Qualche decennio fa, spinta da una passione letteraria per Jean Genet uno scrittore di cui pochi ancora ricordano il nome, mi trovai a ripercorrere i luoghi parigini in cui era ambientato il suo più popolare romanzo: Notre dame des fleurs e a fotografarne i dettagli. La ringhiera gelata della Rue Berthe, il palazzone dove sorgeva la soffitta di Divina, il piccolo cimitero di Montmartre, dove esisteva una tomba senza nome, ornata da una piccola aiuola di violette, il fiore prediletto dalla protagonista.
Anni dopo è venuto Woody Allen con il suo struggente Midnight in Paris e in mezzo, chissà quanti altri scrittori, musicisti, fotografi, artisti hanno tracciato le vie della Parigi del cuore.
Nessuno, però, con la Grazia letteraria che contraddistingue Luigi La Rosa.
Quel nome è amore è un libro-passaporto per un viaggio infinito. Un libro denso di idee, ricordi, percorsi; una guida e un libro di memorie, un raccolto di passioni, di dolori, di genialità; è una biografia multipla e segreta di uomini e donne che hanno segnato un’epoca, la più bella che mai l’Europa (l’occidente) abbia conosciuto, quella che non ritornerà mai più, ma che non smetterà di splendere e affascinare chiunque.
Tutto nasce da un libro dimenticato sul metrò da un seducente giovane il cui fascino che vale l’inseguimento e tutta la storia che ne scaturirà. Così pensa l’autore che parla in prima persona e come primo si coinvolge in questo sogno che attimo dopo attimo si tramuta in una serie di realtà fantastiche descritte con uno stile capace di evoluzioni di immaginario e con una scrittura che s’accende delle prime note decadenti per poi trasformarsi in una personalissima creazione di parole, atmosfere e istanti. Musicali.
Non mi piace riassumere il contenuto dei libri. I libri vanno letti parola dopo parola, ai libri ci si deve abbandonare senza immaginare cosa accadrà alla pagina successiva, ma in Quel nome è amore ci sono incontri che non si può fare a meno di offrire al lettore che, ad un tratto, ci si troverà immerso, zuppo di ricordi e di domande, sferzato da onde che lo depositeranno su spiagge probabilmente sconosciute.
La ricerca del bel proprietario del libro dimenticato fa sì che l’autore torni a Parigi, una città amata che, giorno dopo giorno lo chiama a sé e, cominciando da un piccolissimo indizio, parta alla ricerca di quest’uomo di cui sa solo l’iniziale del nome: B. Ogni indicazione lo porta in un diverso quartiere di Parigi, dove riesce a raccogliere solo nuove tracce, ma riceve in dono il bene di visioni passate che lo introducono fra personaggi magnifici per i quali noi tutti sentiamo nostalgia, proviamo affetto e non ci viene mai a mancare la curiosità.
E qui il gioco di Luigi La Rosa si moltiplica, perché oltre al misterioso B. (Bruno, forse?) gli incontri con la magia della storia dell’arte e della letteratura del ‘900 ci mettono in contatto non tanto con i pittori e gli scrittori “famosi”, bensì con i loro amanti, con gli amici più stretti, con traditori e traditi, a loro volta pittori, scrittori, gente di teatro che hanno rappresentato il fulcro su cui si è mossa la cultura dalla quale proveniamo.
Lungo la Rue Seveste, verso il Sacre Coeur incontriamo, inseguito dal suo amante Jean Cocteau, Raymond Radiguet poeta caro agli dei perché morto giovane, Narciso immortale; ci accompagna, attraverso il Bois de Boulogne sotto la pioggia incessante, Nathalie Clifford Barney la sola amante che è riuscita a stregare la poetessa metafisica Renée Vivien, per darle l’ultimo saluto prima di poter riposare finalmente a fianco a lei nel cimitero di Passy.
Nel quartiere di Montmartre, fra la Rue Caulaincourt (nella quale -ndr- Jean Genet aveva immaginato vivere la sua Divina) ed il bistrot di Rue Gabrielle, ecco Carlos Casagemas, pittore venuto dalla Spagna assieme a Pablo Picasso e suo profondo amico che si strugge e si distrugge per una donna o forse solo perché non riuscirà mai a dipingere come avrebbe desiderato.
Più la ricerca va avanti, più il mistero del giovane B. si dipana, più appaiono all’orizzonte nuove possibilità, più gli incontri con il passato si fanno avvolgenti.
Simone Thiroux, ad esempio, si manifesta a Boulevard Raspail. Lei, la musa ispiratrice, l’amante di Amedeo Modigliani, la madre del suo unico figlio, è stata contagiata dalla tisi, marchiata, tradita, spinta nel precipizio dei sentimenti senza ritorno dal più devastato dei pittori.
Djuna Barnes, nella Parigi in cui la notte è un peccato dormire rivivrà la sua storia con la scultrice Thelma Wood, un amore che la incatena e la ossessiona e che diventerà vivo nelle pagine di uno dei più bei libri dell’epoca La foresta della notte.
Ed infine Frédéric Bazille che divide l’atelier con Monet e Renoir, che dipinge immergendo il pennello nella natura, che non riuscirà mai a ricevere una parola d’amore dal suo amante e che, dunque, deciderà di andare a morire nella guerra franco-prussiana del 1870.
Un mondo formato da centinaia di altri mondi, di centinaia di nuovi personaggi che percorrono le stesse vie, che s’intrecciano con le storie narrate, che volano via dalle pagine di Luigi La Rosa dandoci la possibilità di seguirli fin dove ci porterà la bellezza.
Isabella Moroni
ArtapartEvents: Quel nome è amore – Itinerari d’artista a Parigi, di Luigi La Rosa. Libreria Teatro Tlon
12 GENNAIO 2017 – ORE: 18:3 – Presso: Libreria Teatro Tlon, Via Federico Nansen, 14-16 Roma
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