La presentazione del volume
L’intervento di Marisa Rodano,vicepresidente della Camera dei deputati nella IV Legislatura
Rivolgo anch’io il mio deferente saluto all’On Presidente della Repubblica, all’On Presidente della Camera. All’On Giorgia Meloni vice-presidente della Camera, all’On Casini, Presidente della Fondazione, all’on Ministra per le pari opportunità, alle autorità e ai colleghi e colleghe.
Sono molto onorata dell’invito rivoltomi a essere qui oggi, anche se non credo che sarò in grado di sostituire degnamente la on Teresa Mattei, che fu tra le donne elette alla Costituente e cui vorrei, credo a nome di tutti voi, rivolgere un caldo augurio di pronto ristabilimento in salute.
Il volume che viene qui oggi presentato è davvero pregevole e assai utile, direi quasi prezioso, anche perché corredato dal DVD, il che consentirà a molti di poter leggere i dibattiti cui le costituenti hanno partecipato non solo nell’aula, ma nelle Commissioni dell’Assemblea Costituente, oggi conosciuti solo da pochi studiosi. Testi che, come mi permetterò dopo di illustrare, toccano talora argomenti che sono oggi di bruciante attualità..
Va ricordato che la composizione dell’assemblea eletta il 2 giugno 1946 può a buon diritto definirsi straordinaria.
Ne facevano parte gli uomini di parte liberale che avevano avuto responsabilità di governo prima del fascismo, come – ne cito solo alcuni a titolo di esempio – Vittorio Emanuele Orlando, Francesco Saverio Nitti, Ivanohe Bonomi, Meuccio Ruini; dirigenti antifascisti che erano tornati dall’esilio, dal carcere, dal confino o da anni di semiclandestinità, come Giorgio Amendola, Alcide De Gasperi, Guido Gonella, Luigi Longo, Pietro Nenni, Sandro Pertini, Palmiro Togliatti, Giuseppe Saragat, Umberto Terracini, Lelio Basso, Ugo La Malfa, Matteo Matteotti o il socialista Umberto Calosso che, per anni aveva parlato agli italiani da radio Londra; repubblicani come Randolfo Pacciardi, Giuseppe Chiostergi, Giovanni Conti, Cino Macrelli; una nutrita coorte di combattenti della resistenza come Ferruccio Parri, Arrigo Boldrini, Vincenzo Moscatelli, Celeste Negarville, Ilio Barontini, Paolo Emilio Taviani, Vittorio Foa, economisti come Amintore Fanfani, Antonio Pesenti, Riccardo Lombardi, Luigi Einaudi, Ezio Vanoni, Epicarmo Corbino; dirigenti sindacali quali Giuseppe Di Vittorio, Oreste Lizzadri, Achille Grandi, i firmatari del patto di Roma, che aveva ricostituito la confederazione sindacale unitaria; prestigiosi intellettuali quali Benedetto Croce, Concetto Marchesi, Piero Calamandrei, Leo Valiani, Giuseppe Lazzati, Tristano Codignola; e molti giovani: Aldo Moro, Giulio Andreotti, Renzo Laconi, Giorgio La Pira, Giuseppe Dossetti, Luigi Scalfaro.
Ne facevano parte, come si vede, numerosi futuri Presidenti della Repubblica.
Era insomma un’assemblea che rappresentava e dove si confrontavano tutte le posizioni politiche e ideali, le esperienze, le sensibilità del paese…e dove si incontravano generazioni diverse, gli anziani dirigenti antifascisti, le giovani generazioni emerse dalla guerra di liberazione. Quell’assemblea attraverso un dibattito appassionato e serrato, senza schieramenti precostituiti, avvalendosi anche degli studi predisposti dal Ministero per la Costituente, affidato a Pietro Nenni, riuscì a produrre un testo costituzionale estremamente innovativo e che fu approvato quasi all’unanimità: non fu votato ovviamente dai monarchici, che rifiutavano la repubblica. Essi tuttavia parteciparono alla stesura del testo.
Non è un caso che la maggioranza degli italiani, a 60 anni di distanza, lo abbia voluto riconfermare.
La vera novità era però che di quella Assemblea facevano parte le 21 donne, che questo volume ricorda: e anche in questo caso si incontravano generazioni ed esperienze diverse: donne già mature, nate nell’ultimo quindicennio dell’800 o nei primissimi anni del ‘900, che avevano combattuto contro il regime instaurato dalla marcia su Roma; o che avevano dovuto abbandonare l’impegno politico per sostituirlo con la militanza nelle associazioni cattoliche o di beneficenza; e le donne provenienti dalla Resistenza (Nilde Jotti, Teresa Mattei, Laura Bianchini, Bianca Bianchi, Maria Maddalena Rossi,): alcune, come ha testè ricordato il presidente Casini, erano giovanissime: Teresa Mattei, Nilde Jotti, Angiola Minella avevano poco più di 25 anni !; Filomena Delli Castelli e Nadia Spano (che proveniva dalla Tunisia) ne avevano 30. Lo sottolineo perché oggi si lamenta non a torto che ben pochi giovani – la vicepresidente della Camera qui presente è una luminosa eccezione – accedano alle istituzioni elettive.
Trovo molto bello anche il titolo del volume: “Le donne della Costituente” e non “Le donne nella Costituente”: sottolinea efficacemente che la novità non era costituita soltanto dal fatto che per la prima volta in Italia vi erano donne elette in un consesso parlamentare, ma che quelle donne hanno impresso un segno significativo nella Carta fondamentale che sta alla base dell’ ordinamento della Repubblica italiana.
Di certo che vi fossero donne in quell’assemblea era un fatto straordinario: coronava decenni e decenni di lotta dei movimenti femminili e femministi e di iniziative nel parlamento prima del fascismo, per conquistare anche alle donne il diritto di eleggere e di essere elette: un diritto che venne riconosciuto, a dir il vero, in extremis, nell’ultimo giorno utile per la composizione delle liste elettorali, alla fine del gennaio del ’45 e che non fu una benevola concessione, ma il doveroso riconoscimento del contributo determinante che le donne, con le armi in pugno e soprattutto con una diffusa azione di sostegno alla resistenza avevano dato alla liberazione del paese.
Ma straordinarie erano anche le elette, pur così diverse per provenienza, esperienza, cultura, patrimonio ideale.
Chi erano? Tra quelle per così dire della vecchia generazione, alcune, come Rita Montagnana, Lina Merlin, Adele Bei, Eletta Pollastrini e Teresa Noce si definivano – scusate se adopero un termine che apparirà ai giovani assai desueto – “rivoluzionarie di professione”: avevano abbracciato un ideale di trasformazione radicale della società e vi si erano dedicate senza riserve; avevano compiuto quella che Giorgio Amendola ha chiamato una scelta di vita. E a causa di quella scelta avevano conosciuto carcere e confino o erano state costrette all’esilio; alcune erano state anche deportate nei campi di concentramento nazisti.
Altre, come Elisabetta Conci, Maria Jervolino, Maria Federici, Angelina Cingolani, Maria Nicotra, Filomena Delli Castelli, Angela Gotelli, Vittoria Titomanlio, erano approdate alla politica per “spirito di servizio”, o per obbedienza al monito papale che in un celebre discorso del ’45, aveva invitato le donne ad assumere responsabilità nella vita pubblica ed esclamato, rivolendosi ad esse: “tua res agitur”.
Ottavia Penna, invece, aveva alle spalle anni di impegno sociale.
Le giovani, quelle della mia generazione, erano state invece sospinte, oserei dire catapultate nella politica dagli eventi drammatici della guerra di liberazione.
Nessuna avrebbe mai considerato la politica come una professione o una carriera.
Avevano un comune punto di riferimento: aver combattuto contro la dittatura o aver condiviso l’amore per la libertà e la giustizia.
Tutte desideravano cambiare la condizione di discriminazione ed emarginazione delle donne, assicurare loro dignità, eguaglianza di diritti e il riconoscimento della specificità di genere.
Questo spiega , come emerge dalla lettura dei testi riportati nel volume, che se il confronto delle idee era franco, talora aspro, esisteva però tra quelle donne sempre una volontà di intesa, una ricerca non di meri compromessi, ma di formulazioni comprensive della ricchezza e validità delle differenze ideali, la ricerca, come ha ricordato or ora l’on Presidente Bertinotti, di una “convivenza inclusiva” . Ne emerge anche la constatazione di quanto sia stato fecondo l’incontro tra generazioni così diverse non solo per età anagrafica, giacchè una generazione non è, come dicono i sociologi, una coorte, cioè l’insieme delle persone nate nello stesso intervallo temporale, ma è composta da quelle che hanno condiviso una comune esperienza storica.
Senza la presenza di quelle donne, tra l’altro, non sarebbero stati iscritti nella Costituzione quei principi di parità, che hanno costituito la base per la trasformazione non sono delle leggi, ma della vita e dello stesso modo di pensare delle donne italiane.
Penso al contributo determinante che da loro venne alla stesura dell’ articolo 3 – lo abbiamo sentito ricordare dall’on Jotti nell’intervista filmata – che sancisce la pari dignità sociale ed eguaglianza di fronte alla legge di tutti i cittadini, “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”; cui segue la basilare affermazione del secondo comma: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Dai dibattiti emerge che si deve alle donne costituenti se, nell’elencazione, il sesso è al primo posto e se venne inserito, a sottolineare l’ampiezza e la natura degli ostacoli da rimuovere, il termine “di fatto”.
Un articolo fondamentale poichè esso segna il passaggio dal sistema liberale al sistema democratico, a una democrazia segnata da contenuti di progresso sociale e che, come osserva il prof. Luciano Canfora, “costituisce una novità assoluta. La nozione di “rimuovere gli ostacoli”come “ compito della repubblica” è l’elemento totalmente nuovo, unico anche rispetto alle coeve carte costituzionali antifasciste,” quella francese del ’46, quella della RF di Germania del ’49. Esso secondo le parole di Lelio Basso, è “l’articolo chiave di tutta la Costituzione, l’articolo fondamentale, l’articolo perno, poiché questo articolo afferma che non c’è democrazia finché sussistono disuguaglianze economiche e sociali.”
Dubito che quella formulazione così innovativa sarebbe stata scritta se non vi fossero state donne.
Analoghe considerazioni si potrebbero fare per gli articoli relativi all’accesso a tutte le carriere e alla magistratura, alla parità di salario, al diritto di poter conciliare il lavoro e la maternità.
Di particolare significato mi sembra il dibattito nella sottocommissione, nella Commissione dei 75, in assemblea relativo alla famiglia, – su cui si è soffermato l’on Casini – e il modo con cui, pur partendo da presupposti spesso opposti, si sia giunti a una formulazione comune. Mi si consenta, ad esempio, di richiamare l’attenzione sugli interventi dell’on Maria Federici, che democristiana, cattolica, presidente del CIF, aveva ben chiaro che la tutela della famiglia passava attraverso garanzie economico- sociali e non solo vincoli giuridici. La on Federici aveva anche osservato che una delle conseguenze della guerra era l’aumento delle famiglie “irregolari”, oggi si direbbe “di fatto”, e di quelle rette soltanto da una donna; lo Stato, a suo avviso, doveva assicurare anche a queste famiglie le provvidenze previste per quelle tradizionali. Prova di quanto le costituenti fossero più lungimiranti di molti politici di oggi.
Traspare da quei dibattiti il contesto economico e sociale in cui si svolgevano. La politica era avvertita come una attività nobile, diretta a perseguire il bene comune. Oltretutto gli stessi partiti allora si trovavano far da Marta e da Maddalena, da supplenza alle istituzioni, alla società civile all’associazionismo sindacale e sociale, tutto distrutto dal fascismo e dal ciclone della guerra. Penosa, in particolare, non solo per le condizioni di disagio economico, la situazione delle donne. Malgrado si affermi che il fascismo aveva comunque operato una modernizzazione nella vita delle donne italiane, milioni erano casalinghe, moltissime, specie nel mezzogiorno analfabete; i salari delle lavoratrici erano circa la metà di quelli dei lavoratori; erano in vigore le norme del vecchio codice Rocco: ne vorrei ricordare soltanto alcune: il debitum coniugale ,la diversa punizione dell’adulterio se compiuto dal marito o dalla moglie,il delitto d’onore., il divieto della propaganda dei prodotti anticoncezionali…
I giovani possono misurare quanto in 60 anni di vita repubblicana sia cambiato. Certo cambiare è costato molte battaglie, un intenso lavoro parlamentare,” una lunga stagione di lotte”, come ricordava il Presidente Bertinotti. Ma, senza il riferimento della Costituzione, e senza il lavoro delle costituenti, tutto questo non sarebbe stato possibile.
Dal volume viene, credo, infine, una conferma: quanto le donne costituiscano, per la vita politica e per le istituzioni, una preziosa risorsa, un valore aggiunto. Purtroppo, le costituenti erano un piccolo drappello, ma non è che nel corso di questi 60 anni, la rappresentanza femminile, nelle istituzioni, sia pur con alti e bassi, sia molto aumentata: siamo ancora ben lontani non dico da quella che viene definita “democrazia paritaria, ma neppure da una presenza dignitosa delle donne nelle istituzioni, nei luoghi, politici e non, dove si assumono le decisioni. La nostra democrazia appare ancora molto maschile. Le proposte di legge presentate e annunciate, la raccolta di firme in corso su una proposta di iniziativa popolare perché ogni genere sia rappresentato nelle candidature in modo paritario, (il cosiddetto 50/50) indicano che si avverte oggi nella pubblica opinione la necessità di porre rimedio a una situazione, che colloca il Parlamento italiano, secondo le statistiche dell’Unione interparlamentare, al 75% posto nella graduatoria mondiale…
Mi auguro che il pregevole volume che oggi presentiamo contribuisca a far sì che presto nuove leggi, a partire, dalla legge elettorale, garantiscano un pieno accesso della componente femminile della società alla vita politica e istituzionale.
Sarebbe il modo più giusto per onorare le nostre costituenti.
31/5/2007
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