Il 18 aprile Sana Cheema, 25enne italiana di origini pakistane, è stata uccisa in Pakistan. La sua colpa? Si è rifiutata di accettare le nozze combinate dalla famiglia. Per l’omicidio sono stati fermati il padre, lo zio e il fratello mentre cercavano di fuggire in Iran. Prima di lei, un caso celebre fu quello di Hina Saleem nel 2006 a Brescia. In Italia esiste un servizio di protezione per aiutare, tra rischi e difficoltà, le ragazze che vogliono sottrarsi ai matrimoni imposti dalla famiglia d’origine. Pubblichiamo il reportage integrale uscito su Fq Millenium di marzo.

hsc - DA 
 HINA A SANA CHEEMA, IL NO AL MATRIMONIO FORZATO UCCIDE. ECCO 
 IL "SERVIZIO SEGRETO" CHE SALVA LE RAGAZZE

di Martina Castigliani
Sono dodici mesi che Shaheen non esiste più. Non c’è a casa, non c’è a scuola. Non la incontri mentre passeggia con la mamma. Se la chiami risponde una voce registrata: il numero è bloccato. Non c’è su Facebook, non ha una mail e il medico assicura che non risulta in nessun ospedale. Shaheen ora si chiama Jasmine e, seduta nel salotto di un luogo segreto nel Sud Italia, racconta a bassa voce di come è morta. Straniera cresciuta in Italia, ribelle senza velo di una famiglia musulmana, è stata promessa in matrimonio dai fratelli per salvare l’onore della famiglia. Da quel giorno è iniziata la fuga, da quel giorno non è più al sicuro da nessuna parte. «Se mi trovano rischio la vita. Io ho paura, sempre». Parla e gli occhi bruciano di tutto il coraggio che le è servito per arrivare fino lì. Raccontare la sua storia è un pericolo, ma, dice, va fatto per aiutare le altre che non hanno la forza di morire per una libertà. Sono tante, anche se non si sa quante. Sono figlie di famiglie straniere, quasi sempre senza cittadinanza, nate già donne che chiedono di potersi scegliere la vita.
Se chiedete il numero dei matrimoni forzati in Italia, nessuno ve lo sa dare. Se chiamate i centri antiviolenza e i servizi sociali, vi spiegheranno che sono decine le ragazze che chiedono aiuto ogni mese e che cercano di scappare da unioni combinate contro il loro consenso. Sono originarie di Pakistan, India o Bangladesh e hanno tra i 16 e i 25 anni: troppi per parlare di “spose bambine”, pochi per lasciare che siano mogli di chi non hanno scelto. Per ribellarsi serve una denuncia per maltrattamento e denunciare la propria famiglia è la parte più difficile. Chiedono di scappare, ma un sistema di protezione ufficialmente non esiste.

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