La politica al femminile necessita di nuove cognizioni, idee coraggiose e
fuga dai condizionamenti vecchi e nuovi.
Wanda Montanelli
Creare una rete di donne pronte e capaci. Puntare sull’elemento femminile per affrontare la nuova stagione politica che ci attende. E’ questa una delle scommesse del nostro movimento in ripresa. Avremo da fare. Molto. Per coinvolgere nelle nostre iniziative persone del sesso maschile, ma ancor più per tirare dalla nostra parte coloro che con noi dovrebbero naturalmente trovarsi. Le donne. Bisogna perciò capire. Per raggiungere lo scopo è necessario fare non solo autocritica, ma affinare l’analisi dei nostri comportamenti, affondare la ricerca sui motivi inconsci del rifiuto, il distacco da noi stesse, l’assenza di solidarietà. Gli uomini sono più solidali tra loro “perché più capaci di mediare e di dividersi e benefici della cooperazione” afferma qualcuno. Noi donne siamo invece in perenne competizione. E vero?
Personalmente non lo credo. Ritengo che più che la contrapposizione tra donne ciò che ci allontana da noi stesse è il senso di fiducia che, comunque, sanno creare gli uomini nei rapporti con noi. E’ un modo di fare spontaneo che produce una conseguenza logica, senza grandi sforzi. Se a questo poi aggiungiamo le profonde conoscenze che dei nostri moduli comportamentali hanno gli esperti di comunicazione, allora ci risulta facile comprendere com’è facile manipolare le nostre coscienze a scopi elettorali.
La politica come mercato, il voto come prodotto in vendita. Da qui si muovono i maggiori produttori di consensi per incidere sulle percezioni e sulle azioni delle persone, meglio se di sesso femminile.
Non è una novità. Noi donne siamo sensibili a certi modi di presentare i prodotti in vendita fino al punto di entrare in trance ipnoide. Si conosce questo da decenni. Lo dimostrò James Vicary in un vecchio studio sulle reazioni delle donne in un supermarket. Il ritmo dei battiti, egli rivelò, scende in certi casi fino alla soglia di quattordici per minuto col conseguente ingresso in una leggera forma di trance che è la prima fase dell’ipnosi. I colori, certi disegni, la confezione di una scatola possono attrarci fino al punto di non riconoscere conoscenti che ci passano accanto
Grafici e disegnatori sono in grado di indurre all’acquisto impulsivo di un prodotto in base al tipo di confezione che predispongono. L’occhio di noi donne è attratto dai prodotti contenuti in involucri rossi, gli uomini da quelli in blu. Il fattore fondamentale è però la posizione del prodotto nel negozio. Il terzo scaffale è quello dove si riesce a vedere e comprare il prodotto anche se costa notevolmente di più degli altri in posizioni meno felici.
Per i pubblicitari il bersaglio da colpire è la donna media. Essi la considerano una persona relativamente infelice, che si sente un po’ sola e isolata, che soffre un senso di estraniazione dal mondo. E i messaggi a lei indirizzati debbono avere un sapore quotidiano, conosciuto, domestico, per non creare ansia. Attirare, ma non spaventare, indurre ad una scelta lasciando al soggetto l’illusione di aver liberamente selezionato. Proporre il candidato come un prodotto in vendita. Considerare gli elettori come “mercato”, organizzare la campagna elettorale come la vendita di un nuovo articolo. Ecco il compito dei mercanti di consensi. Sicuramente è valido allo scopo uno dei metodi usati dagli agenti pubblicitari che si fonda sullo sfruttamento della paura. La pubblicità ritiene che per sfruttare le ansie offrendo il modo di alleviarle, il primo passo da compiere è creare o aumentare l’ansia. La paura del pericolo che ci minaccia dall’esterno può essere un eccellente strumento per un dittatore. E il gioco prevede che creata l’ansia si venda facilmente l’antidoto. Potremmo a questo punto elencare le notizie dei Tg favorevoli alla destra durante l’ultima campagna elettorale. Un monitoraggio delle notizie di quel periodo potrebbe evidenziare il facile gioco che puntava a creare ansie per proporre immediatamente l’antidoto. Ma di questo sarà forse utile dire un’altra volta. Ora credo conveniente continuare a considerare il nostro modo, tutto femminile, di essere facile preda dei messaggi pubblicitari.
Cominciamo a renderci conto di come noi donne siamo semplici, facili da essere convinte da chi conosce i simboli inconsci delle nostre preferenze. A volte basta un segno grafico rotondo al posto di uno triangolare per condizionare la nostra scelta. Vi racconto un esperimento che dimostra come l’immagine creata da un disegno, alcune parole e un grosso stanziamento per la pubblicità possono dare un profitto enorme. Questo perché noi tutti in genere, maschi inclusi, acquistiamo non tanto il prodotto quanto i significati che noi gli attribuiamo. Ciò vale però maggiormente per le donne. Gli esperimenti che lo dimostrano sono molteplici. Uno di questi, realizzato negli Stati Uniti fu il seguente: per vendere un prodotto si pensò di usare una strategia che consisteva nel vendere “il trasferimento della sensazione” Le persone dovevano essere indotte a trasferire il disegno o il nome dell’involucro al prodotto che stava all’interno di esso. A duecento donne che avevano collaborato con dei pubblicitari al lancio del prodotto fu promessa una notevole provvista di cold cream. Dovevano però scegliere la fornitura tra due vasetti campione e provarli. L’etichetta di entrambi i vasetti recava la scritta “cold cream di prima qualità”. Una delle due aveva un coperchio con due triangoli, l’altra con due cerchi. Nessuno avvertì le donne che la crema dei due barattoli era identica. Il risultato fu quello che ottanta donne su cento scelsero la crema con i due cerchi sul coperchio perché la trovavano migliore, di qualità superiore e più facile da spalmare. Si ebbe così la conferma del dato già a conoscenza dei pubblicitari che le donne preferiscono i cerchi ai triangoli. Vi pare poco? Che uso credete si possa fare in politica per chi conosce i meccanismi che muovono il nostro inconscio? Quanto possiamo evitare di essere così vulnerabili?
Alice con la sua capacità di meravigliarsi, va bene. Il nostro punto di vista nell’osservare il mondo circostante va mantenuto come una ricchezza. C’è però la necessità di imparare a corazzarci, di capire perlomeno come renderci meno esposte agli attacchi alla nostra emotività. E se cominciassimo dall’apprezzare altro dai cerchi?
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