Al Complesso del Vittoriano fino al 7 febbraio 2010
di Fausta Genziana Le Piane
Locandina
Giorgio de Chirico
Non fa male riparlare di Avanguardie del Novecento e riflettere su movimenti che hanno rivoluzionato il mondo dell’arte e non solo, diremmo il modo di pensare e di vivere a tal punto che oggi tutte le scoperte da loro fatte sono talmente entrate nel nostro universo che non ci rendiamo più conto della provenienza.
Si tratta di una delle più imponenti e complete mostre mai realizzate su queste due correnti rivoluzionarie, il Dadaismo e il Surrealismo: oltre 500 opere tra oli, sculture, readymade, assemblaggi, collages, disegni automatici al Complesso del Vittoriano fino al 7 febbraio 2010 ripercorrono le principali tappe dei due movimenti dalla nascita al susseguirsi dei Manifesti e delle mostre principali.
Il Surrealismo, come ben dice lo storico dell’arte, filosofo e poeta Arturo Schwarz – “l’ultimo dei Mohicani” come ama definirsi – non è il prolungamento del Dadismo, anche se il legame tra le due avanguardie è molto forte ed è basato sul fatto che entrambe sono state le uniche correnti a promuovere una vera e propria rivoluzione. Si tratta di due fenomeni completamente diversi l’uno dall’altro.
Quanto al Dadaismo c’è in mostra anche una sezione dedicata ai precursori. Nel “Manifesto Dada” del 1918, Tristan Tzara esclamava che “Dada non significa nulla” e affermava che “l’opera d’arte non deve essere la bellezza in se stessa perché la bellezza è morta”: provocatorio e scandaloso, il Dadaismo è simbolo di rivolta, rifiuta ogni atteggiamento razionalistico e vuole distruggere le convenzioni borghesi intorno all’arte per costruire una nuova arte coincidente con la vita stessa e non separata.
I “Tredici punti del dadaismo” pubblicati nel 1918 da Raoul Hausmann sotto il titolo “Che cos’è il dadaismo e cosa vuole in Germania? delineano un vero e proprio programma politico: “associazione internazionale e rivoluzionaria dei creatori e intellettuali del mondo intero sulla base del comunismo radicale”, “abolizione immediata di ogni forma di proprietà”, lotta senza quartiere contro lo “spirito borghese”: le prospettive di liberazione sociale attraverso una rivoluzione sul modello di quella sovietica non sono in contraddizione con la necessità di liberare le “energie inconsce” dei popoli e degli individui, facendo incontrare il marxismo rivoluzionario con le nuove ricerche della psicoanalisi. La ricerca artistica non ammette limiti: papiers collés, collages, fotomontaggi, quadri-oggetti, poesie fonetiche. Nel laboratorio dadaista, all’insegna della spontaneità e della creatività, tutto è lecito e possibile! D’altronde, quale è l’origine della parola “Dada”? Le interpretazioni sono varie. Hans Arp nel 1921 racconta che Tzara ha trovato la parola nel 1916 alle sei di sera per caso nel vocabolario Larousse. Si racconta anche che un tagliacarte sia per caso scivolato tra le pagine del dizionario. Più che di una tendenza artistico-letteraria, si tratta di una disposizione dello spirito: Dada è interessato più al gesto che all’opera, gesto contrario al buon senso, alla morale alle regole, alla legge, valori non validi visto che hanno portato allo scoppio delle due guerre mondiali. Scandalose sono opere quali “Ruota di
bicicletta”, “Fontana” di Duchamp e la celebre “Gioconda” con i baffi in L.H.O.O.Q.
Tra i protagonisti più riconosciuti ricordiamo la presenza di Man Ray con la sua “Ostruzione”, 1920-64, “63 attaccapanni sospesi al soffitto”, Giorgio de Chirico, Max Ernst, Jean Mirò, René Magritte con lo splendido “Le Chateau des Pyrenées” del 1959 che meglio di tutti rappresenta il concetto di Surrealtà definito da Breton, “una volta per tutte”, nel “Manifesto del Surrealismo” del 1924 come ”automatismo psichico puro mediante il quale ci si propone di esprimere sia verbalmente sia per iscritto o in altre maniere, il funzionamento reale del pensiero: è il dettato del pensiero con l’assenza di ogni controllo esercitato dalla ragione, al di là di ogni preoccupazione estetica e morale”. “Surrealista” era stato definito da Guillaume Apollinaire nel 1917 il suo dramma “Le mammelle di Tiresia”: “Per indicare il carattere del mio dramma mi sono servito di un neologismo (…) e ho forgiato l’aggettivo surrealista che non significherebbe simbolico (…). Quando l’uomo ha voluto imitare il passo ha creato la ruota che non somiglia ad una gamba. Ha fatto così del surrealismo senza saperlo restituendo attraverso la ruota l’essenza del passo umano”.
Arturo Schwarz puntualizza che il Surrealismo non è nato nel 1924 con il primo “Manifesto del Surrealismo” redatto appunto da André Breton, ma nel 1914. Tra il 1914 e il 1918, Breton scopre gli scrittori che ebbero un ruolo determinante nello sviluppo del pensiero surrealista: Arthur Rimbaud (“Cambiare la vita”, dice il poeta), Alfred Jarry, Guillaume Apollinaire, Sigmund Freud e Lautréamont.
Il Surrealismo ha posto le questioni fondamentali, sollevando domande: può esistere una pittura surrealista? Può esistere una letteratura surrealista? Il suo senso proprio è quello della rielaborazione in atto di un pensiero radicalmente critico nei confronti dell’esistenza e proiettato nell’unica direzione accettabile del potenziale. Questa elaborazione, i Surrealisti l’hanno concepita a misura di persone in conflitto con le condizioni materiali dell’esistenza umana e con i limiti della conoscenza.
Il merito della mostra è di presentare al pubblico anche “i minori”, coloro che militarono nei due movimenti contribuendo a precisarne l’etica e l’estetica e a tracciarne la storia dell’evoluzione. Sono ben rappresentate le sei principali mostre collettive surrealiste dirette da Breton e con la sua partecipazione.
Man Ray
FUGA
Una gioia scoppia in tre
Tempi misurati della lira
Una gioia scoppia al bosco
Che io non saprei dire
Girate teste girate risa
Per l’amore di chi
Per l’amore di me
Per l’amore di me
Louis Aragon
Fausta Genziana Le Piane
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