Le foto di Alejandra Carles-Tolrá a un gruppo di affezionate lettrici della scrittrice inglese, per parlare del senso di appartenenza
In Where we belong Alejandra Carles-Tolrá ha fotografato un gruppo di affezionate lettrici di Jane Austen -che si incontrano per vestirsi come all’epoca della loro amata scrittrice inglese e celebrare i suoi libri- per indagare i temi dell’”appartenenza, della femminilità e dell’escapismo”, cioè l’evasione dalla realtà.
Le persone che ha fotografato sono le cosiddette Janeites, come vengono chiamate le grandi fan di Jane Austen che si organizzano in club dei libri e partecipano a ricostruzioni storiche del periodo della reggenza, cioè gli anni tra il 1811 e il 1820, in cui vennero pubblicati i romanzi della scrittrice. Quelle incontrate da Carles-Tolrá fanno parte della Jane Austen Pineapple Appreciation Society e la fotografa le conobbe due anni fa a Bath, la città dell’Inghilterra dove Austen visse per un periodo e dove era in corso un festival annuale a lei dedicato.
Chi fa parte di questi gruppi partecipa a vacanze a tema, si veste in abiti tradizionali e organizza balli che richiamano le atmosfere dei romanzi. Il Guardian ha spiegato che in molti sono entrati in contatto con i romanzi della Austen in periodi difficili della loro vita e ci hanno trovato un rifugio, per quel modo della scrittrice di raccontare storie travagliate -complicate dal fatto che nella società di quel periodo non si potesse esprimere liberamente ciò che si pensava e neppure i propri sentimenti, causando mille fraintendimenti- ma sempre a lieto fine.
Carles-Tolrá dice che attraverso il suo lavoro «esplora come il senso di sicurezza e appartenenza che alcuni gruppi offrono possa dare forza alle persone e rafforzare la loro identità. Nelle mie fotografie, uso la vicinanza fisica e psicologica per rappresentare le intense relazioni promosse all’interno di queste comunità e per rappresentare il bisogno esistenziale di appartenere. Mi interessa anche esaminare la soglia tra finzione e saggistica, tra passato e presente. Il mio obiettivo è quello di spingere lo spettatore a chiedersi dove inizia e dove finisce la performance, e mettere in discussione i confini tra realtà e immaginazione».
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