie potrebbe stare tra gli 0° e i 100° e quindi l’acqua (se c’è) potrebbe essere liquida. E’ la prima condizione che si richiede per dichiarare un pianeta abitabile, dove cioè la vita potrebbe svilupparsi. Anche sulla Terra la vita è nata negli oceani, quasi quattro miliardi di anni fa.
Abitabile però non vuol dire abitato: non abbiamo nessuna evidenza che ci sia vita sui tre nuovi pianeti. Se scoprissimo che hanno anche una atmosfera, avremmo un indizio in più, molto importante. Per adesso non possiamo saperlo: i nuovi pianeti sono stati scoperti solo perché visti passare davanti al disco di Trappist 1, oscurandone periodicamente la luce, anche se di molto poco. Bisogna fare ancora meglio, cioè fare la analisi spettroscopica della luce della stellina quando passa attraverso la atmosfera del pianeta.
Per questo, stiamo già costruendo la prossima generazione di telescopi, da terra e dallo spazio. Sulle Ande cilene l’Europa avrà lo Extremely Large Telescope (specchio di 40 metri (!), con forte partecipazione italiana, guidata dall’ Istituto Nazionale di Astrofisica) e tra un paio d’anni NASA ed ESA metteranno in orbita il James Webb Space Telescope, il prossimo grande telescopio spaziale. Con entrambi, sarà possibile, speriamo, capire se ci sono atmosfere e, se sì, cercare di analizzarne la composizione chimica, appunto mediante il metodo spettroscopico, uno dei maggiori strumenti della astronomia, da sempre.
Tra 10 anni la verità sui pianeti abitati
Se per esempio in una atmosfera trovassimo tracce di metano, vapor d’acqua, anidride carbonica o, perché no, di ossigeno libero, saremmo quasi sicuri della presenza di processi biologici sul pianeta. Realisticamente, tra una decina d’anni questo potrebbe succedere. E potrebbe succedere alla stessa collaborazione che ha già impostato così bene il lavoro su Trappist 1.
Sarebbe forse il miglior regalo della astronomia all’umanità: far sapere a tutti che c’è vita la fuori. Ci sentiremmo tutti più ricchi, anche se forse un po’ spaventati…Attenzione però: non si parla di ET o piccoli omini verdi, non pensiamo a vita intelligente: certamente si troveranno prima forme di vita elementari, come quelle che hanno dominato (e ancora dominano) la Terra per quasi quattro miliardi di anni.
Il più bel regalo dell’astronomia all’umanità
La vita intelligente sulla Terra è infatti un episodio recentissimo, che occupa una frazione minuscola della storia biologica (e non) del pianeta. Se è così anche per gli altri, difficile trovare ET. Ma ci stiamo attrezzando anche per questo: i grandi radiotelescopi della rete mondiale SKA (anche qui con importante partecipazione INAF) vedranno benissimo le televisioni o i radar degli aeroporti trappisti, se ci sono.
In attesa, ringraziamo la grande collaborazione internazionale di astronomi, da Liegi a Marrakesh, e poi la NASA, che adesso si presenta come la madrina della scoperta, per la tenacia nel capire questa specie di balletto di pianeti intorno ad una stellina, piccola, qualunque, ma di colpo importante.
Comments