evpo - Consulta delle Donne Wanda Montanelli

di Angelo Gaccione
Biografia, diario, libro di memorie, saggio, messa a punto di una stagione storico-politica irripetibile? Questo nuovo libro di Elio Veltri è molte cose assieme perché è un libro multiforme in cui più generi e formule vi fanno irruzione, compreso un certo gusto per la narrazione e la letteratura. Qua e là affiorano descrizioni di visioni, scorci, profumi, sapori, umori, nostalgie, personaggi, che hanno a che fare con la poesia, e poetica è la lingua dialettale che fa capolino qua e là. Non è un paese per onesti, sottotitolo: Storia e storie di socialisti perbene, è un libro denso e pieno di fatti, ricco com’è di eventi e personaggi pubblici molti dei quali consegnati alla storia del secolo scorso. Perché attraversa un arco temporale di tutto rispetto, e perché la temperie dentro cui fatti e personaggi si situano, è stata una delle più esaltanti, drammatiche, scandalose e infine deludenti della storia politica italiana. Dal punto di vista in cui si situa Veltri e a consuntivo finale, può con fierezza dare conto di aver bene operato. Ma ha potuto ben operare non solo perché l’insegnamento del rigoroso ed onestissimo padre Agamennone (azionista prima e socialista per tutta la vita poi) è stato eticamente impeccabile, ma perché egli stesso ha concepito la propria esistenza e il proprio ruolo sociale come parte integrante di quelle idee e di quell’insegnamento ricevuti. Di quell’insegnamento verificato nel concreto della quotidianità minuta fatta di dedizione agli altri e di solidarietà, che da quel sentire e da quelle idee discendono e sono nutrite. Dedizione agli altri e alla propria comunità che finisce per divenire essenza umana prima che istanza politica. Su queste basi Veltri ha potuto ricostruire e forgiare il proprio io che è divenuto un abito consustanziale al suo sentire interiore e al suo stesso operare sociale.
La deriva di personaggi insospettabili, anche di indubbio valore intellettuale, nella conduzione della Cosa Pubblica, è dovuta al venir meno di questa tensione, dell’allentarsi di questi capisaldi. I soli che, restando a presidio del proprio operare e del proprio agire, ne possono preservare integra la moralità e la missione. Attraversare indenne da scandali un’intera vita pubblica, in un Paese che ha edificato su scandali e corruzione il suo DNA, può apparirci miracoloso. Si tenga conto che quando entra nel Partito Socialista Italiano nel 1957, Veltri non ha ancora vent’anni. Sindaco di Pavia lo diventa a 38, ma prima, già nel 1964, era stato eletto Consigliere comunale di quella stessa città e di anni ne aveva appena 26. E poi ci saranno gli anni da Consigliere regionale e quelli da parlamentare nazionale. Ripeto: attraversare a testa alta un excursus così lungo, circondato poi da un clima che vedrà una parte del PSI (il più antico e glorioso partito progressista italiano) immerso in quella cloaca maleodorante fatta di scandali e ruberie (quella da noi battezzata come la componente socialosca); che rema contro il tuo stesso programma, ostile alle tue stesse battaglie amministrative per la difesa degli interessi collettivi contro i particolarismi di pochi; per la salvaguardia del bene pubblico, di una qualità di vita migliore per tutti e con una attenzione vigile verso i più deboli, vuol dire avere introiettato in ogni fibra e in ogni idea il concetto che Licurgo, nel suo intransigente pamphlet Contro Leocrate, vuole imprimere nella coscienza dei suoi concittadini: “L’amministrazione di una città consiste nella custodia che ciascuno ne fa per la sua parte”. In questa cura consiste la nobiltà che un uomo pubblico può rivendicare a risarcimento, e di cui può andare fiero alla fine della sua missione. È questo onore che lo riscatta e lo rende prezioso agli occhi della città e dei suoi stessi avversari, se ha ben operato. Veltri questo onore lo ha avuto e i suoi concittadini lo ricordano con rispetto. Di quanti oggi possiamo dirlo? Chi si immergerà nella lettura di queste oltre 300 pagine, potrà vedere l’impegno quotidiano, le battaglie dell’Amministrazione per la custodia della città e dei suoi beni, per impedirne il sacco, lo stravolgimento, la cancellazione delle memorie che l’arte e la storia le hanno consegnato. I confronti pubblici, il coinvolgimento dei cittadini, gli scontri, fino a fare assurgere la materia del contendere, a bene prezioso che travalica gli stessi ambiti locali e nazionali per farsi bene prezioso, paradigma, modello a cui guardare. Ma non c’è in questa visione comunitaria e sociale, solo il terreno e il cemento; lo spazio urbano ed extraurbano da tutelare da una miope riduzione a pura merce e a profitti: c’è la scuola e ci sono i servizi, c’è il disagio e c’è la salute, c’è la qualità della vita e c’è la cultura. Si può resistere a tutte le intemperie e a tutti i rovesci alla sola condizione che chi Amministra non rivendichi nulla per sé, allora si diventa indistruttibili; dicendo le verità più scomode e non perdendo mai il contatto con gli uomini concreti e i loro bisogni. Finiranno sempre, quest’ultimi, per distinguere ciò che è sporco e ciò che sporco non è; ciò che utile a tutti da ciò che lo è solo per pochi. È stata qui la forza dell’uomo pubblico Elio Veltri e del suo successo, ed è per ciò che la lettura di questa straordinaria esperienza andrebbe resa obbligatoria a quanti, soprattutto di questi tempi, si trovano da neofiti ad amministrare la Cosa Pubblica a vari livelli.
Il titolo del libro è sconsolatamente tragico nella sua verità, e tuttavia non possiamo gettare la spugna. Come ci ammonisce Hannah Arendt un uomo rinserrato nel privato è morto per lo spazio pubblico e dunque non è di alcuna utilità al suo tempo, ai suoi simili e alla città. Un esempio luminoso per questa speranza può venirci dalle bellissime commoventi pagine che l’autore ha dedicato al padre scomparso. La sua vita pur costellata da mille difficoltà e ostacoli, in tempi oltremodo difficili, in una terra dura e scandalosamente bella, non è mai scesa a patti con la propria coscienza. Non se n’è giammai dovuto vergognare. Anche i momenti più bui non ne hanno potuto piegare lo spirito. Sono pagine, queste, piene di abnegazione, di un uomo e di un professionista che ha lasciato un ricordo indelebile di sé ad altri uomini e ad altre donne che continuano a ricordarlo con struggente affetto e devota riconoscenza. Agamennone ci ha insegnato col suo magistero che una vita operosa, dignitosa, onesta e morale (sono parole sue), non è mai sprecata, per quanto numerosi e protervi siano i suoi nemici. Troverà sempre il suo trionfo perché una vita così caparbiamente riaffermerà il suo valore.
Il libro di Veltri è godibile perché vive di tanti momenti anche privati. Racconta dei suoi affetti più cari e della donna che ha condiviso per questo lungo tempo, la sua passione pubblica. Questa donna è Tilde, sposa e madre da oltre mezzo secolo, conosciuta a Longobardi ancora adolescente. Si può dire che in loro si sono fusi passioni e destino, e forse è questo che rende possibile e straordinarie certe vite.

Elio Veltri
Non è un paese per onesti.
Storia e storie di socialisti perbene
Falsopiano Edizioni 2016

[Pubblicato su “Odissea” nella rubrica ‘Officina’ martedì 3 gennaio 2017] www.libertariam.blogspot.it

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