Il giornalista e scrittore Enzo Bettiza è morto oggi a novant’anni compiuti. Tra l’altro, ha fondato il Giornale con Indro Montanelli. È stato anche direttore del Resto del Carlino e della Nazione e vincitore del Premio Campiello nel 1996. Per lui che era esule la parola “era il solo modo – diceva – per difendere la propria identità”. E di parole Enzo Bettiza, “protagonista del giornalismo italiano e scrittore finissimo” come lo definisce il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ne ha fatte scorrere a fiumi per “raccontare con intelligenza, personalità e stile impeccabile – sottolinea ancora il Capo dello Stato – i profondi mutamenti dell’Europa contemporanea”. Uomo di cultura a tutto tondo il cui decesso lascia “un grande vuoto – sottolinea il presidente della commissione Cultura a Palazzo Madama, senatore Pd Andrea Marcucci – per generazioni di lettori”. Originario di Spalato, dove era nato nel 1927 da una famiglia ricca, un nonno industriale del cemento, Bettiza conobbe anche la fame. “Sono stato contrabbandiere e venditori di libri a rate – racconta in una delle sue ultime interviste al quotidiano La Repubblica -. Divenni perfino comunista”. Quel comunismo poi ripudiato che per lui – l’esordio nel giornalismo al settimanale Epoca prima di diventare corrispondente del quotidiano La Stampa da Vienna e da Mosca – divenne quasi una ossessione. “Bisognava combatterlo come il peggiore dei mali – sosteneva -. Ne conoscevo i meccanismi, vi aderii e me ne distaccai prevedendone gli effetti”.
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– Enzo Bettiza – Wikipedia
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