PREFAZIONI
La poesia di Fausta Genziana Le Piane si muove costantemente tra coscienza e impulso profondo, tra racconto e illuminazione, tra unimmagine scheggiata, puntiforme, esplosiva, e unimmagine invece distesa, meditata e per così dire panoramica. Con una fiducia nel potere salvifico dellavventura verbale che non sottovaluta affatto linganno delle parole, ma che istintivamente trova conforto nellimpulso creativo profondo, metafo-rizzato a più riprese ora nel sgrido/che genera il mondo ora nella rotta della linea della vita ora nel raggio verde/delloriz-zonte.
La dinamica vitale di questa poesia, oltre che la sua energia intellettuale, è la contrapposizione costante dellaltro (cosmo-mondo-storia) allio (persona) rap-presentata nella metafora capitale del mare (il mare della vita in cui si compie il gioco dazzardo del destino e in cui, alla fine, lunica vera consolazione è laver dato/il nome adun amore). E non è un caso che mare, desiderio, cuore, siano le parole chiave di un percorso quasi esoterico per mettersi al riparo dal mondo accettando di indossare perfino la maschera della notte, ma con lo scopo a un certo punto dichiarato di salvare il mondo dal male.
In questo senso, la poesia è anche limpulso e leffetto di un imperativo etico ad eliminare dal proprio io quanto cè di ac-
condiscendenza, compiacimento, imitazione, compromesso, liberando perciò la propria espressività da tutti i vizi e vezzi egotisti. La parola poerica materializza contemporaneamente limmagine, la sensazione, la scopersi, la riflessione, strappando il vissuto non solo al rischio della dimenticanza ma al buio dellindifferenza e allusurpazione della violenza. E questa trascrizione è lontana dallo spontaneismo, dalla confessione, ma va nel senso del ragguaglio necessario e sufficiente che viene dal profondo. E il modo per entrare dentro quel cerchio magico che da sempre la creatività riesce a conquistare con le sue improvvise rivelatrici illuminazioni e con le sue altrettanto rivelatrici distensioni.
È una vena elegiaca di tipo esistenziale, questa; mossa per intermittenze tra vuoti di angoscia balenante sul limitare della notte e ritorni di coscienza. Unelegia in cui tutto, anche i riferimenti alla natura e alle stagioni, è emblematico della condizione interiore di mobilità e inquietudine. Con loriginalità di una particolarissima presenza della memoria, attualizzata sempre allhic et nunc e fatta rivivere al presente (che è il tempo verbale dominante) come nella realtà sempre e soltanto in fieri, mai veramente del tutto compiuta e perciò stesso aperta, positiva, ritrovata.
Paolo Ruffilli
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La maschera, per nascondere e rivelare. Poiché da questavventura il corpo e il cuore escono uccisi (la superficie scartavetrata di un cuore in disuso in Vento di Sahara,) cè la necessità di nascondersi. Attraverso il trucco (vedi il rossetto, vedi la polvere di riso della Geihia), che è già una maschera. Attraverso loggetto maschera, come Medusa, io mi nascondo tanto che non ti avrò permesso dì avvicinarti a me. Ma ci sono ben altre maschere:
sono tutti i personaggi usciti dai miti conosciuti da noi tutti. E poi cè la notte. Da sola, già maschera. Alleata dei Romantici, permette di nascondersi (Medusa di notte), di meglio avvicinare gli altri. Includendo nelloscurità ogni cosa, lei fa uscire i sentimenti degli esseri che lio poetante anima. Rivelarsi: in fondo, è di questo che si tratta. Qui, come altrove, la maschera, qualunque essa sia, lascia vedere ciò che nasconde: amori uccisi, fraternità contrariate (vedi i rapporti lupo-luna/luna-rospo). Speranze disilluse. Tutto ciò potrebbe essere riassunto in un sola figura di stile: lossimoro. Fausta Le Piane non ne abusa, ma si capisce bene che vi si riconosce. Così quando parla di mute parole o di muti richiami della parola che non può essere detta. Della parola mascherata e che crea una sofferenza lunga quanto un lampo perenne. Poiché lossimoro, figura di stile che maschera e rivela, contiene nella contraddizione, le fonti della sofferenza come le speranze di uscirne presto fuori.
Patrick Blandin
Università di Tolosa – Francia
Consumato
da due dita
sottili e nervose,
aspirato con voluttà
da umide labbra,
ridotto in cenere
nel letto disfatto.
TERRA SENZA MARE
Questa notte
il desiderio ha bendato
i tuoi occhi stanchi,
Ulisse,
facendoti naufragare
sull’esile spiaggia
di una terra senza mare.
Vuota e polverosa
la stanza di Penelope
ti insulta
per la lunga attesa
e ti indica un letto prostrato
in cui l’amore non è più possibile.
Le tue labbra soffrono
con lenti movimenti
come immerse in un acquario
e suturano con mute parole
lembi di antiche ferite.
Volti di mille incontri,
confusi,
dietro le lastre di vetro
sfumano ai bordi del tuo globo.
E già sai che il tuo andare è finito.
CABINA TELEFONICA
Nella rossa cabina telefonica
alla periferia della città,
una giapponesina si china
a raccogliere una lacrima,
mentre una voce al telefono
grida
geroglifici di parole
gettate
contro gelidi pali
della luce elettrica,
spaventapasseri d’acciaio
che si danno la mano
sul filo
di un perpetuo girotondo.
… per informazioni: Fausta Genziana Le Piane
tutti i diritti sui presenti testi sono riservati all’autrice
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