di Nadia Angelini
Con l’avvento della monarchia etrusca gli scambi commerciali con le popolazioni limitrofe del Lazio, dell’Etruria e dell’Italia meridionale si intensificarono. Questo è un dato di fatto che è assolutamente impossibile considerare semplicemente una coincidenza.
In verità la storia e la tradizione riconduce al periodo del regno del re etrusco Servio Tullio numerose innovazioni che ebbero ripercussioni politiche, sociali ed economiche. Allo stesso, gli storici antichi attribuivano il merito di aver istituito le corporazioni di lavoratori che altro non erano che scuole specializzate a definire i vari mestieri.
Non bisogna mai dimenticare quanto il Popolo etrusco fosse legato a vere e proprie forme di disciplina inderogabili.
Quindi focalizzando questo concetto è possibile comprenderne le varie forme di vita vissuta e l’assoggettamento alla fatalità che derivava dalla consapevolezza di una umanità sottoposta al volere degi dei.
L’esigenza di vere e proprie specializzazioni nasce proprio in virtù di queste necessità.
Come ricordo di aver citato anche in altri momenti, per gli Etruschi il destino degli uomini era compreso in una vera e propria inellutabilità.
Valutandone i rigori caratteriali si arriva anche a comprendere i risvolti altamente etici di questo Popolo che mai nulla lasciò al caso e tutto accettò, se considerato volere dei Numi.
Ai libri “haruspicini”, che avevano la stretta funzione di esaminare il fegato delle vittime sacrificali, c’è da aggiungere i “rituales” di primaria importanza poiché in essi era dottrinata una vastissima gamma di conoscenze che non avevano nulla di approssimativo ed andavano quindi a richiedere studi approfonditi e metodici.
Chi si accostava a queste conoscenze aveva davanti a sé un cammino laborioso, intellettivamente parlando, e la vastità delle notizie da apprendere comprendeva oltre che leggi e valutazioni da compiere, anche veri trattati di architettura e legali.
Si andavano infatti a recepire concetti che occorrevano ai vivi per la costruzione di ogni nuovo centro abitato e tutto ciò era improntato anche e prima d’ogni altra cosa all’assoggettazione dei rituali che appartenevano,si ai vivi, non escludendo però il regno dei morti.
I sacerdoti, erano indubbiamente promotori di ognuna di queste discipline ed a loro quindi erano affidati gli studi più approfonditi.
E’ facile quindi comprendere il bisogno delle scuole (vere e proprie università) che vennero a formarsi.
Una tra le prime e decisamente la più illustre fu quella che nacque a Tarquinia.
Ma se gli Etruschi ebbero come percezione, il bisogno di quel filo conduttore tra l’oltretomba ed essi, allora è facile spiegare perchè la fondazione di ogni città, prevedesse in primis, l’opera sacerdotale.
Nel punto incui si riteneva necessario iniziare la fondazione di un nuovo punto abitativo, si provvedeva a scavare un pozzo profondissimo sul quale, dopo una cerimonia religiosa, erano poste grandi pietre.
L’officiante allora, incedendo solennemente da sud a nord stringendo il “Lituus” bastone di comando che fu poi ripreso come simbolo di potere nell’antica Roma e che ancor oggi portano i Vescovi, pronunciava col volto rivolto al sud:” questo sia il mio davanti, il nord il mio dietro l’est sia la mia destra l’ovest la mia sinistra”. Da quel preciso momento era auspicabile dagli dei che fosse iniziata l’opera di costruzione della città; si era provveduto a creare un legame tra il regno dei vivi e quello dei morti ( il pozzo profondo ricoperto da pietre )
Questo rappresentava l’inizio di una sequela di cerimonie che di volta in volta tratteremo.
Una verità mi sembra giusto rilevare: neppure il popolo ellenico seppur prostrato alla Mòira (forza angosciosa del fato), fu mai soggiogato dal timore della Forza degli dei e cedevole agli auspici, quanto lo fu la gente Etrusca.
Nadia Angelini
Commenti