Triste record per l’Italia: lo scorso novembre, infatti, lo Stivale ha fatto registrare il più alto tasso di disoccupazione giovanile nella storia, attestandosi al 37.1%. Secondo i dati forniti dall’Istat, provvisori e destagionalizzati, si tratta del valore più alto degli ultimi dieci anni, sia per quanto riguarda le serie mensili, iniziate a gennaio 2004, che quelle trimestrali, che hanno preso il via il quarto trimestre del 1992.
La relazione presentata dall’Istituto nazionale di Statistica ha preso in considerazione un campione significativo di giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni, appurando che tra loro sono 641 mila i soggetti in cerca di occupazione, ovvero il 10.6% della popolazione che rientra in questa fascia anagrafica. Numeri davvero scoraggianti, che collocano l’Italia nel gruppo degli ultimi in Europa, insieme a Portogallo (38.7%), Spagna (56.5%) e Grecia (57.6%, con dati risalenti a settembre 2012), e che fanno registrare una crescita dell’incidenza dei disoccupati sul totale di occupati e/o in cerca di lavoro pari allo 0.7% rispetto a ottobre 2012 e al 5% rispetto a novembre 2011.
Più in generale, su base annuale la disoccupazione è cresciuta del 21.4% (pari a 507 mila unità), con un numero totale di disoccupati di circa 2.9 milioni (per l’esattezza 2 milioni e 870 mila). Per quanto riguarda i generi, poi, è da registrare il preoccupante aumento del numero di uomini, non solo giovani, rimasti senza lavoro: a novembre il tasso d’occupazione maschile è sceso al 66.3% e in un lasso di tempo di cinque anni (2007-2012) gli uomini occupati sono passati da circa 14.1 milioni a 13.38 milioni, con la perdita di 746.000 unità.
Disoccupazione 2012-2013 in crescita, consumi a picco
Per converso, a novembre 2012 l’Istat ha rilevato una lieve diminuzione della disoccupazione femminile rispetto a ottobre (-0.2%), anche se in generale il tasso resta comunque più alto (12% contro il 10.6% di quello relativo alla disoccupazione maschile) e nel corso dell’anno è aumentato dell’1.2%. Secondo l’Istituto di Statistica Nazionale, le oscillazioni nei dati relativi alla forza lavoro rosa sono da leggersi come un effetto della riforma delle pensioni (che obbliga a rinviare il congedo) e dello scoraggiamento delle donne, che smettono completamente di cercare un impiego, ricadendo nella fascia non monitorabile degli inattivi.
Un insieme di dati che ha fatto dire alla UE, nell’ambito del Rapporto 2012 su occupazione e sviluppi sociali, che per Italia c’è un “rischio elevato” di cadere in una “enorme trappola della povertà”: ovvero la mobilità sociale è praticamente inesistente e una volta risucchiati dalle difficoltà è molto difficile, per non dire improbabile, uscirne. Le prospettive infatti sono “cupe” e come ha affermato Elsa Fornero a Radio Capital: “Ci sono forze e tendenze di lungo periodo e noi paghiamo errori di lungo periodo”, concludendo con una difesa della sua riforma del lavoro, “che tende a contrastare la precarietà, soprattutto per giovani e donne”, ma che deve fare i conti con una realtà dove “il lavoro non si fa a comando, ma ricostituendo l’economia e migliorando la formazione”.
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