Arrampicata
sopra il muretto di una gradinata,
un po’ lontana dalla tua platea,
nascosta da una pianta di azalea,
confusa tra la gente c’ero anch’io.
Il Tevere era tutto illuminato,
così la chiatta
non era più solo una grigia macchia
ancorata sul Fiume non più biondo:
per l’occasione si era trasformata
nel più bel palcoscenico del mondo.
Sempre più arrampicata,
sempre più tesa per guardare in basso,
compiaciuta fissavo un contrabbasso
che, come me spettava,
troneggiando in pedana,
che tu salissi e lo prendessi in braccio.
E quell’archetto
che tocchi come fosse una reliquia,
che estrai dalla custodia con religioso rito,
un giorno io lo trovai sul tuo cuscino
e dormivate nello stesso letto.
Io non ti domandai se fu per distrazione
o per Amore:
le cose che tu ami sono tue…
non le dividi mai!
Lontana, in cerca di un ricordo,
sono tornata lì soltanto qundo
è giunto sino a me il tuo primo accordo.
Bello, alto, sicuro,
col contrabbasso in braccio eri tutt’uno.
Mi arrivava la voce cupa e amica
di un contrabbasso assurdo come te.
Un bel gabbiano, che volava basso,
nel sentire quel suono,
planando dolcemente, ha sospeso il suo volo;
però, subito dopo,
librandosi di nuovo,
muoveva le sue ali al tempo di un assolo.
Applaudono l’artista:
mio figlio… il musicista!
Ed io che avrei voluto urlarti forte -Bravo!-
Sono stata distratta dal volo di un gabbiano.

Gabriella Quattrini

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