LaboratorioDonnae 22/23 settembre: contributo di Simona Trabucco
Difficile mettere nero su bianco le riflessioni fatte da me e dalle altre al primo incontro di Laboratorio Donnae. Sono state tantissime, a volte conferme di percezioni del pensiero altrui e del mio pensiero, ma a volte nuove rivelazioni, un trovare in modo naturale quelle tessere mancanti al puzzle del mio essere donna e femminista. Del mio essere al mondo.
Nascere donna: privilegio e responsabilità. Questo tema poteva avere mille sfaccettature, credo sia stato volutamente scelto da Pina per il nostro primo incontro in un gruppo nuovo, “post-Udi” e “post-UdicheSiamo”. Passata la dolorosa fase di transizione, delusione e un po’ di smarrimento (parlo per me) dell’anno appena passato, un tema così aperto ci ha consentito di ri-trovarci e affrontarci, anche duramente, su tanto.
Molte hanno associato il privilegio e la responsabilità al corpo riproduttivo, alla maternità. Alla potenza generatrice. Ci si è chieste se sia questo il simbolico della donna, “deve esserci un simbolico che ci distingua dall’uomo!”. Partorire, dare la vita al mondo, responsabilità sociale e difesa della maternità. “Le donne vogliono fare i figli”. “Alcune donne scelgono i figli su catalogo (in merito all’utero in affitto)”. “Alcune donne fanno figli per hobby”. “Bisogna tutelare la maternità delle donne soprattutto dai 20 ai 30 anni”.
Negli ultimi anni ho imparato nell’Udi a riconoscere e a rispettare i miei desideri e a sganciarmi dal giudizio di me e degli altri su me stessa. E’ stato un processo lungo, ci sono arrivata a quasi 40 anni! Ma sono fiera di avere imparato a mettermi su un piano di giudizio diverso, imbevuto di relatività e possibilismo, libero da schematismi e classificazioni. Ho imparato a non giudicare quasi mai le donne. Ho capito che vorrei lottare perché fossero tutte libere di capire davvero i propri desideri e anche di capire che quel figlio, in realtà, non lo vogliono. E che il loro privilegio e la loro responsabilità possono stare altrove nel mondo. Possono stare nel cambiarlo e nel ricostruirne le regole che ci soffocano ancora e che ci fanno spendere gran parte del nostro tempo a parlare di mobbing, discriminazione, impossibilità di conciliare lavoro e famiglia, assenza di tutele alla maternità. Io vorrei che i desideri delle donne fossero tutelati. Anzi vorrei che ogni donna fosse messa in grado di capire chi è e cosa vuole davvero. Questo vorrei che fosse “tutelato”, non la maternità in sé, sarebbe un discorso riduttivo e controproducente.
Faccio ancora fatica a parlare dei desideri degli uomini perché loro ci sguazzano ancora dentro nel sistema che hanno creato su loro misura e adesso non voglio lottare anche per loro.
Il mio privilegio e la mia responsabilità non hanno nulla a che fare col mio corpo riproduttivo, ma sono dati dalla possibilità che ho di cambiare il mondo. Questo l’hanno detto due donne all’incontro ed io ho sentito queste parole subito mie.
L’energia che ho ricavato dall’incontro è stata tale da consentirmi di replicarlo a casa mia alcune sere dopo, con ben 15 donne, metà delle quali mai incontrate prima, che sono venute da me a dire chi sono e cosa vogliono fare. Donne italiane, ticinesi, sudamericane. Con loro sto portando avanti un gruppo che si chiama Daisi e che si riunisce tutti i mesi per creare un’agenda della politica delle donne a livello federale svizzero. La naturalezza con cui ognuna di noi si è presentata al gruppo è stata unica. Quello che ognuna di noi ha tratto dall’incontro è personale ma va anche nel politico perché noi insieme abbiamo iniziato delle attività concrete sul territorio che hanno interessato i maggiori quotidiani, le autorità governative municipali e cantonali e anche un direttore di teatro cui abbiamo dato da pensare!
Anche questo incontro “casalingo” di autocoscienza è stato il mio privilegio ed al tempo stesso una responsabilità che mi sono presa e che non ero sicura di poter onorare. Invece, grazie a tutte voi che ho conosciuto negli ultimi tre anni, ora mi sembra di fare la cosa più giusta della terra. Ci vediamo a gennaio.
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