di Antonio Facchiano

da Agor@ magazine

Aumentare l’offerta della programmazione televisiva è sicuramente un passo verso una maggiore pluralità. Ma il funzionamento del decoder per il digitale terrestre non è affatto semplice e guardare la televisione è diventata un’operazione complicata, per milioni di telespettatori

Mettiamoci nei panni di chi ha più di trent’anni, no diciamo più di cinquanta, e che dunque non ha più l’elasticità mentale della primissima giovinezza. A quest’età ormai centinaia di neuroni muoiono ogni giorno….ed è proprio un peccato doverne sprecare anche solo poche decine per imparare a manovrare un decoder per il digitale terrestre. Innanzitutto per il telecomando. Il decoder si porta appresso il SUO telecomando, che diventa spesso non il secondo, ma il terzo, accanto a quello del televisore e del videoregistratore o DVD. E già distinguere l’uno dall’altro è un grosso problema; poi, nel quieto disordine che normalmente regna nelle case, sempre più di frequente uno dei telecomandi scompare, mimetizzandosi con gli altri telecomandi, telefoni, telefonini, alimentatori e carica-batterie che vivono e si riproducono sui tavoli e tavolini di ogni casa. Vogliamo parlare dell’istallazione del decoder? Sul manuale di istruzioni è semplice e automatica, ma non è mai così lineare come il costruttore promette. Spesso ci sono più frequenze per la stessa emittente (proprio come per il segnale analogico) e siccome “digitale” non vuol dire necessariamente “più intelligente”, il decoder non è poi così bravo da scegliere automaticamente la frequenza migliore, e non sempre mette nell’ordine i canali che trova, così come invece fanno spesso i televisori (RAI1 sul 1, RAI2 sul 2, etc.). In alcuni casi l’antenna ancora buona per ricevere il segnale analogico, non lo è più per decodificare il segnale digitale. Io per esempio, dovrò sollevare la mia antenna di almeno 1 metro e aggiungere un amplificatore, per vedere in digitale quello che prima vedevo benissimo in analogico. Poi c’è il non trascurabile particolare che per ogni televisore è necessario un decoder. Due televisori = due decoder. Tre televisori = tre decoder. E comunque il decoder aggiunge entropia, cavi e polvere al sistema, già instabile in molti casi. Insomma il passaggio da analogico a digitale terrestre non è affatto così indolore come si vuol far credere, né da un punto di vista economico (il decoder meno costoso + la presa scart + cavetto antenna loop costano almeno 40 euro per ogni televisore, senza contare il costo dell’intervento di un tecnico, spesso necessario) né da un punto di vista di semplicità di esercizio. Fino a ieri per godersi Anno Zero o il Grande Fratello bastava fare click su una pulsantiera di un telcomando ben identificato e mettersi comodi. Ora bisogna nell’ordine: accendere il decoder, accendere il televisore, spostare su “entrata Scart” (o entrata AV1), scegliere il canale usando il telecomando del decoder, aggiustare il volume con il telecomando del televisore….. Possibile che non c’era un modo tecnicamente più semplice per migrare dall’analogico al digitale? E poi perché scegliere la via della obbligatorietà del passaggio? Il digitale satellitare non è obbligatorio….e infatti non è decollato. Però una cosa è certa: questa migrazione al digitale oltre che una maggiore pluralità di offerta televisiva, porta anche benefìci economici palesi. Per esempio la pubblicità, che è il vero motore di tutto, ora ha trovato nuove platee televisive sulle quali scorazzare, con milioni di potenziali target. Per le agenzie pubblicitarie, la apertura dei nuovi canali digitali è sicuramente una vera panacea. E se sono contente loro, siamo contenti tutti.

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