di Wilma Vedruccio
Facebook una zattera nel mare della vita. Si va in solitudine in questo nuovo spazio d’onde. Per incontrare gli altri. Ci si porta appresso giusto qualcosa che dica la propria identità, un qualcosa come talismano, ed una immagine che faccia da bandiera. Si va senza meta, senza timori ed ecco che qualcosa ci attrae, galleggia vicino e la possiamo prendere, “condividere”, la facciamo salir sulla nostra zattera e diventa una compagna di viaggio per quel giorno. Si va riempendo di cose che ci piacciono questa zattera virtuale, una presa a volo da qualcuno che conosciamo appena, un’altra che ci arriva da un amico che ci “tagga” (impossibile un sinonimo in lingua, per spiegare questo verbo astruso). È cura di ciascuno metter bene in vista ciò che gli sta più a cuore, qualcosa di nuovo, inedito, mai condiviso ancora oppure qualcosa che si recupera dall’archivio, come da un vecchio e polveroso magazzino torna alla luce una vecchia lanterna. Arrivano intorno alla zattera relitti d’ogni tipo, alcuni sberluccicano sotto al sole, fatui, altri opachi e incrostati da un lungo andar per mare. Arriva anche un’alga gentile che odora di buono e di salsedine, la si afferra ancora gocciolante e la si posa lì, fra le assi di questa zattera virtuale perché vedano gli altri la bellezza delle cose semplici e naturali. A volte si pensa qualcosa, piccoli pensieri che ci sembra abbiano carattere di originalità, e allora li trasformiamo in “stato”, parola che fa parte della struttura e che rimane misteriosa… stato di che? stato perché? è solo un pensiero peregrino… Poi c’è la valanga dei “mi piace” che, se una cosa è bella, bella l’immagine o bello ciò che si argomenta, è un piacere cliccare questo indice di gradimento che non costa niente, ma se è una brutta storia che si va leggendo, una immagine della storpiatura del mondo e della vita, quel piccolo “mi piace” diventa difficile da premere manco fosse di materia granitica e inossidabile. Manca la scelta del “Non mi piace”, per cui si dribbla facendo finta di niente. E sì, perché anche se è un gioco, non si può forzare l’animo e fargli dire mi piace quando si tratta di una porcheria che rimane tale anche se la di condivide, anzi di più, è come se si moltiplica il brutto e il male. Come si fa a cambiare il mondo con un click? Se già è una fatica immane con l’operare quotidiano di pace, come si può pensare di cambiarlo con la freccetta del mouse o coll’indice che si ostina a tastare? Torniamo alla condivisione delle cose belle, io mostro a te un tramonto, un quadto, un fiore, la foto del piccolo di casa, tu la puoi condividere e far andare oltre, se sei gentile la commenti pure. È un moltiplicar di cose belle! Nel cassetto della tua casa sarebbero servite solo a te, nei giorni di malinconia, nelle ore dell’ozio…ora le offri agli amici che si rallegrano e le passano oltre, ad altri amici. Poi ci sono i commenti a ripetizione, i convenevoli… se ne farebbe a meno. A meno che chi guarda coglie il messaggio della tua proposta e lo esplicita secondo la sua sensibilità. Diventa cosa bella allora, questa zattera su cui saltellano, come pesci d’argento, le frasi di amici di cui non conosci il volto ma che ti hanno letto nell’animo e vogliono essere gentili con te che doni loro una foto, una didascalia, un pensiero.
Felice navigazione su Facebook a tutti voi.
Wilma Vedruccio
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