Cari amici,
vorrei segnalarvi la posizione dell’Italia dei Valori sulla cooperazione internazionale fra stati ricchi e stati poveri.
Il pantano delle tante guerre regionali e del terrorismo universale sta relegando in un angolino la cooperazione internazionale.
Obiettivo principale delle politiche per la cooperazione allo sviluppo è quello di ridurre il divario tra paesi ricchi e paesi poveri, favorendo la crescita sociale ed economica delle aree più arretrate del pianeta. Sebbene nell’opinione pubblica in questi ultimi anni si sia accresciuta molto la consapevolezza della necessità di riequilibrare gli scompensi tra nord e sud del mondo, l’attenzione dei governi verso questo problema non è stata pari alle aspettative. Gli effetti negativi di una incontrollata globalizzazione dei mercati hanno prodotto condizioni assimilabili a una sorta di neocolonialismo, tali da indurre 21 paesi in via di sviluppo a fare fallire la recente Conferenza Ministeriale del WTO di Cancun. Ovviamente non ci sono solo ragioni di politica internazionale che hanno limitato l’efficacia delle politiche di cooperazione. Spesso vi hanno contribuito anche ragioni di inefficienza, di mancanza d’indirizzo e di mal celati tornaconti personali. Noi dell’Italia dei Valori riteniamo pertanto che si debba ripartire proprio da ciò che non ha funzionato in passato per riformulare una politica di cooperazione allo sviluppo che faccia fronte alle nuove e più marcate povertà e disuguaglianze.
Gli studiosi della materia e gli operatori del settore sono oramai quasi unanimamente d’accordo nel dire che le difficoltà dei paesi poveri sono da ricercare più nella loro incapacità di colmare il ritardo nella crescita politica, sociale e strutturale che dovute a ragioni meramente economiche. Noi dell’Italia dei Valori siamo pertanto convinti che bisogna ripensare le politiche di cooperazione avendo come obiettivo prioritario non tanto il rafforzamento del mercato nei paesi poveri, come veicolo per lo sviluppo, come è stato fatto sino ad ora, ma, viceversa, favorire condizioni di sviluppo politico e soprattutto sociale, che possano garantire ai paesi beneficiari, attraverso il consolidamento del rispetto dei diritti umani e di regole democratiche condivise, un assetto istituzionale e strutturale adeguato a recepire ed utilizzare al meglio gli aiuti economici. In uno slogan “non prima il mercato e poi lo sviluppo ma, viceversa, prima lo sviluppo e poi il mercato”. Questa nuova filosofia della cooperazione deve però fare i conti con situazioni comuni a molti paesi donatori che ancora limitano l’efficacia degli aiuti. La maggior parte dei paesi ricchi vedono infatti nella cooperazione un efficace strumento per mantenere la propria influenza politica, soprattutto sulle ex colonie, e spesso, a questo scopo, sono stati appoggiati, anche attraverso politiche clientelari, personalità politiche antidemocratiche. Tutto ciò ha, ovviamente, comportato anche una mancanza di coordinamento tra i paesi donatori che in pratica si sono attributi rapporti privilegiati ed esclusivi con certi paesi in via di sviluppo, talora non gradendo ingerenze di altri paesi occidentali. I paesi ricchi hanno spesso esercitato pressioni commerciali per mantenere bassi i prezzi delle materie prime o hanno imposto un sistema protezionistico di tariffe che rende in pratica estremamente difficoltoso per i paesi in via di sviluppo esportare i propri prodotti. Nota è la sperequazione tra fondi per interventi protezionistici interni in USA ed in Europa ed aiuti ai paesi poveri. Il controllo e l’ampliamento dei mercati ha richiesto la creazione di nuovi bisogni di consumo attraverso l’imposizione di modelli sociali estranei alle culture tradizionali dei paesi in via di sviluppo ed ha portato i paesi donatori a trascurare gli aiuti per l’istruzione e la formazione professionale. Infine, i programmi di aiuto industriale sono stati spesso sostenuti con la fornitura di macchinari ed impianti desueti, che non trovavano collocazione sui mercati occidentali, ad esclusivo vantaggio di aziende in difficoltà economiche o di produttori “amici”. E’ appena il caso di ricordare che attraverso la mancanza di trasparenza e le convenienze politiche, in pratica, la grande parte degli aiuti non esce mai dai confini dei paesi donatori risultando, soprattutto in Italia, uno dei fattori limitanti dell’efficacia delle cooperazione internazionale.
All’individuazione ed eliminazione dei fattori limitanti interni ed esterni deve affiancarsi anche l’elaborazione di adeguate politiche d’indirizzo che, sulla base di quanto precedentemente accennato, devono aprire la strada ad attività di cooperazione che privilegino la lotta a tutte le diseguaglianze ed il rispetto dei diritti umani. In questo modo il nostro paese può divenire un soggetto promotore di civiltà, recuperando quei valori di umanesimo universale che lo hanno connotato nella storia della società occidentale. Ma può il Governo Berlusconi, tutto preso a risolvere i suoi interessi e guadagni personali, essere in grado di affrontare problemi planetari così importanti? Credo proprio di no, per questo è bene mandarlo a casa sin dalle prossime elezioni 2004.

Antonio Di Pietro – Presidente Italia dei Valori
(collaborazione del prof. Paolo Billi – Responsabile Dipartimento Rapporti Internazionali)

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