La nuova composizione del Consiglio Superiore della Magistratura segna un nuovo arretramento per la parità di genere
di Laura Onofri
Che il tema della parità sostanziale nelle Istituzioni stia perdendo ogni giorno forza e che l’arretramento su molti diritti delle donne che ci parevano finalmente conquistati, sia così evidente, lo si deduce da tanti segnali inequivocabili, da tante notizie che ogni giorno lo confermano.
L’ultima di queste è la composizione del Consiglio superiore della magistratura, dove fra i componenti laici non c’è neanche una donna, mentre l’unica fra i togati è Maria Rosaria Sangiorgio.
Il Consiglio superiore della magistratura è composto da 27 membri e presieduto dal Presidente della Repubblica che insieme al primo Presidente e al Procuratore generale della Corte di Cassazione vi partecipano di diritto. Gli altri 24 componenti sono eletti per i 2/3 tra i magistrati ordinari tra gli appartenenti a tutte le componenti della magistratura (membri togati, 16) e per 1/3 sono nominati dal Parlamento (membri laici, 8)
Il ruolo del Consiglio superiore della magistratura è importantissimo per garantire l’indipendenza istituzionale della magistratura rispetto agli altri poteri dello Stato e la sua composizione, mista, ha proprio questa funzione: dare garanzie di indipendenza, ma al tempo evitare che la magistratura si trasformi in una specie di “casta”, separata da tutti i poteri dello Stato.
Questo ruolo così delicato, imporrebbe oggi, tempo in cui si è affermato nella società il principio della parità di genere, per il buon funzionamento di ogni organismo, ente, e istituzione, e in cui in molti casi, per dare piena attuazione al dettato costituzionale, si è legiferato per imporre meccanismi di riequilibrio per il genere sotto rappresentato (vedi legge Gofo Mosca per i CDA o le leggi per il riequilibrio della rappresentanza negli enti locali), che si modificasse la legge di istituzione del CSM per ottenere una parità nella sua composizione sia per quanto riguarda i giudici togati che per quelli laici.
E’ necessario imporre con una legge il riequilibrio di genere? Sì è necessario, come abbiamo più volte affermato. Se la politica (per quanto riguarda i giudici laici) e la magistratura (per quanto riguarda i giudici toigati), non hanno la sensibilità perchè sia rispettato il dettato costituzionale che all’art. 51 recita:
“Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.”
abbiamo il diritto come donne di pretendere un cambiamento perchè la parità in tutti gli organismi istituzionali sia rispettata.
Non è una battaglia di retroguardia, non è sicuramente, come molti dispregiativamente lo chiamano un recinto per difendere le “quote rose”: è una giusta rivendicazione per ottenere una democrazia paritaria che serva al nostro Paese per essere un Paese civile, democratico, etico ed equo: finchè non si imporrà una vera cultura di parità in cui il contributo di tutte e di tutti venga valorizzato, in ogni campo, l’Italia non crescerà e continuerà un declino che non è un destino inevitabile: abbiamo grandi risorse e opportunità femminili e come donne pretendiamo che siano valorizzate!
Laura Onofri
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