da www.misna.org

Ancora una volta una sentenza della Corte Suprema del Nepal corre in aiuto delle donne nepalesi, la cui condizione sociale è una delle più retrograde del mondo, stabilendo che la sterilità della moglie non è motivo legittimo di ripudio. Secondo una legge di 43 anni fa, i mariti possono ottenere il divorzio se dimostrano, con un certificato medico, l’impossibilità della consorte di generare per almeno dieci anni. La Corte ha ora chiesto al governo di cancellare quel provvedimento di legge che è in contraddizione con la Costituzione del 1990 in cui si affermano parità di dignità e diritti tra uomini e donne.
È solo l’ultima della battaglie legali recentemente vinte dalle associazioni per le donne attraverso ricorsi presso la Corte Suprema. A dicembre gli alti magistrati hanno chiesto al governo di abolire la legge che condiziona al consenso dei maschi della famiglia il diritto delle donne ad ereditare, il mese prima era stata definita discriminatoria, e quindi anticostiztuzionale, anche una normativa varata tre anni prima che richiedeva l’autorizzazione del padre, del marito o del fratello per concedere il passaporto a donne sotto i 35 anni. La legge era un maldestro tentativo del legislatore di combattere il traffico di donne, sostenevano le attiviste, che si era trasformata in un limite alla libertà di movimento delle interessate.
Ancora più importante, nel settembre dello scorso anno è stata finalmente condannata una secolare pratica – in uso soprattutto nei remoti villaggi dell’ovest – che obbliga le donne a trascorre i giorni del ciclo mestruale nella stalla degli animali, e, poiché considerate ‘impure’, subiscono ingiurie e maltrattamenti. Le associazione delle donne hanno espresso soddisfazione per le sentenze progressiste ma avvertono che molto deve essere fatto ancora sul piano dell’educazione e della cultura.

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