“Una democrazia non può esistere se non si mette sotto controllo la televisione, o più precisamente non può esistere a lungo fino a quando il potere della televisione non sarà pienamente scoperto”
Karl R. Popper, 1994,
di Wanda Montanelli
E’ una maestra cattiva, o una baby-sitter infedele e menzognera, una compagnia negativa per i nostri bambini. E’ questa la condanna della tv diseducativa che fanno Popper e Condry nel famoso saggio “Cattiva maestra televisione”, uscito nel 1994 e presto divenuto un testo di riferimento per tutto il mondo occidentale.
“La tv porta la violenza in case dove, altrimenti, non ce ne sarebbe. Il diffondersi della violenza e l’assuefazione ad essa da parte dei più giovani, potrebbe avere conseguenze disastrose per la stessa sopravvivenza delle nostre democrazie occidentali”. Questo scriveva Popper partendo dal presupposto che i bambini vengono al mondo “programmati” per imparare dall’ambiente. La televisione fa senz’altro parte dell’ambiente dei bambini e svolge anche un’importante funzione nella loro educazione, ma non è educativa. La tv è sempre di più programmata per creare dei consumatori e sollecitare esigenze e bisogni di cui ignoreremmo l’esistenza se non ci fosse.
La televisione inventa favole e raggiri. Non le favole del sogno di una volta, ma messaggi ingannevoli dati attraverso personaggi e trucchi spregevoli perché rivolti ai bambini.
Rammento un personaggio pubblicizzato a tamburo battente qualche anno fa “Il Ruzzolo”, che nello spot legato ai cartoni animati faceva mirabilie. Poggiato sul dorso della mano correva per tutto il braccio, girava dietro la spalla e ripercorreva il braccio dall’altra parte. Tutto questo faceva il ruzzolo televisivo. “Compralo, compralo!”, chiedevano i nostri bambini. Così lo abbiamo comprato in quantità industriali, tutti i figli e i nipoti (tantissimi) hanno avuto tra i regali di Natale anche un Ruzzolo. L’uomo che lo presentava in Tv era un abile giocoliere. I bambini non avrebbero potuto fare come lui e questo lo sapevamo. Però sarebbe stato divertente anche vederlo ruzzolare veloce, poi cadere. I bambini avrebbero riso, poi lo avrebbero raccolto e ci avrebbero riprovato, e chissà se a forza di provare, avrebbero migliorato le abilità oculo-manuali.
Ci ricordiamo, noi più adulti, di altri giochi entusiasmanti come lo yoyo, o il cerchio di ferro da portare in giro con un’asta, e ancora l’hula-hop…
Invece questi bambini degli anni ’90 avevano il ruzzolo.
Almeno così abbiamo creduto fino alla sera di Natale quando i bambini hanno aperto i doni. Il ruzzolo non cadeva, né ruzzolava sul braccio, né faceva alte mirabilie. Il ruzzolo non faceva assolutamente nulla.
La delusione fu enorme. Era un vero e proprio imbroglio televisivo. Ma comunque poco rilevante rispetto ai grandi inganni, alle suggestioni che inducono in comportamenti negativi.
I bambini che senza alcuna capacità di discriminare il vero dal falso sono messi davanti a una bugiarda che parla e dice cose che sembrano vere ricevono un danno. Ma oltre alla pubblicità ingannevole le conseguenze negative derivano dalla qualità bassa dei programmi, dalle ripetute scene di violenza, dalla carenza di idee e programmazioni valide che vengono condite con spezie forti per nascondere l’insipienza del contenuto.
Popper, il padre storico del liberalismo, uno dei più grandi filosofi dei nostri tempi, ha prospettato la creazione di un “Istituto per la televisione”, sul modello dell’ordine dei medici, e per operare nel mondo della Tv ha proposto un’autorizzazione, una sorta di patente, rilasciata al termine di un corso mirato a rendere consapevoli e informare i responsabili di programmazione tv.
La proposta di Popper non si può considerare una misura repressiva, ma un avvertire la necessità di porre sotto controllo quello che è oggi un immenso potere. Nell’ottica liberale, infatti, qualunque tipo di potere deve sempre essere limitato e controllato al solo fine di difendere la massima libertà possibile di tutti i cittadini.
E i cittadini indotti a certi comportamenti non sono liberi. La libertà del medium va scontrarsi con la libertà di pensiero e d’azione dei telespettatori, perché non tutti coloro che si nutrono di pane e tv sono perfettamente in grado di selezionare, metabolizzare, valutare criticamente le notizie.
Esistono menti deboli di cui tener conto. Non si devono perciò proporre dalla tv modelli di violenza e insieme a questi, anche istruzioni sulle modalità da seguire per metterla in pratica.
Queste informazioni date in pasto a border line, o a frustrati, generano spesso modelli negativi, che traggono insegnamento dalla brutalità mediatica per emergere dallo squallore e ottenere un titolo in prima pagina.
Ad esempio unabomber esiste solo perché le televisioni si occupano di lui. Così come tanti altri delitti o autolesionismi di origine televisiva. Il caso dei sassi dal cavalcavia è un altro esempio dove eroi negativi, come tarzan malefici buttavano sassi per essere sui titoli di testa dei tg.
Marshall McLuhan ha più volte dichiarato che in questi casi l’unica soluzione è “staccare la spina”. Lo scrive anche a proposito del terrorismo integralista arabo. Il che non vuol dire l’assenza di notizie, ma deprivare tale tipo di legittima informazione dall’alone eroico, dalla super esposizione mediatica, dai connotati terrificanti che alimentano la ripetizione delle azioni di terrore.
Una notizia si può dare in maniera asettica e senza enfasi. La pietas per le vittime non concilia bene con le notizie “urlate” e la propaganda ai terroristi. La contrizione, il dolore, la serietà e consapevolezza di dover contrastare le azioni di feroci aggressioni ad innocenti, non passano necessariamente dalle prime pagine dei giornali.
Ben venga, per un mondo migliore possibile una tv educativa e intelligente. Che non si coniuga necessariamente con noiosa e soporifera
In 50 anni di storia della televisione non si è mai realizzato appieno l’ideale di usarla come strumento di cultura. Ad oggi la gran parte delle trasmissioni sono di livello basso. E’ vero che questo accade perché il pubblico ormai manifesta un maggiore interesse per un tale genere di spettacoli. Ma il motivo profondo per cui si è sviluppato questo gusto è che i poteri che stanno dietro la televisione hanno lavorato sistematicamente per crearlo, proponendo in maniera massiccia trasmissioni sempre più idiote e prive di spessore.
Ben venga la capacità di critica e di rimedio dell’idiozia. Ben venga una revoca della licenza a chi fa televisione usandola come strumento funzionale ai propri interessi, usandola in maniera illiberale. Limitando la crescita, la formazione culturale, il divertimento puro, la libertà di capire e di scegliere senza condizionamenti palesi o occulti.
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