Francesca Santucci
Dal libro di Francesca Santucci
SUGGESTIONI E MERAVIGLIE
(ombre e luci fra Seicento e Settecento)
Kimerik 2009
C’est mon unique plaisir que de vous écrire.
Madame de Sévigné
Nel Seicento in Francia il gusto mondano per la corrispondenza, grazie anche all’organizzazione delle poste, risalente al 1627, incrementò fortemente la letteratura epistolare, che toccò vette mai più raggiunte in seguito nell’arte di Madame de Sévigné, scrittrice involontaria (giacché scriveva per bisogno affettivo, non per mondanità o perché spinta da ambizioni letterarie), ma colta e raffinata, appartenente al periodo migliore del classicismo letterario francese, autrice di una raccolta di Lettres (la maggior parte indirizzate alla figlia, ed è a queste soprattutto che è debitrice della sua fama), modello delle lettere d’arte, dove, in una lingua viva, semplice, festosa, elegante, divertente, in continua ricerca di naturalezza e spontaneità (anche se, invece, secondo taluni troppo ricercata “Io giungo a cogliere soltanto il brio dell’archetto, ma non sento ben chiaro l’accento dello strumento”, diceva Guy de Pourtalès), rivive soprattutto il clima di un’epoca.
Nel suo vasto epistolario, in forte tenerezza laddove destinataria era la figlia, s’intrecciano mirabilmente l’educazione e la cultura del tempo, le riflessioni letterarie, quelle morali e spirituali (come la meditazione religiosa che rivela l’attrazione di Port-Royal), il sentimento verso la natura, gli aneddoti d’attualità (che, spesso, però, essendo allusioni ai fatti contemporanei, non sempre sono comprensibili al lettore moderno), le notizie, anche gravi (come il processo di Fouquet) riguardanti gli amici e i conoscenti, e si delinea un quadro preciso e penetrante della società intellettuale del tempo, sulla vita di società che si svolgeva a Parigi e alla Corte di Luigi XIV e sulla vita di provincia (divisa tra libertinismo e austerità giansenista), tanto da consegnare ai posteri una testimonianza vivace e fedele dell’esistenza frivola e brillante del secolo XVII in Francia, di cui era ben partecipe essendo una perfetta dama dell’alta aristocrazia.
Marie de Rabutin-Chantal nacque a Parigi il 5 febbraio 1626. Rimasta orfana del padre, barone di Chantal, morto nel 1627 in un combattimento contro gli Inglesi, a circa un anno, e persa anche la madre, Marie de Coulanges, quando non aveva ancora otto anni, fu affidata ad uno zio materno, Christophe de Coulanges, abate di Livry, che le fu padre e protettore, allevandola con affetto ed educandola degnamente, così come si conveniva alla sua nascita, e che per la sua istruzione si rivolse a celebri maestri, come Ménage e Chapelain, che coltivarono la naturale intelligenza della fanciulla e le impartirono una raffinata educazione umanistica, insegnandole anche l’italiano, lo spagnolo e il latino.
Così si espresse sul suo conto Madame de Sévigné in una lettera al cugino Bussy:
“Vous lui devez toute ma gaieté, ma belle humeur, ma vivacité, le don que j’avais de vous bien entendre, l’intelligence qui me faisait comprendre ce que vous aviez dit et deviner ce que vous alliez dire; en un mot, le bon abbé m’a rendue telle que j’étais, telle que vous m’avez vue, et digne de votre estime et de votre amitié ”.
“A lui dovete tutta la mia allegria, il mio buonumore, la mia vivacità, il dono che ho di ben comprendervi, l’intelligenza che mi fa capire ciò che avete detto ed intuire ciò che state per dire; in una parola il buon abate mi ha resa tale qual’ero, tale quale voi m’avete vista, e degna della vostra stima e della vostra amicizia”.1
Nel 1644 Madamoiselle Chantal fu presentata a Corte alla Regina Anna d’Austria; aveva i capelli biondi, gli occhi piccoli e luminosi, le labbra piatte, un naso normale, un bel colorito (“d’una tale freschezza che non si vede che al sorgere dell’aurora sulle più belle rose di primavera”), non poteva essere definita una bellezza, ma era molto piacevole nell’insieme. Appena diciottenne sposò il Marchese Henri de Sévigné, un anziano gentiluomo bretone, uomo brusco, giocatore e dissoluto, con il quale frequentò i salotti più alla moda, entrando in contatto con numerosi scrittori, e dal quale ebbe due figli, Françoise–Marguerite e Charles. Sette anni dopo, però, rimase vedova: Henri de Sévigné, infatti, fu ucciso in duello nel 1651.
Alla morte del marito che, pur non stimando, amava, e la cui perdita molto la colpì, a soli venticinque anni Madame de Sévigné abbandonò la vita mondana e si ritirò nelle sue terre, dedicandosi completamente ai doveri di madre e alla saggia amministrazione del ricco patrimonio. Dovette essere forse in quegli anni di solitudine che, pur amando entrambi i suoi figli, cominciò a legarsi particolarmente alla figlia, in un’accentuata forma di predilezione che continuò fino alla fine dei suoi giorni, nutrendosi fortemente dell’intensa corrispondenza (“C’est mon unique plaisir que de vous écrire, “Il mio unico piacere è scrivervi”, lettera del 6 ottobre 1673).
Dopo quattro anni lasciò la campagna e ritornò a Parigi, festosamente accolta a Corte, dove brillò nella società aristocratica e colta per il suo spirito, per I’eleganza dei gusti e della conversazione, ricercata e corteggiata da vari pretendenti con i quali civettò allegramente, mai abbandonandosi, però, ad avventure galanti, vigilata dal buon abate, appagata dal suo amore materno ed impegnata nell’educazione dei figli, ed anche per una certa freddezza di carattere, congiunta ad una ferma volontà, che le evitarono i pericoli di relazioni occasionali.
Così la descriveva un suo cugino “… ha il più bel colorito del mondo, ha gli occhi piccoli e brillante, il naso né lungo né piccolo…se tutti i particolari non sono belli, nell’insieme è molto grazioso. La sua voce è gradevole…i suoi modi sono divertenti”.
Frequentò la corte e i salotti aristocratici, conobbe i nomi più in vista del tempo dei più diversi campi, Fouquet, Boileau, Racine, Bossuet, Madame de La Fayette, Mademoiselle de Scudéry.
Come madre fu ineccepibile, allevò i suoi figli con amore e curò saggiamente il loro patrimonio. Charles le somigliava nel carattere, era spiritoso, divertente, brillante, e la amava moltissimo, ma lei, pur ricambiando fortemente, adorò letteralmente sua figlia Françoise –Marguerite, alla quale fece insegnare l’italiano, il latino e la filosofia di Descartes.
La giovane, bellissima (“la plus jolie fille de France”, desiderata, pare, anche da Luigi XIV), celebrata dai poeti dell’epoca, ma timida, fredda, arida di cuore, poco socievole, quando fu presentata a corte ebbe un grande successo e ricevette molte proposte di matrimonio, infine, nel 1669, sposò il Conte di Grignan, di una illustre famiglia di Provenza, uomo valoroso, brillante, più anziano di quattordici anni, due volte vedovo e con due figlie avute dalla prima moglie. Dopo qualche anno di matrimonio dovette seguire il marito in Provenza, dove questi era stato nominato luogotenente generale; immensa e lacerante fu la pena che provò la Marchesa nel separarsi dalla figlia tanto amata! Iniziò, allora, unica grande consolazione per quel dolore dell’anima così simile ad una sofferenza del corpo, quella fittissima appassionata corrispondenza che si interrompeva soltanto quando madre e figlia potevano rivedersi, che sarebbe durata circa venticinque anni e che già in vita le valse la fama di grande scrittrice.
La vita di Madame de Sévigné cominciò, così, a dividersi tra i soggiorni a Parigi, i periodi trascorsi nei vari possedimenti per sorvegliare l’amministrazione dei suoi beni, e le visite in Bretagna presso il figlio, oppure in Provenza presso la figlia, dove riusciva a trovare requie all’inquietudine e alla sofferenza causata dalla lontananza da lei.
Finalmente nel 1690 madre e figlia si riunirono, per non lasciarsi più; e fu a Grignan, dov’era accorsa per curare la figlia malata, che il 17 aprile 1696, di vaiolo, Madame de Sévigné si spense, compianta da tutti coloro che l’avevano conosciuta.
I personaggi più in vista del XVII secolo, uomini politici, scrittori, scienziati o dame aristocratiche, ci hanno lasciato numerose lettere, ma la fama della Marchesa di Sévigné è legata unicamente alle sue Lettres, circa millecinquecento, pubblicate a più riprese in varie raccolte, suo ritratto psicologico e specchio mirabile della vita e della società del tempo in cui visse.
Modello tipico della donna di mondo del XVII° secolo, appartenente ad un periodo letterario che copre un arco di tempo breve, 1660-1688, ma che produsse grandi opere letterarie e trovò piena corrispondenza fra espressione dello spirito e forma sociale, fu interprete e cronista fedele di quel mondo vacuo e frivolo al quale apparteneva. Partecipò pienamente alla vita di Corte, si mosse a suo agio in quello scenario sfarzoso e fastoso, ma anche luogo di scandali ed immoralità, frequentò con familiarità personaggi celebri e famosi, ne conobbe le rivalità, gli intrighi, gli odi, e tutto fece confluire nelle sue lettere, vero e proprio documento storico di quel tempo, ritraendo personaggi ed avvenimenti con acuto spirito di osservazione e fine penetrazione psicologica, sostenuta dalla solida preparazione culturale che rivelava nei giudizi e nelle citazioni, ma senza alcuna pedanteria, anzi, con un tono sempre gaio e spiritoso, narrando ai destinatari lontani da Parigi, per tenerli al corrente degli avvenimenti, con la massima vivacità, proprio come in una brillante conversazione salottiera, allora tanto amata, tutto ciò che poteva interessarli, alternando alla briosa cronaca mondana semplici notizie relative alla vita di casa o della campagna, con osservazioni e riflessioni sulla natura, presentando fatti e figure in tutti i loro aspetti, piacevoli e spiacevoli, con sorridente indulgenza, talvolta anche con pungente malizia, non essendo cattiva, ma neppure ingenua.
Celebri fra le sue lettere (tutte, comunque, ritratto della Marchesa stessa, spiritosa e gaia, colta e sicura dei suoi giudizi, fedele agli amici anche caduti in disgrazia presso il Re) quella in cui offrì resoconti così precisi, che le valsero la definizione di “la leggiadra antenata dei cronisti di giornale”, del processo al Ministro Nicolas Fouquet, l’onnipotente sovrintendente di Luigi XIV che si era dato a folli spese (ma pure era stato generoso proteggendo gli artisti) provocando nuove tasse e miseria nelle campagne, finché, sospettato di corruzione, peculato e concussione per la costruzione del magnifico castello di Vaux-le-Vicomte, accusato di sperperare i beni dello Stato, era stato arrestato e processato finendo i suoi giorni nella fortezza italiana di Pinerolo.
E famosa anche quella in cui narrò la tragica fine di Vatel, il cuoco dei duchi di Condé, che si diede la morte il 24 aprile 1671.
Uomo creativo (noto anche per essere l’inventore della crema Chantilly, così chiamata in onore dal castello omonimo, feudo del Principe di Condé), François Vatel fu al servizio del sovrintendente alle finanze del regno di Francia Fouquet e del principe di Condé. Per l’arrivo di Luigi XIV e del suo seguito al castello dei Condé aveva approntato un principesco banchetto, ma il numero degli ospiti era stato superiore al previsto e così l’arrosto non era stato sufficiente, ed Il giorno successivo era stato insufficiente anche il pesce; allora, ritenendosi colpevole per tutti questi contrattempi, temendo di “perdere l’onore e la reputazione” Vatel si era ucciso, ignorando che erano in arrivo nuovi rifornimenti di pesce.
Altre lettere, invece, si rivelano di maggior profondità, e sono quelle in cui traspare la nobiltà d’animo e il senso religioso della vita; particolari, poi, tutte quelle indirizzate alla figlia, appassionate, prepotentemente rivelatrici del sentimento materno, mai rivelato con tanta ricchezza da nessun altra scrittrice, lettere dolorose, in cui Madame de Sévigné espresse costantemente, assiduamente, tutta la passione morbosa verso quella figlia prediletta, sfuggente e geograficamente distante, lo strazio dei ripetuti distacchi, delle varie laceranti separazioni alle quali mai si sarebbe abituata.
Madame de Sévigné fu molto stimata dai contemporanei, le sue lettere più belle erano talmente apprezzate che circolavano fra parenti e conoscenti come fossero poesie o racconti, ma costante è stata la sua fortuna anche nei secoli successivi, tanto da poter essere definita verosimilmente la più grande scrittrice di tutti i tempi (Lamartine la considerava il Petrarca della letteratura francese , Proust la riteneva la sua fonte ispiratrice, e Virginia Woolf osservava che, se fosse nata un secolo dopo, sarebbe stata una grande romanziera).
Taluni critici hanno notato una mancanza di pietà nelle sue lettere ed un compiacimento della sua scrittura, ed è certamente vero che non fu né tenera né sentimentale, probabilmente descrisse con distacco, che rasentò il cinismo, le sventure del suo ambiente e del suo tempo per l’indifferenza propria della sua epoca, ed è vero pure che sorvegliò il suo stile, ma innegabili sono la sincerità e la facilità narrativa che ancora oggi, a distanza di secoli, riesce a far rivivere, con garbo e gaiezza, eventi e personaggi diversamente cancellati dal tempo.
Madame de Sévigné, LETTRES
Lettre à Monsieur de Coulanges, 15 décembre 1670.
A Paris, ce lundi 15 décembre 1670
Je m’en vous mander la chose la plus étonnante, la plus surprenante, la plus merveilleuse, la plus triomphante, la plus étourdissante, la plus inouïe, la plus singulière, la plus extraordinaire, la plus incroyable, la plus imprévue, la plus grande, la plus petite, la plus rare, la plus commune, la plus secrète jusqu’aujourd’hui, la plus brillante, la plus digne d’envie: enfin une chose dont on ne trouve qu’un exemple dans nos siècles passés, encore cet exemple n’est – il pas juste; une chose que l’on ne peut pas croire à Paris (comment la pourrait-on croire à Lyon ?); une chose qui fait crier miséricorde à tout le monde; une chose qui comble de joie Madame de Rohan et Madame d’Hauterive; une chose enfin qui se fera dimanche, où ceux qui la verront croiront avoir la berlue; une chose qui se fera dimanche, et qui ne sera peut-être pas faite lundi. Je ne puis me résoudre à la dire; devinez-la: je vous le donne en trois. Jetez-vous votre langue aux chiens? Eh bien! il faut donc vous la dire: M. de Lauzun épouse dimanche au Louvre, devinez qui, je vous le donne en quatre, je vous le donne en dix, je vous le donne en cent. Mme de Coulanges dit: ” Voilà qui est bien difficile à deviner; c’est Mme de la Vallière. – Point du tout, Madame. – C’est donc Mlle de Retz ? – Point du tout, vous êtes bien provinciale.- Vraiment, nous sommes bien bêtes, dites-vous, c’est Mlle Colbert. – Encore moins. – C’est assurément Mlle de Créquy. – Vous n’y êtes pas. Il faut donc à la fin vous le dire: il épouse, dimanche, au Louvre, avec la permission du Roi, Mademoiselle de…, Mademoiselle…, devinez le nom: l il’épouse Mademoiselle, ma foi ! par ma foi ! ma foi jurée! Mademoiselle, la grande mademoiselle; Mademoiselle, fille de feu Monsieur; petite-fille d’Henri IV; Mlle Eu, Mlle de Dombes, Mlle de Montpensier, Mlle d’Orléans, mademoiselle, cousine germaine du Roi; Mademoiselle, destinée au trône; Mademoiselle, le seul parti de France qui fût digne de Monsieur “.
Voilà un beau sujet de discourir. Si vous criez, si vous êtes hors de vous-même, si vous dites que nous avons menti, que cela est faux, qu’on se moque de vous, que voilà une belle raillerie, que cela est bien fade à imaginer; si enfin vous nous dites des injures: nous trouverons que vous avez raison; nous en avons fait autant que vous.
Adieu: les lettres qui sont portées par cet ordinaire vous feront voir si nous disons vrai ou non.
Al signor de Coulanges 2 15 dicembre 1670.
Parigi, lunedì 15 dicembre 1670
Sto per dirvi una cosa la più stupefacente, la più sorprendente, la più meravigliosa, la più miracolosa, la più trionfale, la più vertiginosa, la più inaudita, la più singolare, la più straordinaria, la più incredibile, la più imprevista, la più grande, la più piccola, la più rara, la più comune, la più esplosiva, la più segreta fino a oggi, la più brillante, la più degna d’invidia; in definitiva una cosa di cui si trova un solo esempio nei secoli passati, e pure quest’ esempio non è soddisfacente;3 una cosa che non si può credere a Parigi (come si potrebbe credere a Lione?); una cosa che fa esclamare di stupore tutti; una cosa che colma di gioia Madame de Rohan e Madame d’Hauterive; 4 una cosa, infine, che si farà domenica, quando quelli che la vedranno crederanno di avere le traveggole; una cosa che si farà domenica e che non sarà forse fatta lunedì. Non so decidermi a dirla, indovinatela, ve la do a tre: rinunciate? Ebbene! Bisogna proprio che ve la dica: il signor de Lauzun5 sposa domenica al Louvre, indovinate chi? Ve la do a quattro, ve la do a dieci, a cento.
Madame de Coulanges dice: “Ecco una cosa ben difficile da indovinare! È Madame La Vallière. Niente affatto, signora. È dunque Mademoiselle de Retz? Per niente: siete davvero provinciale. In verità, siamo ben sciocchi! Dite, è Mademoiselle Colbert? Meno ancora. È sicuramente Mademoiselle de Créqui. Non ci siete. Dunque, bisogna che ve lo dica: domenica sposa, al Louvre, col permesso del re, Mademoiselle, Mademoiselle de… Mademoiselle, indovinate il nome… sposa MADEMOISELLE, davvero! in fede mia! lo giuro! MADEMOISELLE, la grande MADEMOISELLE, figlia del defunto Monsieur, 6 MADEMOISELLE, nipote di Enrico IV, signora d’Eu, di Dombes, di Montpensier, d’Orléans, MADEMOISELLE, cugina germana del re, MADEMOISELLE, destinata al trono, MADEMOISELLE, il solo partito di Francia che fosse degno di Monsieur. Ecco un bel soggetto di conversazione. Se gridate, se siete fuori di voi, se dite che abbiamo mentito, che questo è falso, che ci burliamo di voi , che è un bello scherzo, che è un’invenzione molto sciocca; infine, ci dite delle ingiurie, concorderemo che avete ragione; noi abbiamo fatto esattamente come voi.
Addio; le lettere che saranno portate dal solito messo vi faranno vedere se diciamo o no la verità.7
Lettre à Madame de Grignan, 6 février 1671.
A Paris, vendredi 6 février 1671
Ma douleur serait bien médiocre si je pouvais vous la dépeindre; je ne l’entreprendrai pas aussi. J’ai beau chercher ma chère fille, je ne la trouve plus, et tous les pas qu’elle fait l’éloignent de moi. Je m’en allai donc à Sainte-Marie, toujours pleurant et toujours mourant. Il me semblait qu’on m’arrachait le c’ur et l’âme, et en effet, quelle rude séparation! Je demandai la liberté d’être seule. On me mena dans la chambre de Mme du Housset, on me fit du feu. Agnès me regardait sans parler ; c’était notre marché. J’y passai jusqu’à cinq heures sans cesser de sangloter ; toutes mes pensées me faisaient mourir. J’écrivis à M. de Grignan ; vous pouvez penser sur quel ton. J’allai ensuite chez Mme de La Fayette, qui redoubla mes douleurs par la part qu’elle y prit. Elle était seule, et malade, et triste de la mort d’une soeur religieuse ; elle était comme je la pouvais désirer (…)
Je revins enfin à huit heures de chez Mme de La Fayette. Mais en entrant ici, comprenez-vous bien ce que je sentis en montant ce degré ? Cette chambre où j’entrais toujours, hélas ! j’en trouvai les portes ouvertes, mais je vis tout démeublé, tout dérangé, et votre pauvre petite fille qui me représentait la mienne. Comprenez-vous bien tout ce que je souffris ? Les réveils de la nuit ont été noirs, et le matin je n’étais point avancée d’un pas pour le repos de mon esprit. L’après-dîner se passa avec Mme de La Troche à l’Arsenal. Le soir, je reçus votre lettre, qui me remit dans les premiers transports, et ce soir j’achèverai celle-ci chez M. de Coulanges, où j’apprendrai des nouvelles; car, pour moi, voilà ce que je sais, avec les douleurs de tout ceux que vous avez laissés icÎ: toute ma lettre serait pleine de compliments, si je voulais.
Lettera a Madame de Grignan, 8 6 febbraio 1671.
Parigi, 6 febbraio 1671
Il mio dolore sarebbe ben poca cosa se potessi descrivervelo, perciò nemmeno ci proverò. Ho un bel cercare la mia cara figlia, più non la trovo, e tutti i passi che fa l’allontanano da me. Me ne andai dunque a Sainte-Marie, 9 sempre piangendo e sempre sentendomi morire: mi sembrava che mi strappassero il cuore e l’anima, e difatti, che separazione crudele! Chiesi la libertà d’esser lasciata sola; mi condussero nella stanza di Mme de Housset, 10 mi accesero il fuoco; Agnese11 mi guardava senza parlare: era questo il nostro accordo. Vi rimasi fino alle cinque senza smettere di singhiozzare: ogni pensiero mi faceva morire. Scrissi a M. de Grignan; potete immaginarne su che tono. Poi andai da Mme de la Fayette, 12 che rinnovò il mio dolore per come vi partecipò. Era sola, malata e triste per la morte di una sorella suora; era come potevo desiderare di trovarla. Giunse M. de la Rochefoucauld; 12 non parlammo che di voi, dei motivi che avevo d’essere sconvolta e dell’intenzione di parlare come si deve a Mélusine.14 Vi assicuro che non le daremo tregua. D’Hacqueville 15 vi renderà ben conto di questa faccenda. Infine alle otto mi congedai da Mme de La Fayette, ma rientrando qui, buon Dio! Comprendete davvero quel che provai salendo questo scalinata? Questa stanza in cui entravo sempre, ahimè! Trovai le porte aperte, ma vidi tutto svuotato, tutto sottosopra, e con la vostra figlioletta16 che mi ricordava la mia. Capite davvero tutto quel che soffrii? Cupi furono i risvegli della notte e al mattino mi ritrovai senza un’ombra di sollievo per il mio spirito. Il pomeriggio trascorse con Mme de La Troche15 all’Arsenale. La sera ricevetti la vostra lettera, che mi fece ripiombare nello stato d’animo di prima, e stasera terminerò questa mia in casa di M. de Coulanges, dove avrò vostre notizie. Quanto a me, del resto, solo questo so dirvi, con il dolore di tutti quelli che avete lasciato qui. Tutta la mia lettera sarebbe piena dei loro ossequi, se volessi […].17
Lettre à Madame de Grignan, 26 avril 1671.
À Paris, ce dimanche 26 avril 1671
Il est dimanche 26 avril; cette lettre ne partira que mercredi; mais ceci n’est pas une lettre, c’est une relation que vient de me faire Moreuil, à votre intention, de ce qui s’est passé à Chantilly touchant Vatel. Je vous écrivis vendredi qu’il s’était poignardé: voici l’affaire en détail.
Le Roi arriva jeudi au soir; la chasse, les lanternes, le clair de la lune, la promenade, la collation dans un lieu tapissé de jonquilles, tout cela fut à souhait. On soupa; il y eut quelques tables où le rôti manqua, à cause de plusieurs dîners où l’on ne s’était point attendu. Cela saisit Vatel; il dit plusieurs fois: “Je suis perdu d’honneur; voici un affront que je ne supporterai pas.” Il dit à Gourville: “La tête me tourne, il y a douze nuits que je n’ai dormi; aidez-moi à donner des ordres.“Gourville le soulagea en ce qu’il put. Ce rôti qui avait manqué, non pas à la table du Roi, mais aux vingt-cinquièmes, lui revenait toujours à la tête. Monsieur le Prince alla jusque dans sa chambre, et lui dit: “Vatel, tout va bien, rien n’était si beau que le souper du Roi.” Il lui dit: “Monseigneur, votre bonté m’achève; je sais que le rôti a manqué à deux tables. – Point du tout, dit Monsieur le Prince, ne vous fâchez point, tout va bien.”
La nuit vient: le feu d’artifice ne réussit pas, il fut couvert d’un nuage; il coûtait seize mille francs. À quatre heures du matin, Vatel s’en va partout, il trouve tout endormi; il rencontre un petit pourvoyeur qui lui apportait seulement deux charges de marée; il lui demande: “ Est-ce là tout?”Il lui dit: “Oui, Monsieur.” Il ne savait pas que Vatel avait envoyé à tous les ports de mer. Il attend quelque temps; les autres pourvoyeurs ne viennent point; sa tête s’échauffait, il croit qu’il n’aura point d’autre marée; il trouve Gourville, et lui dit : “Monsieur, je ne survivrai pas à cet affront-ci; j’ai de l’honneur et de la réputation à perdre.” Gourville se moqua de lui. Vatel monte à sa chambre, met son épée contre la porte, et se la passe au travers coeur; mais ce ne fut qu’au troisième coup, car il s’en donna deux qui n’étaient pas mortels: il tombe mort. La marée cependant arrive de tous côtés; on cherche Vatel pour la distribuer; on va à sa chambre; on heurte, on enfonce la porte; on le trouve noyé dans son sang; on court à Monsieur le Prince, qui fut au désespoir. Monsieur le Duc pleura; c’était sur Vatel que roulait tout son voyage de Bourgogne. Monsieur le Prince le dit au Roi fort tristement: on dit que c’était à force d’avoir de l’honneur en sa manière; on le loua fort, on loua et blâma son courage. Le Roi dit qu’il y avait cinq ans qu’il retardait de venir à Chantilly, parce qu’il comprenait l’excès de cet embarras. Il dit à Monsieur le Prince qu’il ne devait avoir que deux tables et ne se point charger du reste. Il jura qu’il ne souffrirait plus que Monsieur le Prince en usât ainsi; mais c’était trop tard pour le pauvre Vatel…[…]
Lettre à Madame de Grignan, 26 avril 1671.
Parigi, domenica 26 aprile
È domenica 26 aprile: questa lettera partirà solo mercoledì; ma non è una lettera, è un resoconto che mi ha appena fatto Moreuil, per mandarvela, di ciò che è accaduto a Chantilly, riguardante Vatel. Vi scrissi venerdì che si era pugnalato; ecco la vicenda in dettaglio. Il re arrivò giovedì sera; la caccia, le lanterne, il chiaro di luna, la passeggiata, la merenda in un luogo tappezzato di giunchiglie, tutto a meraviglia. Cenarono, vi furono alcune tavole su cui mancò l’arrosto, a causa di parecchi commensali inattesi. Questo colpì Vatel; disse ripetutamente: “Ho perduto l’onore; è una vergogna che non sopporterò”. Disse a Gourville:18 “Mi gira la testa, sono dodici notti che non dormo; aiutatemi a dare ordini”. Gourville lo aiutò quanto poté. Quell’arrosto mancato, non alla tavola del re, ma agli ultimi commensali, gli tornava sempre in mente. Gourville lo disse al Signor Principe. 19 Il Signor Principe andò fino in camera sua e gli disse: “Vatel, va tutto bene; niente era così bello come la cena del re”. Gli rispose: “Monsignore, la vostra bontà è il colpo di grazia; so che l’arrosto è mancato a due tavole”. “Niente affatto, ” disse il Signor Principe, “non preoccupatevi, va tutto bene”. Viene mezzanotte: il fuoco d’artificio non riesce, coperto da una nuvola, costava sedicimila franchi. Alle quattro del mattino Vatel se ne va dappertutto, trova tutti addormentati, incontra un piccolo fornitore che gli portava soltanto due carichi di pesce di mare fresco; gli chiese: “E tutto qui?”. Gli rispose: “Sì, signore”. Non sapeva che Vatel aveva mandato a tutti i porti di mare. Aspetta un po’; gli altri fornitori non arrivano; la testa gli si scalda, crede che non avrà più altro pesce; trova Gourville e gli dice: “ Signore, non sopravviverò a quest’onta. Ho un onore e una reputazione da perdere”. Gourville lo prende in giro, Vatel sale nella sua stanza, mette la sua spada contro la porta e se la passa attraverso il cuore, ma fu solo al terzo colpo, perché se ne diede due che non erano mortali, che cadde morto. Intanto il pesce arriva da tutte le parti: cercano Vatel per distribuirlo, vanno alla sua stanza, bussano, sfondano la porta, lo trovano annegato nel suo sangue; corrono dal Signor Principe, che ne fu desolato. Il Signor Duca20 pianse; era su Vatel che s’imperniava tutto il suo viaggio in Borgogna. Il Signor Principe lo disse al re con grande tristezza; dissero che era un modo di rispettare il proprio onore alla sua maniera; lo lodarono molto, lodarono e biasimarono il suo coraggio. Il re disse che erano cinque anni che ritardava la venuta a Chantilly, perché comprendeva l’eccesso di disturbo. Disse al Principe che doveva preparare solo due tavole, e non farsi carico affatto di tutto il resto. Giurò che non avrebbe più tollerato che il Principe si regolasse così; ma era troppo tardi per il povero Vatel.21
NOTE
1) Traduzione dell’A.
2) Monsieur de Coulanges era il cugino di Madame de Sévigné.
3) L’accenno è, forse, a Maria d’Inghilterra che, rimasta vedova di Luigi XII, si risposò col duca di Suffolk che aveva amato prima di sposare il re di Francia.
4) Antoine Nompar de Caumont, marchese di Puiguilhem, poi duca di Lauzun.
5) Gastone duca d’Orléans, fratello di Luigi XIII. Il titolo di Monsieur spettava infatti al fratello minore del re, a partire dalla seconda metà del secolo XVI.
6) Madame de Grignan era partita per raggiungere suo marito.
7) Traduzione dell’A.
8) Il convento della Visitazione, fondato dalla nonna della Sévigné, Jeanne de Chantal, era il luogo in cui cercava conforto alla sua tristezza e dove cui era stata educata sua figlia.
9) Mme de Housset era una pensionante laica.
10) Agnese era una suora.
11) La contessa Mme de la Fayette, scrittrice famosa per la vivacità e la delicatezza dei suoi sentimenti, confluiti soprattutto nel suo capolavoro, La principessa di Cléves, era un’amica intima di Madame de Sévigné.
12) François VI, duca di La Rochefoucauld, scrittore e filosofo, era amico intimo della Sévigné.
13) Mélusine, personaggio della mitologia popolare francese, è la fata fondatrice della dinastia dei Lusignan, da cui si vantava di discendere anche quello dei La Rochefoucauld.
14) D’Hacqueville, abate e consigliere del re, testimone, con Mme de Marans, al matrimonio delle figlia, era il confidente della sua passione materna.
15) Marie-Blanche, la figlia di Madame de Grignan che era rimasta a Parigi con la nonna.
16) Altra grande amica della Marchesa.
17) Traduzione dell’A.
18) Uomo di fiducia del Gran Condé e factotum di casa.
19) Il Gran Condé.
20) Il Duca d’Enghien, figlio del Principe diCondé.
21) Traduzione dell’A.
Commenti