di Manuela Faella

faella - DOVE 
 SEI PADRE

Nota introduttiva al libro
A che serve? A chi serve? Una nuova collana di poesia.
Certo non a costruire un futuro migliore, di cui pure avremmo tanto bisogno.
Figuriamoci!
E neanche a progettare un futuro qualunque … la poesia, lo sappiamo, non ha mai fatto la rivoluzione; ma a testimoniare questo presente con la luna storta e pensarlo e immaginarlo e sognarlo un domani umanamente compatibile cercando e trovando le parole giuste per dirlo, questo si, senza se e senza ma.
E allora ci siamo messi subito alla ricerca di quelli che non ci stanno a farsi risucchiare nelle sabbie mobili dei pigri ammiccamenti dell’omologazione e del consenso mediati dai pesanti condizionamenti critico-editoriali ma che cercano, con il loro lavoro, di misurarsi seriamente col problema che abbiamo sommariamente delineato.
A cominciare dal primo libro che avete tra le mani “Dove sei padre” di Manuela Faella che esemplifica bene con la sua poesia questo impegno.
L’autrice, molto giovane e dotata di una naturale e forte sensibilità poetica, ci regala, infatti, una scrittura tutta tesa a ripulire i versi da ogni sovrastruttura lessicale, priva di aggettivazioni ornamentali, di indulgenze sentimentali e/o accattivanti sonorità.
Una poesia che evoca la voce straziata e straziante di Silvia Plath, la complicità di disarmata e disarmante verità di Amelia Rosselli o la struggente intensità di Maria Marchesi.
Ma, sia chiaro, Manuela Faella non rifà il verso a nessuno.
La sua parola poetica é autentica ed originale, vibra scarna ed essenziale in un continuum ritmato rock, senza soluzione di continuità tra pelle, sangue e “il bianco buio delle ossa”.
La gerarchia dei sensi è tutta giocata tra ansito e respiro che scandiscono il sesso e l’abbandono; sono sensi che patiscono la precarietà tra dolore e piacere; registrano i sussulti della carne che paga tangenti di umiliazione, esaltazione e sgomento al vuoto esistenziale dove la “pioggia di polvere” prosciuga le voglie ma non il “riflusso di sangue” che, tra “le pareti delle vene”, attraversa quel vuoto nello stupore del “corpo in attesa”, col vento che accarezza le spezie della passione, con la luce che ritorna e trascina i detriti e sbiadisce i ricordi fino al punto in cui gli occhi, di nuovo aperti, rifiutano la resa, rivivono nella fatica del cuore che batte forte “nel guscio della carne distante.

Italo Evangelisti

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POESIE

Quiete
Contrasto,
dolore.
Represso il grido
e il desiderio
compresso.
Ripiegata in dentro
si deforma l’idea

— — —

Tu, corna la vita.
Infinito desiderio di goderti
indicibile senso di precarietà
impossibile esistenza eterna
disarrnante contraddittorietà
irrequieta cornposizione di attimi
inutile ricerca di verità.
Tu, corne la vita
mi illudi, mi distruggi,
mi elevi, mi deludi,
mi riernpi, mi deridi.
Corne la vita, io
ti arno, ti vivo,
ti godo, ti osservo,
ti spreco, ti sfido,
ti detesto, ti fraintendo.
Mi rnanchi,
corne la vita

— — —

Non voglio pietà
ricucita sul dolore.
Mi spoglio.
Sento la terra
e null’altro.
Ascolto:
il mio spirito
urla se stesso
e combatte
la mia
razionalità.
Ed io
volo in alto. Volo.
Verso me.

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