(AGI) – Viareggio (Lucca), 24 ott. – Quella delle donne tenute lontane dai posti chiave e dai ruoli manageriali e’ una anomalia tutta italiana. CISL, CIF e ACLI si sono poste il problema di comprendere il fenomeno che caratterizza i vertici decisionali sia nelle organizzazioni sociali che politiche e si riflette nel contesto socioeconomico. Hanno realizzato un laboratorio formativo a carattere manageriale, finanziato dal Ministero del welfare, finalizzato a trasferire a donne quadri e dirigenti competenze e abilita’ per svolgere ruoli ad elevati livelli decisionali e di rappresentanza. Le conclusioni di questo lavoro sono state presentate oggi a Viareggio, durante il convegno: “Oltre il tetto di cristallo – Percorsi di alta formazione nei luoghi di rappresentanza”, a chiusura di un progetto che mira alla formazione di donne ad elevato potenziale di carriera, con l’obiettivo di promuovere la presenza femminile nelle posizioni che richiedono capacita’ decisionale. In particolare, il progetto, si rivolge a donne occupate nel terzo settore e nelle organizzazioni sindacali,con compiti e responsabilita’ dirigenziali, per favorirne percorsi di carriera ai vertici delle organizzazioni, nonche’ in ruoli di rappresentanza. I dati emersi dal convegno sono a dir poco preoccupanti: “Per quanto riguarda il numero di donne elette nelle arene decisionali, l’Italia si pone in controtendenza rispetto all’Europa – spiegano gli organizzatori -. E il nostro Paese e’ al penultimo posto tra gli stati dell’Unione, appena prima della Grecia. Nel Parlamento europeo la percentuale delle donne italiane e’ pari all’11.5% degli eletti con un decremento di 2.3 punti percentuali rispetto alla legislatura precedente”. Per quanto riguarda il contesto socio-economico, nel periodo dal 1993 al 2002 il lavoro femminile e’ cresciuto mantenendo una struttura diversa da quello maschile.
Le donne “impiegate” sono piu’ degli uomini (44.5% contro 24.7%) e il numero delle “operaie” e’ minore rispetto agli uomini impegnati nello stesso settore (27.7% contro il 36.6%). L’occupazione femminile e’ piu’ concentrata nei servizi (75.7% contro il 55.7%) e meno nell’industria (20.1% contro il 38.8%). Inoltre, la presenza femminile ormai taglia trasversalmente il mondo del lavoro: oltre due milioni svolgono lavori atipici; circa 1 milione etrecento donne fanno i turni; 1 milione e mezzo svolgono il lavoro domenicale e 1 milione e 700 il lavoro serale. Nella Pubblica amministrazione, al 2001, sebbene l’inserimento delle donne a livello di amministrazioni centrali, con ruoli di massima responsabilita’ registri un incremento e la quota femminile si attesti al 13.0%, per gliincarichi di nomina governativa, invece, scende allo 0.6%. E’ da sottolineare come la presenza delle donne si incrementa soprattutto dove l’accesso alla professione e’ per concorso. E’ il caso della magistratura (30.4%), della pubblica amministrazione centrale (22.4%) e dell’universita’ (30.0%) Ma in tutti i settori, quando aumenta il potere decisionale la percentuale di donne diminuisce drasticamente. Ad esempio ledonne rettori sono appena il 3.2%. Anche negli organi direttivi delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali e nelle associazioni di categoria la presenza delle donne scarseggia, nonostante l’esistenza di strutture appositamente dedicate alle politiche di parita’ all’interno di quelle stesse organizzazioni e associazioni. Infatti, nelle organizzazioni sindacali, le donne presenti negli organi centrali, al 2000 risultavano il 13.0% e nelle associazioni di categoria appena il 5.2%.
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