…anche Mario Cecchini, collaboratore del quotidiano La Gazzetta di Mantova, commenta il nuovo articolo di Laura Tussi
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“Nessun uomo è un’isola”… La famosa frase di John Donne, ci insegna che ogni uomo è cittadino del mondo.
Le frontiere nazionali sono il frutto dell’egoismo dell’uomo.
Infatti, quando l’interesse e l’ingordigia umana, inducono una comunità ad appropriarsi di risorse non sue, le frontiere sono superate e se occorre, abbattute.
L’articolo di Laura Tussi, dal titolo: “EDUCAZIONE E CITTADINANZA PLANETARIA: IL PENSIERO DELLA PACE”, è diretto in quel senso.
Questo ci fa pensare, quanto sia sbagliata la politica dei respingimenti.
I dannati che fuggono dalle loro Patrie, per cercare vita migliore nei nostri e in altri lidi, non lo fanno per esercitare il turismo, ma perchè vittime della nostra ingordigia che li ha privati delle loro risorse vitali.
Questa è una cosa che nessuna persona onesta, deve mai dimenticare. Ora mi viene in mente quanto disse Papa Paolo VI°, davanti all’Assemblea delle Nazioni Unite: “DATE AGLI ULTIMI DELLA TERRA, QUELLO CHE SPETTA LORO PER DIRITTO, PRIMA CHE SIANO COSTRETTI a VENIRLO A PRENDERE CON LA FORZA”. Con il giudizio di quanto accade ai nostri giorni, credo quanto detto dal Papa in quell’occasione, sia stato profetico. I nostri egoismi, possono innalzare quante barriere si vuole, ma nulla si può fare, davanti ad una umanità affamata e repressa dalla violenza, che domani queste barriere potrà e dovrà travolgere.
DATE LORO QUELLO CHE SPETTA PER DIRITTO… e avrete la Pace.

Mario Cecchini

Il pensiero della pace
di Laura Tussi

L’istituzione scolastica ha saputo affrontare con tempestività il problema della presenza dei bambini stranieri a scuola e approntare l’elaborazione di progetti di educazione interculturale, perché la scuola, rispetto ad altre istituzioni, ha registrato episodi limitati di intolleranza e xenofobia, manifestando invece grande sensibilità nella valorizzazione delle diversità, nella promozione di una convivenza costruttiva e democratica.
L’educazione interculturale impegna la scuola nell’accoglienza e nel coinvolgimento attivo dei ragazzi immigrati, in un reciproco arricchimento, e diventa anche strumento necessario contro varie forme di razzismo e intolleranza quale educazione al rispetto e alla valorizzazione dell’alterità e della differenza, dove l’istituzione scolastica assume una mentalità interculturale in un esercizio continuo e difficile di conoscenza e in una pratica impegnativa di relazione con gli altri.
Il mondo diviene sempre più un insieme di particolarità e di localismi, un coacervo di realtà molteplici, ma allo stesso tempo risulta sempre più diviso.
Gli antagonismi fra nazioni, religioni, fra città e campagna, modernità e tradizione, dittatura e democrazia, poveri e ricchi, Occidente e Oriente, Nord e Sud si compenetrano vicendevolmente e si esasperano dove sussistono religioni ed etnie ibride e frammiste, frontiere arbitrarie fra stati, rivalità e ingiustizie.
L’uomo planetario deve imparare a gestire la sua nuova condizione tra globalità e universalità, salvaguardando le particolarità e diversità che lo contraddistinguono e lo separano dai suoi simili, nella consapevolezza che la diversità è la vera ricchezza del genere umano che trova una matrice nella molteplicità di differenze insite nell’umanità.
L’educazione ha un ruolo centrale e insostituibile nella formazione di una cittadinanza planetaria che si fonda su un impegno comune di pace, per cercare concretamente le occasioni e i mezzi alternativi alla guerra e a tutte le forme di violenza. In questo senso l’educazione è strumento di pace, come principio pratico di umanità e organizzazione sociale, che esalta la natura dell’uomo, rendendolo cosciente del proprio potere nell’universo. Questo principio deve condurre a realizzare la scienza della pace e l’educazione degli uomini alla risoluzione pacifica di ogni conflitto. Attraverso la pratica educativa è possibile formare e alimentare un pensiero della pace, opposto ad una concezione della guerra.
Il pensiero della guerra è obbediente e sottomesso ai voleri e ai poteri autoritari, non si interroga e non pone domande, teme l’incertezza e il dubbio, si fonda sulla norma, sull’autorità piuttosto che sulla possibilità e l’imprevedibilità, dividendo anziché esplicitando congiunzioni di senso.
Il pensiero della pace è attivo, problematico e antidogmatico quale forma concettuale interculturale, relazionale e dialogica, disponibile alla collaborazione, al confronto, alla cooperazione e alla solidarietà.
Il pensiero della pace trova alimento nel pensiero di Gandhi, sul fondamento di principi e pratiche d’azione non violenti, indispensabili per gestire la complessità della condizione umana. L’educazione deve insegnare alle donne e agli uomini a non sopraffare e dominare, ma a comprendere il conflitto, nella solidarietà con l’altro, prendendosi cura del prossimo tramite principi morali ormai urgenti un presente oscurato da tragici scenari di violenza e morte, di rinuncia alla ragione. Se prevarrà la logica dell’opposizione invece del dialogo e del confronto, di fronte a un avvenire aperto a rischi di crescita di conflitti e antagonismi sempre più distruttivi proprio perché planetari, in un niente lo sbigottimento può trasformarsi in istinto di vendetta e alimentare la violenza.
Il futuro risveglia incertezza, perché potenzialmente gravido di progresso innovativo, ma anche di distruzione e barbarie.
A qui la necessità di insegnare la comprensione fra donne e uomini, quale condizione e garanzia di solidarietà intellettuale e morale dell’umanità, in una comprensione che va costruita sul livello umano intersoggettivo, che richiede empatia e simpatia, emozione e ragione, compartecipazione alle gioie e ai dolori dell’altro, valorizzando la comune umanità, oltre le differenze etniche, religiose, sociali e culturali.
Una comprensione universale cerca di accogliere le diversità e consente l’espressione delle idee antagoniste nel conoscere le ragioni e i sentimenti degli altri, senza il rifiuto aprioristico delle differenze. Comprendere qui significa condividere conoscenze ed emozioni, saperi e valori, riflettendo metacognitivamente sulle condizioni e le ragioni che rendono possibile la reciproca comprensione umana. La pratica della comprensione non può esistere in contesti sociali e politici autoritari, ma richiede l’attivazione di governi e società democratiche.
Per questo la scuola e l’educazione devono insegnare la democrazia, attualizzandola come pratica di vita in tutte le istituzioni, dalla famiglia alla scuola, dal lavoro alle sedi di svago, di politica e di cultura, trasformando tutti i luoghi di vita comune in sedi di esercizio dialettico e argomentativo, nell’accettazione e condivisione delle regole del confronto, del dialogo e della partecipazione, nella conoscenza del pensiero e dei sentimenti dell’altro.
La democrazia permette a ogni uomo di vedere rispettata la propria diversità e autonomia, esaltando le differenze e promuovendo il conflitto nelle forme del confronto dialettico: la democrazia non nega gli antagonismi, ma li trasforma in dibattito costruttivo.
Ai giorni nostri la complessa gestione delle diversità è dilatata a livello mondiale, nel difficile rapporto tra universalità e particolarità, in quanto la planetarizzazione dei sistemi e dei mezzi di comunicazione e di informazione unifica le differenze, ma produce anche radicalismi ideologici.
Dunque l’etica della comprensione planetaria deve essere estesa dall’istituzione scolastica, quale compito precipuo di ogni educazione, al fine di comprendere l’alterità, in ogni sua forma, concetto, estensione, idea.

Laura Tussi

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