Di un intarsio dotto e raffinato. Eh sì, perché Francesco Lazzar ha due lauree e una specializzazione: è laureato in Economia alla Cà Foscari di Venezia ed è laureato in Matematica a Roma perché solo a Roma esiste una Facoltà che tratta la matematica come piace a lui cioè la matematica attuariale. Si è specializzato in Ricerca Operativa ed ha insegnato negli Istituti Tecnici per mantenersi. Ha svolto anche attività d’insegnamento universitario di cui sei anni a Camerino come professore di Matematica Finanziaria, sei anni alla LUISS di Organizzazione Aziendale e quattro anni a L’Aquila di Organizzazione Aziendale e Sviluppo del personale.
Di un intarsio insolito perché girando per l’Italia per lavoro Lazzar si è reso conto che ci sono aspetti del nostro Paese che ignoriamo: tutta l’arte dell’intarsio è conosciuta pochissimo e così gli è nata la passione dell’intarsio su legno. Ha raccolto tutti i libri che ha trovato su questo argomento e ha realizzato un CD che presenta nel corso di conferenze che vertono sulla storia di questa arte. La conferenza ha un duplice scopo: divulgare i luoghi dove si trovano i tesori dell’intarsio italiano, attraverso anche la lettura delle “Vite” del Vasari, e far conoscere i lavori di Lazzar, durante le manifestazioni folcloristiche locali o durante la stagione turistica. La conferenza è accompagnata da un “laboratorio” in cui si espone il procedimento di lavorazione in tutte le sue fasi e si invita il pubblico ad intervenire in proprio.
Com’è nata la passione dell’intarsio?
La folgorazione è avvenuta tra le Dolomiti, nella bottega di un maestro artigiano del legno: mi sono riavvicinato con nuovi entusiasmi agli incastri, al seghetto, al trapano, a quegli attrezzi che avevo riposto anni addietro. In Italia esistono nuclei d’intarsiatori che sono però artigiani che vivono del loro lavoro, quindi fanno venti, trenta copie alla volta su modelli classici che la gente è abituata a recepire: le solite figurine, i soliti animaletti, le solite vedutine di mare ecc. Nessuno osa andare oltre perché altrimenti non guadagnerebbe.
Lui invece Lazzar si permette di realizzare lavori che farebbero morire di fame gli altri tanto che ora è diventato il migliore intarsiatore di Roma.
Di un intarsio a volte romantico (“Frammenti di pensieri amorosi”: regalare dei fiori, disturbare una ragazza che sta prendendo il sole senza reggiseno, fare un brindisi ecc; “Dorme la luna”: la luna addormentata è prigioniera in una bacheca e aspetta col sole ancora acceso in cielo), a volte contestatore della società attuale (“Prigione e libertà”: la prigione è rappresentata da una sovrastruttura socio-economica, politica e culturale che alla fine influenza quelli che potrebbero essere dei rapporti veri e sinceri per esempio con la natura e “Dove andiamo?”: cinque piani diversi, l’uno dietro l’altro, sono visti in prospettiva verticale e non possono comunicare l’uno con l’altro se non attraverso la creazione di un gioco alla Escher con dei personaggi che, creando un legame, scendono, scendono fino a che ci sarà uno STOP centrale: dove può portare infatti una civiltà così frenetica e veemente, che non sa dove va, che non ha una finalità precisa?), a volte riconoscente (“Omaggio a Magritte”: lo sfondo è quello di un paesaggio umbro-toscano).
Le opere di Lazzar attingono alla formazione tecnica dell’Artista poiché sono saldamente costruite (prospettiva), ma non basta poiché, rielaborando la tradizione di tutta la pittura da quella del Quattrocento e del Cinquecento fino a quella del Novecento, da De Chirico a Magritte, dal Doganiere Rousseau a Salvator Dalì, da Escher a Klee, Lazzar ha saputo creare un’arte fortemente personale, di grande spessore contenutistico.
Come ti procuri il legno? C’è qualche tipo che prediligi?
Uso tutti i legni, impiallacciati, molto sottili che provengono da tutto il mondo: ho amici brasiliani che mi portano dei colori che in Italia non esistono, per esempio alcuni bianchi; altri legni sono dipinti, ma sono colorati per intarsiatori, io non coloro nulla e non aggiungo elementi.
Ti piacciono i gatti?
Sì, tra gli altri eccone due, realizzati con striscioline sottilissime di colori diversi, che in un museo contemplano i quadri che hanno intorno e forse vorrebbero essi stessi essere ammirati: ci sono reminiscenze di Mondrian, Picasso, De Chirico ecc. (“Amore per l’arte”).
Mi parli delle bacheche?
Nel Cinquecento le ante delle librerie si aprivano e lasciavano intravedere i tesori nascosti all’interno, ora le mie mostrano cose nuove: l’evoluzione dei giochi, da quelli del Cinquecento, la dama, la bambola ecc. a quelli di cinquecento anni dopo come il pallone, il Monopoli, il cubo di Rubik, Pinocchio ecc. oppure quella della musica (quando hanno fatto la mostra a Chianciano, presso il Centro Termale – 400 visitatori in una settimana – tutti gli alberi del paese erano tappezzati con dei poster di questa bacheca), quella del tempo che influenza anche l’arte, del cinema, dello spazio ecc.
Che cos’è per te la memoria?
L’esistenza è un insieme di memorie, alcune impegnative, altre scomode, che non si riescono a dimenticare o ad eliminare. Ho rappresentato la memoria come uomini senza volto perché fastidiosi (“A volte ritornano”).
Attingi motivazioni dall’attualità?
Con “Cristo si è fermato a L’Aquila” ispirato al recente terremoto ho voluto esprimere un simbolo di rinnovamento.
Siamo abituati a leggere la poesia accompagnata dalla pittura: è possibile abbinare la poesia all’intarsio?
Certamente! Ho realizzato un libricino intitolato “Poetarsiare”,… quando la poesia si ispira all’immagine e viceversa, in cui ho inserito poesie e intarsi insieme.
Quali sono le tue recenti produzioni?
Mi sono dedicato alle acqueforti che sono più economiche. Realizzo anche piatti con fiori o con disegni di cani dei miei amici.
Ci sono mostre in questo momento visitabili?
In questo momento undici miei lavori d’ispirazione marina sono esposti in un albergo di Ischia (per esempio, “Ischia d’inverno”) ed una a San Vito di Cadore presso la sala congressi (con 500 visitatori).
Fausta Genziana Le Piane
Prigione e libertà
Libertà
è non avere paura.
Questo è ciò
che cerco:
sfondare questa
gabbia
di ignoranza.
Per essere presente,
e senza fiato
sentire e toccare
ciò che vive oltre quel logoro
riflesso,
finalmente libera
di ascoltare,
soffrire
e parlare.
Perché vivere a metà
quando si può
ricercare
la pienezza?
Francesca Bei
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