Casa Nostra. Qui Italia
romanzo di formazione, Ed. Bompiani
Forse un giorno mi dirò che, nonostante tutto, questi che sto vivendo sono gli anni facili, gli anni facili dell’amore, e il dolore più atroce dell’esistere lo provi quando diventi vecchio e non sai quanto ti resterà davanti, e come sarà.
E’ la riflessione di Giacomo, il protagonista e- forse, in parte- alter-ego dello scrittore nel romanzo “Gli anni facili”, in un momento in cui si sente confuso dai sentimenti che sta provando e che cerca di sbrogliare. Un romanzo che è un viaggio in quel passato che è una terra straniera, con l’inizio in un anno preciso, il 1961, l’autunno in cui Giacomo inizia a frequentare l’Università, facoltà di Lettere Classiche, a Milano. Ci sono, poi, dei flash back in un passato precedente, il ricordo dei primi amici, di un’estate in colonia finita con una brutta esperienza. Sono, però, gli anni universitari al centro del romanzo, con le due scoperte di uguale importanza- quella dell’amore e quella della cultura. Con un padre direttore di una biblioteca, Giacomo non era certo nuovo alla cultura, ma le lezioni del professore di italiano che lui chiama ‘il Maestro’ con venerazione gli aprono nuovi orizzonti in una sete di sapere senza fine. Quanto all’amore- ecco, Giacomo ignora tutto dell’amore. E’ timido e schivo, non si rende neppure conto di affascinare le ragazze che gli daranno il soprannome di ‘occhi tristi’. Giacomo sarà sempre quello che si lascia conquistare più che il conquistatore. E, mentre lui insegue il sogno d’amore di una ragazza alta e bionda che appare e scompare nella sua vita, una sorta di Beatrice dantesca di cui, fino alla fine, ci domandiamo- saranno mai felici e contenti?-, varie Gabri, Lula, Lilli, Maddi, Laura si danno il turno ad essere nei suoi pensieri (e nel suo letto).
La Milano degli anni ‘60 rivive nelle pagine de “Gli anni facili” ed è bellissimo ritrovarla, per chi c’era, allora. L’atmosfera e l’ambientazione del romanzo hanno il fascino delle fotografie in bianco e nero, con una patina un poco fanée. Seguiamo i passi di Giacomo in via della Passione, entriamo nel cortile del Filarete dell’Università Statale restaurata da poco dopo essere stata usata come ospedale durante la guerra, sorseggiamo un caffè nel baretto all’angolo di via Larga, occhieggiamo con lui le ragazze, guardiamo come sono vestite, osserviamo che la maggior parte delle studentesse sembra appartenere ad un ceto sociale alto- la guerra, in fin dei conti, è finita da solo una quindicina di anni e questa è la prima generazione di donne che si iscrive in numero considerevole all’università- bisogna avere soldi per far studiare una figlia femmina, dopo la morte del padre Giacomo stesso fa dei lavoretti part-time. E poi c’è la musica, i ricchi riferimenti a canzoni e a brani jazz, e quelli ai libri- Giacomo è un lettore onnivoro, viene spontaneo chiedersi quanti suoi coetanei di oggi abbiano letto così tanto. A quel tempo passato (sembra ieri per chi lo ha vissuto, ma è mezzo secolo fa) appartiene anche il codice di comportamento tra ragazzi e ragazze ed è interessante leggerne da un punto di vista maschile. Anni pre-pillola, anni in cui si faceva l’amore (se la ragazza ci stava ad andare fino in fondo) di nascosto dai genitori, in cui, in ogni caso, il primo rapporto avveniva più tardi di adesso, spesso nella totale ignoranza di ‘come’ si facesse.
Questa è la parte più bella e riuscita del romanzo di formazione di Giovanni Pacchiano. Finiamo per stancarci, invece, delle varie vicende di amori e amici- alcune delle storie risultano troppo melodrammatiche, un poco stucchevoli come scene di una soap opera televisiva. La fine è colma di una tristezza che si avverte personale- quando diventi vecchio e non sai quanto ti resterà davanti, e come sarà-, con un filo di malinconia e nostalgia per quello che si può rivivere solo nelle parole sulla carta.
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