Repertorio dei matti della città di Roma
Autori Vari
C’era uno, a via XX Settembre, che diceva che stava per candidarsi a sindaco di Roma. Quando riusciva a fermare qualche passante, prima gli chiedeva i soldi e poi gli domandava se avesse bisogno di qualche favore. Diceva di conoscere un sacco di gente e, se serviva, ci poteva mettere una buona parola. Se uno aveva bisogno di un posto di lavoro all’Onu o in qualche ministero, poteva fare una telefonata, non c’era problema. Una volta aveva pure dato una mano a un tale che poi era diventato un pezzo grosso alla Banca d’Italia, solo che era meglio che queste voci non girassero troppo, quindi non era il caso di parlarne, soprattutto al telefono, che i telefoni son tutti sotto controllo, e pure per strada bisogna darsi un contegno, meglio non parlare troppo forte o andare a fare i grossi con la gente che non conosci, che poi magari sono della finanza e succede un casino. Comunque, lui c’aveva quasi sempre bisogno di soldi, perché doveva metter su un progetto sulla mobilità che se gli andava in porto, a Roma, cambiava tutto, e poi si sarebbe potuto andare al lavoro in bicicletta in dieci minuti, come a Bologna, solo che eri a Roma. Anche se abitavi a Fregene e lavoravi al Circo Massimo, alle brutte dieci minuti ed era fatta. Era un progetto che se passava, Roma non sarebbe stata più Roma, diventava Bologna, alle brutte Fregene.
Il Repertorio dei matti della città di Roma è stato scritto da: Flavio Balzano, Gaspare Bitetto, Simona Caleo, Andrea Cardoni, Roberta Clementoni, Flora Farina, Francesca Fiorletta, Giorgio Galli, Matteo Girardi, Stefano Maria Girardi, Emanuela Lancianese, Antonio Migliore, Flavia Montecchi, Flavio Paioletti, Fabiana Sargentini, Margherita Schirmacher, Mara Terranuova.
Gli incontri per la stesura del Repertorio dei matti della città di Roma si sono tenuti alla Liberia Altroquando, in via del Governo vecchio, 80, tra marzo e maggio del 2015.
Paolo Nori
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Repertorio dei matti della città di Roma | Marcos y Marcos
Repertorio dei matti della citt?…
(Come nascono i Repertori dei matti nelle varie città)
«Qualche mese fa ero a Genova a fare un seminario di letteratura, a me a Genova, non so perché, la gente, mi sembrano tutti un po’ squinternati, e ai ragazzi che facevano il seminario, quando ho letto dei pezzi dal Repertorio dei pazzi della città di Palermo, di Roberto Alajmo, ho chiesto ai ragazzi che facevano il seminario Ma perché non fate il Repertorio dei pazzi della città di Genova? E dopo, il giorno dopo son tornato a Bologna, a guardarmi intorno a Bologna ho pensato che anche a Bologna, c’era pieno di squinternati e mi sono chiesto Ma perché non facciamo il Repertorio dei pazzi della città di Bologna? E ho immaginato che si sarebbe potuto fare un corso di scrittura, non so come dire, senza sentimento, perché il repertorio dei pazzi mi sembra vada scritto come l’ha scritto Alajmo, come se non intervenissero i sentimenti, con il tono degli elenchi di Perec (il Mi ricordo, o Alcune delle cose che dovrei pur fare prima di morire, o, addirittura, il Tentativo d’inventario degli alimenti liquidi e solidi che ho ingurgitato durante l’anno millenovecentosettantaquattro). Bisognerebbe, ho pensato, raccogliere una quindicina di persone (massimo venti), per due fine settimana, sei ore al giorno, 24 ore in tutto di un corso dove si ragioni di queste scritture prive di sentimento, se così si può dire (penso alle cronache medievali, in particolare alla Cronaca di Fra Salimbene, a Il diario intimo di Sally Mara di Raymond Queneau, a La coda di Vladimir Sorokin, a I remember di Joe Brainard e alle sue varie riscritture, da quella di Perec, Je me souviens, a quella, italiana, di Matteo B. Bianchi, Mi ricordo), paragonandole anche alle scritture sentimentali (mi vengono in mente i testamenti di Essendo capace di intendere e di volere del notaio De Matteis, Vite sbobinate, di Alfredo Gianolio, La banda dei sospiri, di Gianni Celati, o, anche, le Lettere di condannati a morte della resistenza italiana). E durante questi due fine settimana, e tra i due fine settimana e subito dopo i due fine settimana i partecipanti si documenterebbero, nei bar, nelle biblioteche, sui posti di lavoro, per reperire il materiale da trasformare poi, sul modello del libro di Alajmo, nel repertorio dei pazzi della città in cui sono.
A me piace il fatto che questo corso, pur assicurando la pubblicazione (si fa una specie di libro collettivo) toglie di mezzo la questione della personalità degli esordienti che è una questione, a volte, complicata, e mi sembra anche bello il fatto che si farebbero dei libri che sarebbero dei piccoli libri di storie, minime, laterali, ma, forse, memorabili, delle città in cui viviamo e che i partecipanti per un po’ sarebbero trasformati, mi viene da dire, in cronisti medievali della contemporaneità».
Paolo Nori
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